Papà Samuele e il figlio Nicolò: tra impresa e Olimpiadi, il successo è di famiglia

Papà Samuele e il figlio Nicolò: tra impresa e Olimpiadi, il successo è di famiglia

Samuele Martinenghi

Lo guardi negli occhi e capisci perché, dopo quarantadue anni di lavoro, Samuele Martinenghi è ancora lì, nel suo laboratorio, chino sul banco orafo a fresare, pulire e incastonare pietre preziose.


LE LEZIONI DI VITA DI PAPA’ SAMUELE NEL BRONZO OLIMPICO DEL FIGLIO NICOLO’
Quella passione che fa ribollire il sangue è intatta. Anzi, negli ultimi giorni l’adrenalina è alle stelle perché il figlio Nicolò ha vinto la medaglia di bronzo nei 100 rana alle Olimpiadi di Tokyo 2020. La sesta medaglia per l’Italia e la prima nel nuoto. E’ il caso di dirlo: papà usa le parole come se fossero bracciate perché il racconto di quello che è la sua impresa si mischia, con assoluta naturalezza, con i sacrifici fatti con sua moglie per portare i figli – anche Jacopo, il più grande, ha un palmares di tutto rispetto in vasca – agli allenamenti, alle gare, a scuola. Questo imprenditore sa quanto l’allenamento, in qualunque disciplina, sia fondamentale per imparare. Senza le rinunce, non si fa nulla. Tutti, in famiglia, hanno lasciato qualcosa per ottenere altro. Una medaglia olimpionica, certo, ma anche un lavoro che è vita.

GALEOTTO FU LO ZIO GIUSEPPE E IL SIGNOR MANFREDI

Samuele Martinenghi

E’ il caso di Samuele Martinenghi, che abbandona il Liceo Scientifico due anni prima del diploma, che fa parte della Pallacanestro Ignis e poi della Robur e che, grazie a zio Giuseppe, catenista orafo (realizza a mano le collane), si appassiona al mondo della gioielleria ma, ancora prima, a quello dei minerali. Ed è proprio lo zio ad introdurlo alla Manfredi Gioielli, una realtà che ha lasciato il segno tanto a Varese quanto in tutto il mondo: “L’azienda nasce da un imprenditore piacentino che si era innamorato del Sacro Monte – dice l’imprenditore -. Il primo negozietto lo apre in via Manzoni, mentre il laboratorio è a due passi dal passaggio a livello di Casbeno. Poi ci si trasferirà nel Conventino del Seicento in via dei Carantani. Lì prendevano forma gioielli incredibili anche grazie al design moderno di Enrica Brunella: siamo nel 1976 e quattro anni dopo Mandredi è già conosciuto in tutta Europa. Nel 1984 apre un negozio sulla Fifth Avenue di New York. Varese è ormai nella testa delle griffe del gioiello”. Quindi, il signor Manfredi: “La prima cosa che ha fatto è stata quella di criticare i miei capelli lunghi. Poi mi chiese cosa mi sarebbe piaciuto fare. E io risposi, con prontezza, l’incastonatore. Entro in laboratorio come apprendista”.

L’ORAFO MANCINO DIVENTA IMPRENDITORE
I primi tre mesi Samuele Martinenghi li passa a ramazzare, pulire, pitturare tubi. Poi, siede al banco orafo perché non vede l’ora “di prendere in mano le gemme. Però sono mancino e il mio Maestro è destro”. Si impara ugualmente, e lo fa a tal punto che dopo quattro mesi è alle prese con i diamanti. E ruba il mestiere facendo tesoro di ciò che aveva imparato: “Compro un banco tutto mio, me lo porto a casa, e la sera metto in pratica gli insegnamenti”. La sua storia è fatta di incontri umani: un coscritto di papà gli propone di imparare tutto ciò di cui è fatto il mondo dei gioielli. Samuele ci si butta, proprio come si fa nel nuoto. Nel 1989, a 26 anni, il grande passo: “Mi metto in proprio ma, nello stesso tempo, entro con una quota nella Cennini Gioielli: divento imprenditore. Le crisi del settore, del 1990 e 1992, mi convincono però ad un altro cambio di passo. E così lascio la società e apro un mio laboratorio nel quale trasformo le idee dei clienti in oggetti preziosi”.

IL RITORNO ALLE ORIGINI: NATO ARTIGIANO E ARTIGIANO PER SEMPRE

Samuele Martinenghi laboratorio orafo

Samuele torna a lavorare sulla incastonatura, va alla ricerca dei brand migliori, setaccia la piazza di Milano. Quella che, ancora oggi, è il suo punto di riferimento. Così, l’imprenditore varesino crea una squadra superspecializzata, occupa 19 collaboratori e tratta tra le 40mila e le 50mila pietre al mese. Fornitori e clienti aumentano a dismisura: “Ad un certo punto mi rendo conto che quello che mi piace fare, non lo faccio più. Passo più tempo ad amministrare l’azienda che a fare l’artigiano: perché questo sono e voglio essere ancora oggi”.

NON SONO UN NUMERO E CREDO NEI RAPPORTI UMANI
Martinenghi cambia un’altra volta strategia: “Credo nei rapporti umani e decido di fare ritorno alle mie origini: lavori di altissima qualità e di altissimo livello. Non sono un numero e così non mi considerano i miei clienti. Lavoro lo stesso con brand industriali, ma in modo diverso: sto seduto dieci ore al banco orafo, ho i miei piccoli segreti e sono veloce nelle realizzazioni”. Il segreto sta nel cogliere non solo il momento ma anche nell’anticipare il mercato e la strumentazione che ti permette di essere un passo avanti: “Ricordo che nel 1988 usavo già il microscopio, che nel circuito varesino non esisteva neppure. La scoperta l’ho fatta a Basilea, in un laboratorio che lavorava per l’orologeria svizzera. E proprio in Svizzera ho passato otto anni della mia vita imparando ad incastonare le pietre preziose sui quadranti”.

Oggi, Samuele Martinenghi è ancora lì e ci vuole restare ancora per tanto tempo, “perché questa è la mia vita: un lavoro che mi piace. E so che la passione è dalla mia parte”.

Tra gioielli, passione e nuoto