Sono passati due anni dallo scoppio del conflitto russo-ucraino e alcuni mesi dalla crisi in Medio Oriente: il bilancio, per le imprese, non può che essere negativo perché troppe sono le incertezze generate dalle turbolenze che hanno scosso i mercati. Prezzi dell’energia, caro-tassi e scarsità di manodopera sono gli ostacoli con i quali, tutti i giorni, si devono misurare gli imprenditori.
L’IMPATTO SULLE MPI
Per le micro e piccole imprese (MPI) il caro-energia, la stretta monetaria e la carenza di manodopera hanno determinato un impatto rilevante sulla creazione di valore, stimato in 41,6 miliardi di euro, pari al 9,7% del valore aggiunto delle MPI. Nel dettaglio:
L’ENERGIA: I PREZZI SUPERANO DEL 76% LA MEDIA DEL 2021
Nel 2023 i prezzi al dettaglio dell’energia elettrica e gas superano del 76% la media di due anni prima:
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L’INFLAZIONE FA AUMENTARE IL COSTO DEL CREDITO
Con l’aumento dei costi dell’energia si assiste ad uno shock inflazionistico senza precedenti, affrontato dalla Banca Centrale Europea con l’aumento dei tassi di interesse. Il costo del credito ne risente: per le imprese, media del 2023, è del 4,88%. Superiore all’1,31% rispetto a quello del 2021. Nel mese di dicembre 2023, il costo è salito di 420 punti rispetto a due anni fa e, nello stesso mese, la domanda di credito si è ridotta: i prestiti alle imprese scendono del 3,7%.
ANCHE LE MATERIE PRIME NE RISENTONO
Sempre nel mese di dicembre 2023, i prezzi alla produzione di beni intermedi (prodotti chimici, metalli, prodotti in metallo e in legno, apparecchi elettrici e tessuti) superano del 17% i livelli del 2021. E sono ben al di sopra di quelli dei beni di consumo (+15,4%) e dei beni intermedi (+12,3%).
EXPORT IN CALO VERSO RUSSIA E UCRAINA
Nel 2023, l’export verso la Russia è sceso di 2,8 miliardi di euro, il 36,5% in meno, rispetto a due anni prima. Quello verso l’Ucraina ha perso 357 milioni di euro (-17,3%). Complessivamente, sui due mercati le vendite del Made in Italy sono scese di 3,1 miliardi di euro (-32,4%). Sei regioni italiane producono il 91% dell’export in Russia e Ucraina, e le maggiori perdite si registrano nel Lazio con -64,7%, in Piemonte con -50,6%, in Toscana con -40,7% e in Friuli-Venezia Giulia con -32,6%. Ampie flessioni anche per Lombardia con -31,5% ed Emilia-Romagna con -29,8%. Più contenute in Veneto con -19,8% e Marche con -11,7%.
Tra le venti maggiori province per export, la perdita maggiore colpisce Roma con un calo del 73,7%. Poi, Torino (-67,1%), Modena (-48,7%), Firenze e Bergamo (entrambe con un -41,4%). In quinta posizione si colloca Milano con -40,7%, mentre all’ottavo posto c’è Varese con un calo del 30,5%.
ci sono però territori nei quali si assiste ad un recupero dell’export: Verona con +3,4%, Ancona con +5,9% e Mantova con +21,6%.
NONOSTANTE TUTTO, IL LAVORO TIENE
In Italia, nel quarto trimestre 2023, il PIL è cresciuto del 2,1% rispetto a due anni prima: una performance migliore di quella dell’Eurozona (2,0%), della Francia (+1,4%) e della Germania (+0,7%).
Una crescita sostenuta da un mercato del lavoro che si dimostra attivo: sempre nel mese di dicembre 2023, gli occupati aumentano del 3,9% rispetto a due anni prima (i dipendenti permanenti registrano un +5,7%). Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, invece, si intensifica. Soprattutto se qualificato. Nel 2023, le imprese italiane indicano una difficoltà di reperimento per il 45,1% delle entrate previste: l’aumento è di 4,6 punti percentuali rispetto al 40,5% del 2022 e di 12,9 punti rispetto al 32,2% del 2021.