Dopo l’annuncio, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Dove è stata inserita la modifica dell’art. 121 del Decreto Legge n. 34/2020 che limita ad una la possibilità di cessione del credito da detrazione fiscale. A questo punto, sia che si operi con sconto in fattura o senza, il credito potrà essere ceduto una sola volta. Anche con la cessione diretta da parte del contribuente.
La nuova misura entrerà in vigore il 7 febbraio 2022, e non piace affatto alle piccole e medie imprese: restringere ulteriormente il campo d’azione dei bonus edilizi, introducendo altre misure restrittive nella cessione dei crediti, non fa altro che aumentare i costi a carico di aziende e clienti e allungare i tempi necessari per l’avvio dei cantieri. La disposizione del governo ha fatto scatenare la bufera perché, ora, le imprese non potranno sapere prima quale sarà la risposta della banca alla richiesta di cessione, che in alcuni casi potrebbe essere negativa. E se fino ad oggi l’azienda si è prima confrontata con il cliente - per concordare i lavori – e poi con la banca, ora accadrà il contrario.
Antonello Piras di Edilfutura, azienda di Busto Arsizio, afferma senza mezzi termini di «avere il dente avvelenato: permettendo una sola cessione del credito, il governo blocca completamente le imprese e le lascia senza liquidità. Poi, le leggi che avrebbero dovuto semplificare gli iter, li hanno complicati: serve il commercialista per il visto di conformità, servono i tecnici in fase di preventivo per farsi dare la congruità dei prezzi sulla base dei listini (che, per altro, sono stati confermati solo il 31 dicembre) e il sito dell’Agenzia delle entrate, dove poter caricare le pratiche, è stato bloccato per mesi e i clienti ci hanno dato degli incapaci perché nessuno sapeva niente. Infine, si può beneficiare dei bonus entro un tempo ristretto e di fronte a tutti questi blocchi le imprese devono ugualmente rispettare la scadenza del 30 giugno per consegnare i lavori. Mi sembra che si sia arrivati al totale sfruttamento delle piccole imprese: per realizzare una casa, arriveremo a dover chiedere un finanziamento. Ed è assurdo».
A Pira fanno eco Stefano Comida della CBS Serramenti e Infissi di Gerenzano e Rodolfo Zodda della Z.R. Edile di Busto. Il primo sottolinea che «ad oggi le banche hanno ancora la capienza per poter sostenere la cessione, ma questo non potrà durare per sempre. A quel punto sarà l’impresa a doversi fare carico della liquidità. Ma questo è impossibile pensarlo». Zodda, invece, sostiene che «con una sola cessione si accumuleranno crediti che poi non sarebbero spendibili. E gli altri lavori? Il rischio chiusura non è scongiurato. Una sola cessione potrebbe starci solo nel caso in cui l’azienda ritiri un solo credito all’anno lasciando che degli altri se ne occupino i clienti. Ma il problema c’è, ed è il rallentamento dei lavori: tante persone cedono il credito alle banche perché sanno di non avere a disposizione la liquidità sufficiente per sostenere i costi degli interventi. In tutto questo c’è una sola certezza: il Superbonus 110% è standardizzato, perché una micro e piccola impresa con titolare e due o tre dipendenti non può certo occuparsi di condomini da 60 appartamenti. Piuttosto, di villette unifamiliari. Ma anche in questo caso, se le aziende non possono cedere più di un solo credito si buttano a mare tutti quei processi organizzativi sui quali gli imprenditori hanno investito, a proprie spese, per poter essere sempre più efficienti di fronte alla sfida – e all’opportunità – dei bonus».
Shkelqim Topi, albanese a capo della Top Edilizia Service Srl, non nasconde la preoccupazione di fronte a quella che è «una promessa di chiusura nei confronti delle imprese: così ci stanno rovinando». Il lavoro che oggi c’è, domani potrebbe non esserci più. E non perché i cantieri mancano, o manca la voglia dei clienti di mettersi in gioco, ma per il semplice motivo che, dice ancora l’imprenditore di Rovello Porro, «se non cedo il credito non ho la liquidità necessaria per pagare gli stipendi a tredici persone e tutto il resto, capannone compreso. A fine mese, per intenderci, mi servono 100mila euro. Con questa misura ho finito di lavorare: non posso permettermi di fare da banca. In questi ultimi tempi sono stati tanti i preventivi su richiesta dei clienti, e tutti mi chiedono se facciamo la cessione del credito o lo sconto in fattura. Sì, lo faccio, ma non posso farne una sola come vorrebbe il governo. E trovare clienti che si accollano la cessione non è affatto facile: prima di avere quei soldi potrebbe passare troppo tempo».
A Brissago Valtravaglia, alla Edile Baggiolini Srl, il titolare Giuseppe Baggiolini non ha dubbi: «A questo punto tutte le imprese, invece di accettare due, tre o quattro commesse rinunceranno ai “piccoli” lavori per riuscire ad accaparrarsene uno gigantesco. E se le imprese avranno meno liquidità, a fare i conti con questa misura saranno soprattutto i clienti perché già da oggi stiamo organizzando gli interventi che da maggio arriveranno al mese di settembre: con una sola cessione il mercato andrà al collasso perché ormai non si trovano imprese in grado di assorbire la mole di lavori richiesti».