Da un lato la corsa a rimettere in piedi il settore Casa, che con la crisi economica ha subito un collasso repentino, e dall’altro l’esigenza di arrivare ad un’Italia veramente europea sul fronte dell’efficientamento energetico. Che nella Ue conta davvero tanto: nel 2007 si era fissato l’obiettivo di ridurre del 20% il consumo energetico annuale dell’Unione entro il 2020; nel 2018 se ne è fissato un altro per ridurre il consumo di energia di almeno il 32,5% entro il 2030.
Puntare ad un risparmio che faccia bene all’ambiente è indispensabile, a maggior ragione per un Paese come il nostro dove il 65% delle case ha più di trent’anni e la maggior parte sono in classe G: il consumo medio è di circa 200 kwh/mq, il che significa cinque o sei volte in più rispetto ad una abitazione in classe A. Inoltre, il 40% del totale di consumo di energia è destinato agli edifici, dei quali il 70% è rappresentato dai consumi di energia degli edifici residenziali. Insomma, il Superbonus al 110% può fare un gran bene anche alla “bolletta Italia”.
Interventi con segno positivo, ma ancora troppe le criticità
Ma a frenare, se non ad ostacolare, benefici e risparmi è un’altra volta il carico burocratico che si deve affrontare prima ancora di partire nonostante si registri un netto incremento nell’utilizzo del Superbonus.
Secondo l’Associazione nazionale dei costruttori edili (Ance), nell’ultima settima di marzo gli interventi che hanno raggiunto almeno il 30% dei lavori sono passati da 7.709 a 9.207 (+19,4%) e gli importi da 878 milioni a 1,1 miliardi (+24,1%). Dall’inizio dell’anno il numero di interventi ammessi è quintuplicato: oltre 10mila cantieri aperti e, nelle ultime settimane, si registrano tassi di crescita del 44%.
Eppure, la misura fatica a decollare per gli iter autorizzativi troppo lenti e gli eccessivi adempimenti. Per i ritardi nelle autorizzazioni, nelle pratiche amministrative, nella mancanza di semplificazioni in tema di asseverazione e nelle complicanze che ancora oggi accompagnano la cessione del credito o lo sconto in fattura. Poi, c’è la responsabilità penale e amministrativa per gli asseveratori, la difficoltà di approvvigionamento eli materiale edile e una normativa complessa soggetta a continue modifiche. Una corsa ad ostacoli alla quale sono chiamati tutti gli operati coinvolti nel bonus. Il Centro studi sull’economia e il management dell’efficienza energetica (Cesef) ha rilevato che nei primi sei mesi di funzionamento della misura solo il 7% degli interventi richiesti aveva superato lo scoglio della delibera assembleare e solo lo 0,3% era già concluso.
LE IPOTESI PER UNA SEMPLIFICAZIONE EFFICACE
Le modifiche sono nell’aria e si attende un nuovo Decreto Semplificazioni che il Governo potrebbe predisporre contestualmente al nuovo Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) per aumentare la capacità di spesa delle risorse del Recovery Fund. Modifiche rivolte, da un lato, a prorogare il Superbonus al 2025 (e non più e solo al 2023) e dall’altro a mettere mano alle regole per attestare la conformità urbanistica e i requisiti degli interventi. Le modifiche sulle quali si sta discutendo dovrebbero interessare circa l’80% degli immobili italiani (circa un milione di condomini) sui quali eseguire lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Conformità urbanistica o Cila?
Una delle ipotesi a tavolino, per stimolare i lavori e avviare i cantieri nel minor tempo possibile, è quella che riguarda la sostituzione della conformità urbanistica (i tempi per ottenerla sono troppo lunghi) con la Cila (Comunicazione inizio lavori asseverata). Addirittura, la certificazione di conformità potrebbe essere assorbita dalle asseverazioni sul rispetto dei requisiti tecnici e la congruità delle spese. La Cila sarà più che sufficiente per quegli immobili che rientrano nell’agevolazione e che necessitano di lavori di manutenzione e non di ristrutturazione.
Una richiesta che sta facendo breccia e che potrebbe confluire nel nuovo Decreto Semplificazioni.
Addio alla doppia conformità?
Per beneficiare del Superbonus al 110% si chiede la «doppia conformità» degli immobili ai titoli urbanistici e edilizi di oggi e a quelli del periodo in cui furono costruiti.
Per gli interventi agevolati, invece, dovrebbe essere considerata più che sufficiente la conformità degli immobili alla disciplina urbanistico-edilizia vigente alla data del 31 agosto 2020. Addirittura, per gli immobili realizzati prima dell’entrata in vigore della legge 765/1967 (norma che ha modificato la legge urbanistica del 1942) non dovrebbe essere richiesta alcuna attestazione di conformità. Anche perché molti degli interventi ammessi al bonus sono di «edilizia libera», cioè non deve essere richiesta alcuna autorizzazione per installare pompe di calore, pannelli solari o strati isolanti di copertura.
Insomma, si punta ad un solo certificato di conformità liberando i tecnici abilitati dall’obbligo di certificare alcuni dati che riguardano lo stato legittimo dell’immobile, i vari passaggi di proprietà e la presenza di concessione edilizie. Il certificato, invece, dovrà attestare solo l’assenza di abusi edilizi e il rispetto delle prescrizioni urbanistiche.
Proroga al 2023 o al 2025?
Sul fatto che l’orizzonte temporale del Superbonus debba essere esteso non c’è alcun dubbio. Da un lato, quindi, si sta pensando di prorogare l’agevolazione all’intero 2023. E questo indipendentemente dal fatto che sia avvenuta la realizzazione di percentuali di lavori nell’ultimo anno di vigenza dell’incentivo. Ad oggi, il Superbonus al 110% scade il 30 giugno 2022.
Solo per i condomìni che al giugno 2022 abbiano concluso almeno il 60% dei lavori, la scadenza è fissata al 31 dicembre 2022.