La Bce deve ancora decidere sul rallentamento dei tassi di interesse e i mercati iniziano a svelare le loro preoccupazioni. L’inflazione tra i Paesi europei è scesa al 2,6%, ma le ultime proiezioni della Banca centrale europea la collocano al 2,3%. Nel frattempo, le imprese hanno a che fare – da mesi – con un costo del credito che è uno fra i maggiori nell’Eurozona.
TASSI DI INTERESSE ANCORA TROPPO ALTI: ITALIA MAGLIA NERA IN EUROPA
I tassi di interesse pagati dagli imprenditori, infatti, seppur abbiano segnalato una flessione dai picchi del 2023 restano comunque troppo alti.
Basta dare un’occhiata all’andamento del mese di gennaio 2024 per definire la situazione: il costo del credito bancario per le imprese era al 5,54%, 32 punti in più rispetto al 5,22% pagato dagli altri Paesi europei e superiore di ben 393 punti rispetto al mese di giungo 2022. Lo ricordiamo, mese precedente all’avvio della stretta monetaria. La conseguenza logica è la diminuzione della domanda di credito: i prestiti, sempre nel mese di gennaio 2024, sono calati del 4%. In aumento rispetto al 3,6% del mese di dicembre 2023.
A dover accusare il colpo è la produzione manifatturiera, che nel 2023 cede il 2,2% a fronte dell’1,6% della media europea. Dopo il recupero delle attese degli ordini delle imprese nel trimestre novembre 2023-gennaio 2024, il saldo scende bruscamente a febbraio.
BUONE NOTIZIE: I COSTI ENERGETICI SCENDONO, GLI INVESTIMENTI E GLI OCCUPATI SALGONO
Non mancano, però, le buone notizie sul fronte energia, investimenti e lavoro.
LA CRISI DEL MAR ROSSO: SCAMBI COMMERICALI DAL CANALE DI SUEZ -56,1%
In due sole parole: scambi commerciali. Sono questi ad essere sotto attacco: le merci che transitano per il Canale di Suez, da fine novembre 2023 (mese d’inizio degli attacchi degli Houthi a navi occidentali), si è progressivamente ridotto e a febbraio 2024 risulta dimezzato (-56,1%). Aumentano, invece, gli scambi commerciali in transito per altre rotte, come quella del Capo di Buona Speranza: qui il passaggio è aumentato del 75,1%.
IN AUMENTO I COSTI DEL TRASPORTO NAVALE: A RISCHIO 13MILA IMPRESE
Allungare le rotte commerciali significa aumentare i costi di trasporto e, di conseguenza, i prezzi dei beni importati. Queste turbolenze possono generare un impatto fino a dieci punti sui prezzi dei beni e di 0,3 punti percentuali sull’inflazione nel periodo 2024-25. Le modifiche delle rotte, e la disintermediazione dei porti italiani, espongono a rischi 13 mila imprese del sistema del trasporto e logistica che operano nei principali porti per movimentazione di merci via Mar Rosso.
COMMERCIO ESTERO CON I PAESI EXTRA UE: IL CALO DELL’EXPORT E’ DEL 4,5%
Lo dicono i dati Istat: nel mese di gennaio 2024 le importazioni si riducono dell’8,7% e le esportazioni del 4,5%. Nello stesso mese, l’export extra Ue scende dell’1,2% rispetto un anno prima, con una maggiore accentuazione per alcuni mercati prevalentemente raggiunti via nave attraverso il Mar Rosso: Cina (-46,2%) e Oceania (-38,0%). Tiene invece il Made in Italy verso l’India (+0,3%) e sale quello verso il Giappone (+19,9%). A pesare sul calo dell’export è la bassa domanda dei giganti manifatturieri addormentati di Europa e Asia: nel 2023 le vendite del Made in Italy in Germania sono calate del 3,6% e in Cina – al netto del farmaceutico, che fa +192,1% – scendono dello 0,9%.
PERICOLO DEFICIT ECCESSIVO PER ITALIA E FRANCIA
Da un lato l’attesa per la riduzione dei tassi da parte della Bce, e dall’altro il ritorno in vigore delle regole di bilancio europee che espone l’Italia, con la Francia, ad una procedura di infrazione per deficit eccessivo. Per il 2023, l’Istat calcola un deficit del 7,2% del PIL, in discesa rispetto all’8,6% nel 2022, ma di quasi due punti superiore al 5,3% indicato nel Documento programmatico di bilancio inviato ad ottobre alla Commissione europea.
VITALE IL SOSTEGNO DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA
In un contesto di deboli politiche economiche, si fa più che mai fondamentale il sostegno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. A preoccupare, però, è lo switch temporale della spesa del PNRR:
IL PNRR E L’ECONOMIA ITALIANA: I RITARDI PESANO SULLA CRESCITA
Nella terza relazione sul Piano, pubblicata lo scorso maggio, si indicavano 118 misure con difficoltà di realizzazione. Per 59 misure, che complessivamente valgono 68,3 miliardi di spesa, pari ad un terzo (35,7%) del Piano, vi è almeno una criticità normativa e nella gestione della Pubblica amministrazione.
Nel consuntivo contenuto nella quarta relazione sul Piano approvata dal Governo a fine febbraio 2024, la spesa sostenuta a tutto il 2023 è di 45,7 miliardi di euro, il 23,8% dell’intero Piano, 40,1 miliardi in meno di quanto previsto tre anni fa.
Nella relazione della Corte dei conti sullo stato di attuazione del PNRR pubblicata l’11 marzo si indica che “è proprio la capacità amministrativa a evidenziarsi come elemento critico del Piano e della sua esecuzione, nell’ottica ulteriore di preservare la qualità degli interventi.”
I ritardi pesano sulla crescita: nell’ipotesi di una completa e tempestiva realizzazione degli investimenti del Piano, infatti, è attesa per quest’anno una maggiore crescita di 7 decimi di punto di PIL, decisiva per evitare una recessione.