Disuguaglianza e politiche economiche: un'analisi delle prospettive 2025-2028

Il Documento Programmatico di Finanza Pubblica tra stabilizzazione sociale e sfide strutturali del sistema produttivo

Documento Programmatico di Finanza Pubblica

di Mauro Colombo *

L'analisi del Documento Programmatico di Finanza Pubblica 2025 e del relativo Allegato sugli Indicatori di Benessere Equo e Sostenibile offre elementi di riflessione rilevanti per comprendere le prospettive del sistema economico e sociale italiano nei prossimi anni. Come osservatori attenti delle trasformazioni del tessuto produttivo, riteniamo utile contribuire al dibattito con considerazioni che partano dalla realtà concreta delle imprese e dei territori, dove dinamismo economico e coesione sociale rappresentano due facce inscindibili dello stesso processo di sviluppo.

IL QUADRO MACROECONOMICO

I dati ufficiali presentati nel DPFP 2025 delineano una sostanziale stabilità degli indicatori di disuguaglianza nel periodo 2024-2028. L'indicatore S80/S20, che misura il rapporto tra il reddito del quintile più ricco e quello più povero della popolazione, è stimato a 5,7 per il 2024 e, secondo le previsioni governative, manterrà questo livello fino al 2028. In termini concreti, il quinto più ricco degli italiani guadagna quasi sei volte il quinto più povero.

Sul fronte della povertà assoluta, l'8,5% delle famiglie italiane (circa 2,2 milioni di nuclei) vive in condizioni di povertà assoluta, dato che corrisponde al 9,8% degli individui, quasi 6 milioni di persone. Le previsioni per il quadriennio indicano una sostanziale invarianza all'8,4% delle famiglie.

Questi numeri nazionali celano però differenze territoriali e demografiche significative. La popolazione tra i 60 e i 64 anni registra un rapporto S80/S20 di 7,1, ben 1,6 punti sopra la media nazionale, evidenziando una crescente disuguaglianza intergenerazionale. Le regioni settentrionali presentano indicatori di disuguaglianza generalmente contenuti rispetto alla media nazionale, mentre nel Mezzogiorno persistono aree di criticità più marcate.

LE MISURE PREVISTE: UN'ANALISI OPERATIVA

Il pacchetto di interventi presentato nel DPFP 2025 si articola su più fronti, con implicazioni differenziate per il tessuto economico nazionale e regionale.

LA RIFORMA FISCALE E IL CUNEO

Dal 2025 diventa strutturale la revisione delle aliquote IRPEF, che passano da quattro a tre scaglioni: 23% fino a 28.000 euro, 35% tra 28.000 e 50.000 euro, 43% oltre 50.000 euro. Parallelamente, la riduzione del cuneo fiscale si articola con un bonus per i redditi fino a 20.000 euro (modulato tra il 7,1% e il 4,8% del reddito) e una detrazione aggiuntiva fino a 1.000 euro per i redditi tra 20.000 e 40.000 euro.

Per le famiglie con figli, si prevede un incremento dell'assegno unico del 50% nel primo anno e del 40% dal secondo al quinto anno per nuclei con ISEE fino a 45.574 euro. Le madri lavoratrici con almeno due figli (fino a 10 anni per il minore) beneficiano dell'esonero contributivo totale fino a 3.000 euro annui.

L'impatto complessivo della riforma sul cuneo fiscale sarà significativo. Secondo i dati OCSE più recenti, nel 2024 il tax wedge italiano per un lavoratore single si è attestato al 47,1%, rispetto a una media OCSE del 34,9%. Le misure del governo punteranno a ridurre questo differenziale, che penalizza la competitività del sistema economico italiano, sebbene l'entità della riduzione effettiva dipenderà dall'applicazione concreta dei vari meccanismi di esonero e detrazione.

L'ASSEGNO DI INCLUSIONE: AMPLIAMENTO DELLA PLATEA

L'ADI sostituisce definitivamente il Reddito di Cittadinanza con criteri più stringenti ma soglie riviste: l'ISEE familiare passa da 9.360 a 10.140 euro, mentre il reddito familiare da 6.000 a 6.500 euro. Il beneficio economico si articola in due componenti: un'integrazione al reddito fino a 6.500 euro annui (541,67 euro mensili) e un contributo affitto fino a 3.360 euro annui (280 euro mensili).

La platea potenziale stimata passa da 1,06 a 1,5 milioni di famiglie (circa 3,7 milioni di individui), con un costo annuo di 7,3 miliardi. Rilevante il dato che il 77% dei nuovi beneficiari sono affittuari, evidenziando la stretta connessione tra vulnerabilità economica e condizioni abitative.

Le simulazioni ministeriali indicano che, con un take-up al 100%, l'ADI riformato ridurrebbe l'incidenza della povertà assoluta dal 9,72% al 8,87%, mentre l'indice di Gini sui consumi scenderebbe da 0,3322 a 0,3282. Con un take-up più realistico del 60%, la riduzione della povertà sarebbe al 9,18% e l'indice di Gini al 0,3298.

LE QUESTIONI STRUTTURALI IRRISOLTE

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Pur apprezzando la portata finanziaria degli interventi e il tentativo di stabilizzazione sociale, l'analisi del DPFP 2025 evidenzia alcuni nodi strutturali che rischiano di limitare l'efficacia delle politiche proposte nel medio-lungo periodo.

IL CARICO FISCALE SUL LAVORO

Il sistema fiscale italiano continua a gravare in misura sproporzionata sul fattore lavoro. Come evidenziato dai recenti rapporti OCSE, l'Italia mantiene uno dei livelli più elevati di cuneo fiscale tra i paesi sviluppati, con un differenziale significativo rispetto alla media internazionale. Questo divario penalizza sia la competitività delle imprese che il potere d'acquisto dei lavoratori.

La riforma IRPEF e la riduzione del cuneo rappresentano passi nella direzione corretta, ma l'entità degli interventi appare insufficiente a colmare il gap competitivo con gli altri paesi europei. Inoltre, la mancanza di un riequilibrio nella tassazione dei diversi fattori produttivi rischia di perpetuare distorsioni allocative che penalizzano l'occupazione, particolarmente in settori labour-intensive.

LA COMPOSIZIONE DELLA SPESA SOCIALE

La spesa pensionistica rappresenta una delle voci principali del bilancio pubblico italiano, con un'incidenza sul PIL che, secondo le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato, continuerà a crescere fino al picco del 17% nel 2040. Questa dinamica, determinata da fattori demografici e dall'assetto del sistema previdenziale, assorbe risorse significative che potrebbero essere destinate ad altre finalità di welfare.

Il confronto internazionale evidenzia come in molti paesi europei una quota maggiore della spesa sociale sia indirizzata verso politiche attive del lavoro, formazione, sostegno alle famiglie con figli e servizi per la prima infanzia. La ricomposizione della spesa pubblica verso interventi con maggiore impatto su occupabilità e mobilità sociale rappresenta una sfida strategica per il sistema italiano.

LA MOBILITA' SOCIALE: UN ASCENSORE BLOCCATO

Uno degli aspetti più critici emersi dai rapporti OCSE degli ultimi anni riguarda la scarsa mobilità sociale intergenerazionale in Italia. Secondo le analisi internazionali, un bambino nato in una famiglia appartenente al decile più povero della popolazione impiegherebbe circa cinque generazioni per raggiungere il reddito medio nazionale. Questo dato colloca l'Italia in una posizione analoga a Francia, Regno Unito e Stati Uniti, ma molto distante dai paesi scandinavi, dove bastano due-tre generazioni.

Le cause di questa rigidità sono molteplici e interconnesse. Il sistema educativo, pur universale nell'accesso, presenta forti disparità nella qualità dell'offerta formativa tra territori e contesti socioeconomici. Solo l'8% dei giovani con genitori privi di titolo di studio superiore consegue una laurea, contro una media OCSE del 22%. Questo "effetto ascensore" dell'istruzione si è progressivamente indebolito, trasformando il sistema educativo da strumento di mobilità sociale a fattore di riproduzione delle disuguaglianze.

Il mercato del lavoro italiano presenta caratteristiche che ulteriormente limitano le opportunità di avanzamento sociale. L'elevata segmentazione tra contratti stabili e precari, la scarsa valorizzazione del merito, le difficoltà di accesso per i giovani alle posizioni qualificate, contribuiscono a cristallizzare le posizioni socioeconomiche. Quasi il 40% dei figli di lavoratori manuali rimane nella stessa categoria professionale, mentre solo il 18% raggiunge posizioni manageriali o professionali.

L'invecchiamento demografico amplifica queste dinamiche. Con un indice di vecchiaia che nel 2024 ha raggiunto quota 199,8 (quasi 200 anziani ogni 100 giovani), l'Italia presenta il valore più alto in Europa. Questo squilibrio generazionale si riflette non solo sulla sostenibilità del sistema previdenziale, ma anche sulle opportunità per le nuove generazioni, che si trovano a competere per risorse e opportunità progressivamente più scarse.

UNA VISIONE ALTERNATIVA: RIEQUILIBRIO E INVESTIMENTO

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Di fronte a questo quadro, è utile esplorare alcune linee di intervento che potrebbero rafforzare l'efficacia delle politiche redistributive e favorire una maggiore dinamicità sociale ed economica.

RIALLINEAMENTO DELLA TASSAZIONE 

Il sistema fiscale italiano presenta significative disparità nel trattamento dei diversi tipi di reddito e redditi da capitale. In particolare, la tassazione delle rendite finanziarie in Italia si attesta al 26% (con aliquota ridotta al 12,5% per i titoli di Stato), collocandosi in una posizione intermedia rispetto ai paesi europei, dove alcuni stati non applicano alcuna tassazione sui capital gain, mentre altri applicano aliquote anche superiori al 40%.

Un graduale riallineamento della tassazione delle rendite finanziarie potrebbe generare risorse aggiuntive significative, da destinare prioritariamente alla riduzione del carico fiscale sul lavoro. Tale intervento, se calibrato attentamente per evitare fughe di capitali e mantenere la competitività dei mercati finanziari italiani, contribuirebbe a un riequilibrio complessivo del sistema impositivo, oggi eccessivamente sbilanciato verso il fattore lavoro.

INVESTIMENTI IN CAPITALE UMANO

L'evidenza empirica internazionale dimostra che gli investimenti in istruzione e formazione rappresentano uno degli strumenti più efficaci per promuovere mobilità sociale e crescita economica di lungo periodo. Il sistema italiano necessita di un rafforzamento qualitativo e quantitativo su più fronti.

In primo luogo, occorre ampliare significativamente l'offerta di servizi per la prima infanzia, oggi largamente insufficiente e diseguale sul territorio. La disponibilità di asili nido e servizi educativi accessibili rappresenta non solo un supporto essenziale per la conciliazione vita-lavoro, ma anche un fattore determinante per lo sviluppo cognitivo e sociale dei bambini, particolarmente rilevante per quelli provenienti da contesti svantaggiati.

In secondo luogo, il sistema scolastico richiede interventi mirati a ridurre le disparità territoriali nella qualità dell'offerta formativa. I dati INVALSI evidenziano sistematicamente differenze significative nei livelli di apprendimento tra regioni e, all'interno delle stesse regioni, tra scuole di diversa composizione socioeconomica. Programmi di recupero, estensione del tempo pieno, rafforzamento dell'orientamento, rappresentano strumenti necessari per contrastare l'effetto delle origini familiari sui percorsi educativi.

Infine, il sistema di formazione professionale e universitaria necessita di un ripensamento che lo renda più reattivo alle trasformazioni del mercato del lavoro, favorendo l'acquisizione di competenze effettivamente spendibili e aggiornabili nel tempo. Il disallineamento tra competenze fornite dal sistema formativo e quelle richieste dalle imprese rappresenta uno dei principali ostacoli all'occupazione giovanile qualificata.

POLITICHE ATTIVE E SOSTEGNO ALL'OCCUPAZIONE 

Le politiche attive del mercato del lavoro in Italia presentano livelli di efficacia e copertura ancora limitati rispetto agli standard europei. Il potenziamento dei centri per l'impiego, l'integrazione con i servizi sociali, lo sviluppo di percorsi di riqualificazione professionale accessibili e di qualità, rappresentano priorità ineludibili.

Particolarmente rilevante è il tema del sostegno all'occupazione femminile. Il tasso di occupazione delle donne italiane rimane tra i più bassi in Europa, con differenziali ancora più marcati in presenza di figli. L'ampliamento dei servizi di cura, l'estensione dei congedi parentali, le politiche di flessibilità organizzativa, possono contribuire ad aumentare la partecipazione femminile al mercato del lavoro, con effetti positivi sia in termini di equità che di crescita economica.

Altrettanto cruciale è il sostegno all'imprenditorialità e al lavoro autonomo, particolarmente rilevante in un tessuto produttivo come quello italiano caratterizzato da elevata presenza di piccole e medie imprese. L'accesso al credito, la semplificazione burocratica, il supporto nell'innovazione tecnologica e organizzativa, rappresentano strumenti essenziali per favorire la creazione di nuove opportunità occupazionali e la crescita dimensionale delle imprese esistenti.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Il Documento Programmatico di Finanza Pubblica 2025 delinea un percorso di stabilizzazione degli indicatori di disuguaglianza e povertà attraverso un insieme articolato di misure fiscali e di welfare. Gli interventi previsti – dalla riforma dell'IRPEF all'ampliamento dell'ADI, dalla riduzione del cuneo fiscale al sostegno alle madri lavoratrici – rappresentano passi significativi nella direzione del sostegno ai redditi medio-bassi e delle famiglie in difficoltà.

Tuttavia, l'analisi evidenzia come queste misure, per quanto apprezzabili nella loro portata immediata, appaiano prevalentemente orientate alla gestione dello status quo piuttosto che al superamento dei nodi strutturali che limitano la dinamicità sociale ed economica del paese. La stabilità degli indicatori di disuguaglianza prevista per il quadriennio 2025-2028, se da un lato segnala l'assenza di peggioramenti, dall'altro rivela la mancanza di una strategia complessiva di riduzione delle disparità e di promozione della mobilità sociale.

Le questioni strutturali – l'elevato carico fiscale sul lavoro, la composizione squilibrata della spesa sociale, le rigidità del mercato del lavoro, le carenze del sistema educativo e formativo – richiedono interventi più incisivi e di più lungo respiro. La sfida non è solo quella di mitigare gli effetti della disuguaglianza attraverso trasferimenti monetari, per quanto necessari, ma di rimuovere gli ostacoli che impediscono a individui e famiglie di migliorare autonomamente la propria condizione economica e sociale.

Per un sistema economico caratterizzato da dinamismo imprenditoriale diffuso ma anche da crescenti pressioni competitive e trasformazioni strutturali (transizione digitale ed ecologica, invecchiamento demografico, riorganizzazione delle filiere produttive), la questione centrale è se l'approccio delineato dal DPFP 2025 sia sufficiente per affrontare le sfide del prossimo decennio.

L'esperienza delle economie più avanzate dimostra che i periodi di maggiore crescita e prosperità condivisa sono stati quelli in cui sviluppo economico e coesione sociale hanno proceduto insieme, sostenendosi reciprocamente. Questa lezione rimane valida anche nell'affrontare le sfide contemporanee, richiedendo politiche che sappiano guardare oltre la contingenza per costruire le condizioni di una prosperità duratura e diffusa.

 

 

Analisi elaborata sulla base del Documento Programmatico di Finanza Pubblica 2025 e dell'Allegato sugli Indicatori di Benessere Equo e Sostenibile pubblicati dal Ministero dell'Economia e delle Finanze

* Direttore Confartigianato Imprese Varese e direttore Centro Studi Imprese Territorio