In Italia certi mestieri non esistono più. E l'imprenditore va a cercarseli in Cina: il caso-Bbr

In Italia certi mestieri non esistono più. E l'imprenditore va a cercarseli in Cina: il caso-Bbr

Fernando Reali, titolare con Alberto Balestrini della BBR Exclusive Car Models di Saronno, in quel 1998 un po’ di paura l’ha avuta. Paura dei grandi numeri: «Più di vent’anni fa siamo andati per la prima volta in Cina – quello era il futuro - accogliendo l’invito di una nostra amica laureata in lingue orientali e specializzata nel matching tra imprese estere. Ci siamo restati per una settimana. Però la BBR allora era veramente piccola e con una produzione limitata: quando ti senti chiedere se ti servono ventimila o trentamila pezzi, qualche pensiero ti viene».

CINA MON AMOUR Oggi, Reali e Balestrini in Cina ci vanno una volta al mese per una produzione che sfiora i 60mila pezzi all’anno. La curiosità di un tempo si è trasformata in fattore strategico per questa azienda di quindici dipendenti specializzata nella realizzazione di modellini di auto d’epoca, e dei nuovi modelli sportivi delle grandi case automobilistiche: McLaren, Maserati, Porsche, Ferrari, Gruppo Fca. Pezzi unici nei quali tutto si muove (cambio, volante, tappi del rifornimento apribili, sedili reclinabili, ammortizzatori) per i quali, nella maggior parte dei casi, servono centinaia di microscopici elementi da assemblare fra loro e una produzione di stampi del costo, a volte, di decine di migliaia di euro.

I CINESI NON DICONO MAI “NO” Reali ne fa una questione di mentalità, considerazione del lavoro e opportunità: «In Cina il lavoro è tutto, proprio come lo era in Italia nel secondo dopo guerra. Ricordo mio nonno, Carlo Reali, stagnino con la nonna che preparava il pranzo nella cucinetta posta dietro il laboratorio: lavorava anche la domenica mattina, proprio come fanno i cinesi, titolare compreso. Il lavoro, per loro, è uno strumento di ricostruzione non solo economica ma anche sociale: è per questo che in Cina non ho mai ricevuto un “no”».

GLI ITALIANI SONO ARTIGENIALI, MA ORMAI MANCANO LE PROFESSIONALITA’ «In Italia, dalla quale non me ne andrò mai, ho mantenuto il catalogo vintage basato su ricerche certosine dei dettagli delle auto – incalza il titolare – mentre in Cina ho puntato ad un mercato che apprezza invece le novità delle super car. Le DIE-CAST in metallo ma anche in resina. Perché ci siamo andati? Semplicemente perché qui da noi stanno scomparendo alcuni mestieri artigeniali (Reali coniuga spesso l’artigianalità alla genialità, ndr) e alcune lavorazioni dalle quali dipende la nostra produzione.

Qui uno stampo lo posso avere in due o tre mesi; in Cina nell’arco di tre settimane ho il pezzo. Le faccio un esempio: i nostri modelli sono contenuti in vetrinette di plexiglass completamente lisce, senza alcuna traccia dello stampaggio a iniezione. Le realizza la Copla di Mesenzana, il cui titolare andrà in pensione fra pochi anni. Da quanto mi risulta, in provincia non c’è nessun’altra piccola azienda in grado di realizzare questa lavorazione così come serve a me: professionalità che non ci sono più e delle quali io ho un gran bisogno. Inoltre, in Cina ormai si fanno anche produzioni limitate: è possibile realizzare anche un solo modello con tutta la tecnologia a disposizione. Lo sviluppo, però, lo si fa in Occidente».


FATTURATO CON LA CINA ALL’80% Così nel 2005 si ritorna in Cina perché il brand BBR è ormai riconosciuto anche grazie alla produzione con licenza Ferrari. Si va e si lavora: questa volta con un’impresa che conta 5mila dipendenti, che mette a totale disposizione di Reali due ingegneri e un interprete. «Con loro – rimarca Reali – siamo riusciti a realizzare un prodotto in DIE-CAST unico di altissimo livello. Nel 2010, però, l’azienda chiude. Nessun problema: poco dopo siamo stati intercettati da altre due imprese che ci invitavano a valutare una produzione in resina uguale a quella che produciamo in Italia. L’intesa si è creata in fretta. Una di queste era specializzata nell’assemblaggio dei nostri kit; oggi è del tutto autonoma con tanto di stampante 3D. Da dodici dipendenti, è passata a centocinquanta. In ultimo, nel 2015 si è proposto anche un ingegnere un tempo occupato nell’azienda contattata nel 2005: aveva aperto un’attività tutta sua, anche qui per modelli in resina».

Il mercato, insomma, è giovane, sfrenato e i clienti facoltosi non mancano: «Occidentalizzati, perché chi può fa studiare i figli nelle università inglesi e americane. Quando sei in Cina, spesso, sei invitato ad un pranzo da McDonald». Ad oggi, il fatturato della BBR con la Cina rappresenta l’80% del totale.

PRODOTTI DI NICCHIA CON MATERIE PRIME AL TOP A questo punto del discorso, resta una sola domanda: tutto va sempre bene? Ovviamente no. Da una parte i cinesi hanno spinto sull’industrializzazione e sull’innovazione, ma dall’altro «vogliono spendere poco e guadagnare tanto. Ecco perché è importante – prosegue Reali – mantenere un contatto stretto e definire bene le proprie esigenze. Per quanto riguarda la BBR, non deroghiamo sulla qualità delle materie prime: tra le vernici si scelgono quelle al top perché l’eccellenza va sempre rispettata. Anche grazie a questo, sulla produzione di modellini di nicchia il Made in China è ormai una garanzia».