D.G. Weld Srl
direzione@dgweld.it
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Tre generazioni in azienda (papà, figlio e nipote), una filiale in Russia e una in Francia, un lavoro costante con le scuole (CFP di Tradate e Politecnico di Milano), una visione a trecentosessanta gradi sull’innovazione e una riflessione su «questa Italia che – racconta Luca Giamberini, managing director della D.G. Weld Srl – cambia e si adatta, decide e guarda al futuro con ottimismo. Le crisi? Il nostro Paese riesce sempre a smarcarsi dalle difficoltà, come un attaccante in “zona Cesarini”».
DAGLI STATI UNITI L'IDEA VINCENTE
L’ottimismo è il sale nella vita di un imprenditore. Lo conferma la storia di quest’azienda fondata nel 2002 da Gianfranco Giamberini, papà di Luca: «A sessant’anni, prossimo alla pensione, decise di aprire la D.G. Weld dopo aver lavorato come responsabile tecnico di forge e stampaggio in tanti paesi del mondo. Compresi gli Stati Uniti, dove già si usava un sistema di rigenerazione stampi mediante saldatura. Nei primi tempi l’azienda si dedica alla vendita di materiale per la saldatura, soprattutto elettrodi, e successivamente entra nel mercato delle riparazioni. Prima sede a Gallarate, poi a Venegono e, infine, qui a Tradate».
IL CAMBIO DI PASSO: DALLA SALDATURA MANUALE A QUELLA ROBOTIZZATA
Con Luca Giamberini, l’azienda cambia passo: «Dalla saldatura manuale conto terzi degli inizi, ancora oggi utilizzata per alcuni interventi particolari, nel 2008 passiamo a due progetti che si sono rivelati vincenti: il sistema di saldatura robotizzato su stampi a forma tridimensionale complessa e la vendita degli impianti, personalizzandoli con le nostre esperienze e il nostro Know how. I bracci robotici li acquistiamo dai grandi brand del settore; noi ci occupiamo dell’interfaccia tra la centralina della macchina e i robot: programmiamo il software e realizziamo la cella di sicurezza che ospita la saldatura automatizzata».
Se da un lato l’azienda rimette a nuovo gli stampi per alcune imprese in Italia, Svizzera, Austria, Francia, Repubblica Ceca e Germania del nord, dall’altro ha venduto in questi ultimi quindici anni più di sessanta impianti a Stati Uniti, Cina, Russia, Brasile, Inghilterra e Spagna. Due sono i problemi che si risolvono alla D.G. Weld: intervenire sull’usura da scorrimento e abrasione dello stampo; risolvere la frattura dello stampo dettata dalla sollecitazione dello stampaggio ad angoli e spigoli. Nei settori Oil&Gas, Aerospace, treni e macchinari agricoli.
GLI INVESTIMENTI IN RUSSIA E L’AEROSPACE IN FRANCIA
Aprendo un discorso sulle filiere che, afferma il managing director, «dai tempi della pandemia sono cambiate a livello temporale (approvvigionamenti sempre più veloci) e chilometrico (per quanto possibile, distanza sempre più breve dei fornitori)», si entra nel merito di quella decisione, presa dieci anni fa, di aprire la Neweld Rus, filiale russa della D.G.Weld: «Qui in Italia abbiamo venti dipendenti, mentre alla Neweld Rus ne contiamo 45 con tre ingegneri russi soci al 10%. Lì la disoccupazione è bassissima, le figure tecniche vanno a ruba e da tempo stiamo ragionando sulla possibilità di investire nell’acquisto di un nuovo capannone». E la filiale francese? Ancora Luca Giamberini: «In quel Paese abbiamo una sede con due collaboratori e siamo partiti nel momento sbagliato, perché poco tempo dopo l’apertura è arrivato il Covid: i costi dell’energia sono andati alle stelle e la maggior parte delle aziende si sono fermate. Ora, il mercato sta ripartendo perché – fortunatamente – in Francia il settore dell’aerospace è forte e necessita di forge e stampaggio. E di tante saldature». Se si dovesse stilare una classifica dei Paesi più reattivi nei confronti della D.G. Weld, la Spagna occuperebbe la prima posizione: «Italia, Germania e Francia ultimamente stanno un po’ alla finestra».
I ROBOT E I NUOVI LAVORI
Chiediamo all’ingegnere se i timori di cui si parla spesso – più robot, meno lavoratori – siano fondati. Ecco la risposta: «In realtà, la robotica ha generato nuovi lavori: ci sono meno saldatori manuali e più tecnici. Le figure professionali sono solo cambiate, perché i collaboratori con esperienza e skill ben profilate saranno sempre insostituibili. In fondo, si tratta solo di spostare la fatica umana sulla macchina e, nel nostro caso, la robotica ha reso ancora più efficiente una produzione che è lontana dai numeri delle serie perché specializzata sui singoli ordini/pezzi. Il fatturato ne ha beneficiato, perché solo la vendita dei bracci robotici ha portato un amento del 30-40%. Ma negli ultimi due anni, con Industria 4.0, abbiamo anche investito milioni di euro. In azienda abbiamo otto robot antropomorfi: sei in produzione, uno dedicato ai test e alla formazione dei clienti e uno per la stampa additiva metallica». Una specializzazione, quest’ultima, che alla D.G. Weld ha fatto la sua comparsa quindici anni fa, «quando ancora nessuno ne parlava. In questo campo, ancora oggi, la ricerca e lo sviluppo svelano sempre nuove scoperte, molti processi non sono ancora standardizzati e nulla è normato».
L’INGEGNERE CHE SPERIMENTA CON I MATERIALI
Sulla stampa 3D la D.G.Weld continua ad investire. Ed Elizabeth Valsecchi, ingegnere bergamasca di 23 anni che ha scritto la propria tesi proprio sull’azienda di Tradate, è la responsabile di un settore che sta crescendo anche grazie ai progetti europei ai quali sta partecipando l’impresa per ottimizzare il processo di stampa su titanio e alluminio. «Un progetto – prosegue Luca Giamberini – riunisce diciotto imprese impegnate nello sviluppo di alcune tecniche per riciclare gli scarti di titanio e alluminio, polverizzarli e riutilizzarli nella produzione di fili utili per le stampanti 3D. Un altro, invece, è nato all’interno di un’azienda italiana che produce cerchioni e che, ora, devono essere adattati alle auto elettriche: più sottili e leggeri ma, nello stesso tempo, anche più resistenti».
I GIOVANI E IL NIPOTE IN AZIENDA: IL NONNO NON VEDEVA L'ORA
Luca Giamberini si definisce «pro-giovani: in loro ho sempre creduto a tal punto che ogni anno ospitiamo in stage due, tre ragazzi del CFP di Tradate (loro si fanno esperienza e noi testiamo chi potrebbe essere adatto all’impresa) e inoltre collaboriamo con il Politecnico di Milano per trovare figure di ingegneri dei materiali ma anche meccanici o elettronici. Il vantaggio è che le nuove generazioni portano conoscenze, entusiasmo, un po' di “incoscienza” (che non guasta mai) e, mantenendo un legame con l’Università, anche nuovi stimoli». A ricevere le giuste sollecitazioni è Federico Giacomin, figlio della sorella di Luca, Francesca. Neodiplomato, si è da subito appassionato al lavoro in azienda «e il nonno – conclude il managing director – non vedeva l’ora di averlo qui. Possiamo dire che è cominciato un nuovo passaggio generazionale: Federico è motivato e sta imparando il lavoro in fabbrica. Poi, nel tempo, passerà alle altre dinamiche aziendali, compresa la gestione del personale: la più difficile in assoluto».