Sostenibilità sociale: due parole, un solo obiettivo. Quello di rendere l’impresa una realtà solida e ancora più responsabile nei confronti dei propri collaboratori. Perché, come sostenuto da numerosi studi scientifici, un luogo di lavoro sicuro e rispettoso, sano e positivo, che investe sul benessere e sull’inclusività, dà slancio alla produttività e rafforza le leve della competitività.
Se ne è parlato al Faberlab powered by Arburg, pochi giorni fa, con i professionisti del Gruppo Artser di Confartigianato: Nunzio Lena (Manager Servizio Gestione del Personale e Consulenza del Lavoro), Valentina Taras (Consulente del lavoro e Coordinatrice servizio gestione del personale), Umberto Rega (Manager formazione) e Andrea Bisco (ingegnere per la sicurezza). Con loro, Stefano Rabuffetti, QES Senior consultant.
Tanti gli spunti, e i consigli alle imprese, per una riflessione ad ampio raggio su sicurezza e regolamenti aziendali, welfare e formazione, premi di risultato e flessibilità nell’orario di lavoro, certificazione di parità di genere. L’incontro fa parte del ciclo sui fattori ESG (Environmental, Social e Governance) organizzato da Artser.
PREMIO DI RISULTATO, SMART WORKING E FLESSIBILITA’, NON SOLO PER I GIOVANI
Ad entrare nel merito di quella “S”, che tra i fattori ESG assume una straordinaria rilevanza di fronte ai repentini cambiamenti del mercato del lavoro, è Nunzio Lena. Tre sono gli strumenti che possono fare la differenza nella gestione organizzativa delle imprese: premio di risultato, smart working e flessibilità oraria.
Premio di risultato. Si tratta di quella retribuzione variabile che si dà al collaboratore di fronte al raggiungimento di un obiettivo aziendale. Un’intesa vincente tra azienda e lavoratore che pone, alla sua base, coesione, collaborazione e coinvolgimento. Per capire meglio di cosa si tratta, può bastare un dato. Nunzio Lena: «Al 15 marzo 2024 sono stati depositati 95.000 contratti di primo livello, un quarto solo nella regione Lombardia». I vantaggi: il premio è detassato. Da un lato, l’imprenditore applica un’imposta sostitutiva del 5%, così come previsto dall’ultima Legge di Bilancio, e dall’altro aumenta il netto in busta paga per il lavoratore.
Per agevolare questo percorso, il Gruppo Artser di Confartigianato ha già sottoscritto un accordo con i sindacati al quale possono aderire le imprese. Nel Regolamento sono definiti obiettivi ed entità del Premio
Smart working. La possibilità di svolgere le proprie attività al di fuori dell’azienda attraverso un accordo tra imprenditore e lavoratore per definire i limiti – come e quando – del lavoro da remoto
Flessibilità oraria. Si tratta di un modo del tutto diverso di utilizzare l’orario di lavoro, in entrata e in uscita, per conciliare vita privata e attività lavorativa. Ma con flessibilità si intende, anche, la possibilità di usare permessi orari compensativi al posto dello straordinario, come la Banca ore
I vantaggi per le imprese
Questi strumenti incidono positivamente sull’andamento aziendale. Perché, dice ancora il Manager del Servizio Gestione del personae, «aiutano l’inclusione, favoriscono la produttività (si gestisce al meglio l’energia psico-fisica dei collaboratori), diminuiscono l’assenteismo e si trattengono i giovani talenti in azienda».
Cosa devono fare le imprese
Tre sono le aree sulle quali deve agire l’impresa per utilizzare queste opportunità:
IL WELFARE VALORIZZA IL CAPITALE UMANO, E IL PROFITTO AUMENTA
Premio di risultato, smart working e flessibilità oraria rientrano nell’ampio spettro di quello che è il Welfare. A
parlarne è Valentina Taras, che parte da una definizione: «Il Welfare è quell’insieme di programmi, beni e servizi, esenti da tassazione e contribuzione, che l’imprenditore mette a disposizione dei suoi collaboratori, in aggiunta a ciò che è nella busta paga, attraverso una piattaforma». Accanto a misure tradizionali, come lo sono i buoni spesa, buoni pasto e buoni carburante troviamo proposte più innovative. Le ricorda la consulente del lavoro: «Corsi di formazione continua, team building, supporto psicologico, pacchetti per la salute e il benessere e, come detto da Nunzio Lena, smart working e flessibilità oraria».
I vantaggi di un Piano Welfare? Ancora Valentina Taras: «Promuove il benessere in azienda perché valorizza il capitale umano, i collaboratori si sentono più soddisfatti e proattivi (quindi, più produttivi), aumenta il senso di appartenenza all’azienda, diminuisce i costi legati al turnover, incrementa il profitto».
E’ difficile predisporre un Piano Welfare?
E’ una sfida che le piccole e medie imprese devono affrontare, anche se i passi da compiere non sono pochi. «Iniziare da una indagine conoscitiva dei bisogni dei lavoratori è fondamentale – commenta Valentina Taras -. Solo raccogliendo le specifiche esigenze di questi si può redigere un Piano efficace ed efficiente in grado di considerare i bisogni di tutti. Secondo: l’imprenditore deve comunicare in modo chiaro gli obiettivi del Piano, che si deve adattare alle dinamiche aziendali interne ed esterne. Terzo: il Piano Welfare deve essere sostenibile».
CERTIFICAZIONE PARITA’ DI GENERE: ECCO COME MISURARE L’EQUITA’ IN AZIENDA
Quando si parla di inclusività, però, si parla a tutti gli effetti di quella certificazione di parità di genere che è definita dagli standard UNI/PdR 125:2022. Ad oggi l’unico standard nazionale in materia, questa certificazione si pone l’obiettivo di sostenere le imprese nella promozione della parità di genere attraverso un processo virtuoso che deve migliorare e valorizzare le performance dei collaboratori e dell’intera azienda. Per farlo, gli imprenditori si devono impegnare in sei, diverse aree: Cultura e strategia, Governance, Processi HR, Opportunità, Equità remunerativa, Genitorialità.
Gli indicatori chiave sono 31, ma si applicano tutti alle aziende che occupano più di 50 addetti.
Dice Stefano Rabuffetti, QES Senior consultant: «Ogni area ha un suo peso percentuale per un totale pari a 100. La certificazione, che ha durata triennale, si ottiene solo se l’impresa raggiunge il punteggio minimo, complessivo, del 60%. Ricordo che se le aziende hanno già dato il via a questo percorso potranno ottenere un punteggio premiante».
Quale l’impatto finanziario e organizzativo della certificazione sulle imprese?
Ancora Rabuffetti: «Innanzitutto, bisogna affidarsi ad un consulente esterno. Che un costo ce l’ha. Poi, i costi per certificarsi variano dai 5mila ai 7mila euro da spalmare in tre anni. Costi che, però, possono essere recuperati attraverso il bando di Regione Lombardia, che mette a disposizione delle imprese una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro. Il bando del Dipartimento per le pari opportunità, invece, prevede contributi fino a 12.500 euro per le micro, piccole e medie imprese. Il mantenimento della certificazione non richiedere particolari sforzi finanziari».
Quali i vantaggi per le imprese?
Il consulente QES sottolinea quanto «questa certificazione faciliti la partecipazione delle imprese ai bandi pubblici assegnando loro un punteggio più alto rispetto ai loro competitor. Inoltre, l’azienda certificata può beneficiare di un esonero dal versamento dei contributi obbligatori di previdenza in misura non superiore all'1% e nel limite complessivo annuo di 50mila euro. Infine, si aumenta la propria attrattività nei confronti dei giovani – che sui temi della parità, dell’eguaglianza e dell’equità sono sempre più attenti – ma anche del mercato. Diciamo, insomma, che questo standard impatta sulla marketing reputation».