Giù i prestiti, frenano gli investimenti. E anche le aziende

Il rapporto con le banche è cambiato: oggi il credito per le Pmi è basato su un processo standardizzato e su dati ed elementi quantitativi

Credito difficile per le Pmi

La stretta monetaria non ha finito il suo corso. Nonostante il primo taglio dei tassi della Banca centrale europea, il report mensile di Banca d’Italia racconta un’economia italiana ancora timorosa che rischia di pagare lo scotto di un costo del credito troppo alto. Negli ultimi dodici mesi, i prestiti al settore privato sono diminuiti dell’1,6% e quelli alle imprese sono scesi del 3,4% con tassi che, in media, sono passati tra maggio e giugno dal 5,38% al 5,26%. La conseguenza della stretta è risaputa: la domanda di credito da parte delle imprese diminuisce, ancora.
Abbiamo chiesto a Paolo Gualtieri, professore di Economia degli Intermediari Finanziari all'Università Cattolica di Milano, non solo cosa si devono attendere le imprese da una situazione che non accenna a sbloccarsi, ma anche quali sono le mosse giuste per presentarsi agli istituti di credito e come prepararsi ad un mondo – quello dei finanziamenti – che sta cambiando radicalmente.

Professore, la richiesta di finanziamenti sta ancora diminuendo, eppure gli investimenti dovrebbero essere un must per le imprese. Cosa sta accadendo?
Gli investimenti sono la base dello sviluppo e della creazione di valore e di ricchezza per le imprese. E questo gli imprenditori lo sanno bene: un’azienda che non investe prima o poi non solo si ferma, ma arretra. Bisogna per forza investire. A maggior ragione in questa fase di effettivo cambiamento tecnologico, che incide fortemente sui processi produttivi, le imprese hanno sempre più bisogno di investire in nuove tecnologie e in risorse umane capaci e competenti. Quindi oggi, ancora più di quanto è avvenuto nel passato, è importante farlo.

Cosa sta bloccando gli imprenditori: l’incertezza nel futuro, i conflitti in corso, la poca fiducia nell’economia mondiale, le scelte della Bce?
Siamo in un periodo incerto e problematico: all’orizzonte ci sono oggettivamente alcune nuvole che frenano gli investimenti. Ma se da un lato vi sono alcuni ostacoli all’offerta del credito, dall’altro ce ne sono anche riguardo la domanda. Partiamo dall’offerta: non c’è dubbio che con il rialzo dei tassi di interesse il costo del denaro è aumentato e, dunque, ricorrere al debito è più oneroso. E le banche mostrano un atteggiamento relativamente restrittivo perché non vogliono subire le perdite di valore che hanno subito storicamente. Poi, si assiste ad un graduale restringimento della liquidità a disposizione del sistema e, di conseguenza, degli istituti di credito. Sul lato della domanda impatta il quadro geoeconomico mondiale: il 2024 è un anno di elezioni perché fra poco sarà la volta degli Stati Uniti e poi della Germania.

Credito difficile per le Pmi

Quanto incide il rapporto tra imprese e banche nell’ottenere credito?
Per le Pmi, il rapporto con le banche è molto importante perché è il principale canale di accesso alle risorse finanziarie di terzi. In fondo, le piccole e medie imprese hanno a disposizione – soprattutto in Europa – o i soldi dello stesso imprenditore o quelli delle banche: l’accesso al mercato dei capitali, per le Pmi, è molto limitato. E per quanto si siano fatti degli sforzi - penso ai Mini Bond introdotti addirittura nel 2012 e che, da allora, hanno prodotto veramente poco se si dà un’occhiata ai dati – il rapporto con le banche è decisivo.

Come si devono orientare le imprese?
Oggi il rapporto con gli istituti di credito è cambiato: un tempo ci si relazionava direttamente con il direttore di filiale e si creavano delle relazioni personali rigorose, anche professionalmente, ma molto legate al rapporto che si era creato. Ora, se si leggono gli orientamenti EBA sul credito, che sono le norme di comportamento per le banche, si vede che il credito in generale, e quello per le Pmi in particolare, è basato su un processo standardizzato e su dati ed elementi quantitativi. Se le banche devono seguire queste regole, allora gli imprenditori – che spesso non le conoscono perché sono regole per specialisti – devono adeguarsi. Regole che implicano un approccio un po’ più quantitativo. Faccio un esempio.

Prego

Credito difficile per le Pmi

I Piani industriali: le Pmi non hanno l’abitudine a farli così come le società quotate che li redigono almeno ogni tre anni. E invece a richiedere i Piani sono le stesse regole e le banche li vogliono: se i Piani industriali sono fatti bene, e contengono anche quelle ipotesi cosiddette di scenario avverso, potrebbe essere più semplice ottenere un finanziamento. Una domanda che le banche potrebbero rivolgere ad un imprenditore è questa: se lo scenario macroeconomico peggiora, come può reagire la tua impresa? Tutto ciò va fatto: tutta questa documentazione va preparata per poter interloquire in maniera un po’ più professionale con le banche rispetto a quanto si era fatto in passato.

Criteri quantitativi ma anche qualitativi: le imprese che dimostrano di essere sostenibili hanno un accesso facilitato al credito?
Sono più che mai necessari dati, Piani finanziari numerici e la capacità di rispondere alle domande sui rischi. Cambia lo scenario: l’imprenditore come reagirebbe o come prevede di reagire di fronte agli eventuali rischi? Questo è un passaggio importante perché tutto deve essere documentato attraverso quei Piani che vengono presentati alle banche e che poi possono essere discussi con l’imprenditore. Anzi è bene discuterli, perché il contatto umano rimane fondamentale, ma deve essere fondato su analisi quantitative fatte in maniera professionale. Insomma, le imprese devono alzare il proprio livello di professionalità.

Quali sono i punti di forza sui quali deve concentrarsi l’impresa e come affrontare i punti di debolezza, magari anche con la collaborazione della banca?

Credito difficile per le Pmi

Il punto di forza delle imprese italiane è che spesso occupano posizioni importanti nelle loro nicchie e le devono saper spiegare. Le Pmi, spesso, sono caratterizzate da alcune peculiarità: c’è chi esporta e chi è nella catena produttiva del valore con qualcosa che è fondamentale per gli altri produttori. È importante raccontare il proprio punto di forza e valorizzarlo perché ogni azienda ne ha uno ed è diverso da quello delle altre realtà imprenditoriali. In questo quadro di innovazione tecnologica, le imprese dovrebbero essere brave a spiegare anche come le nuove tecnologie impattano sulla loro attività, in maniera negativa o positiva. Tendenzialmente positiva: quindi, mettere in mostra ciò che si può fare per far meglio con le nuove tecnologie. Valorizzare i propri punti di forza alla luce delle nuove tecnologie.

E il rapporto con la banca?
Complesso, perché è sempre il rapporto di una parte che può fare da consulente all’impresa (molte banche hanno questa attenzione), ma nello stesso tempo l’imprenditore non deve mai dimenticare che il suo obiettivo è quello di ottenere denaro. Quindi, si tratta di un rapporto articolato. In altri termini: l’imprenditore deve avere all’interno della propria azienda le professionalità economico-finanziarie per poter interloquire con le banche. Anche perché più la Banca vede che ha un interlocutore professionale e più tende ad essere rigorosa dal punto di vista professionale. Se lei mi chiedesse “consiglierebbe alle imprese di mettersi nelle mani delle banche?”, io le risponderei “no”. Ma perché lo si dovrebbe fare? Non lo si fa per nessun acquisto di beni o servizi e, quindi, non lo si deve fare neppure per l’acquisto del denaro. Suggerisco alle imprese di impegnarsi in percorsi formativi.

L’Intelligenza Artificiale potrebbe aiutare l’imprenditore anche nel presentarsi alle banche con una maggiore professionalità?

Credito difficile per le Pmi

La IA, effettivamente, ha delle potenzialità enormi. Può essere utilizzata in molti campi, ma è ancora difficile dire il come. Oggi, ci stiamo concentrando sulla costruzione di algoritmi fondati su grandissime basi dati, e questa è materia delle big tech. Non c'è nessuna speranza: il dominio sarà dei grandi colossi che hanno enormi capacità di investimento e hanno a disposizione enormi basi dati. Dopodiché, però, questi grandi colossi a qualcuno devono vendere la IA. E qui entrano in gioco le piccole e medie imprese, che potranno avere tool e accessi a basi dati che potranno essere molto utili. Lo sarà per le banche, che sulla IA stanno già investendo, ma anche per le Pmi che potranno avere accesso a questi algoritmi molto utili per potenziare i processi produttivi, per esempio nelle fasi commerciali. Si tratta di capire cosa vuoi acquistare e come devi utilizzare questi strumenti: questa è la fase due dello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. La IA non sarà utilizzata solo da Google e dalle Big Tech.

La Fintech come alleata o come alternativa al sistema bancario?
Entrambi i concetti: alleata e alternativa. Se guardiamo al mercato statunitense, ma anche ad alcune esperienze europee, notiamo che ci sono alcune piattaforme che fanno credito e che sono tutte online. Queste consentono di accedere al credito con processi automatizzati molto veloci. Si scarica un’applicazione e in pochi minuti puoi sapere se puoi ricevere, o meno, il denaro. Ci sono già diversi operatori attivi in questo campo, e questo costituirà un’alternativa al credito più standard. Gli investimenti, però, devono essere finanziati con il credito a lungo termine perché a questo non ci sono molte alternative: le operazioni online hanno orizzonti brevi e servono per finanziare il circolante. Gli investimenti, invece, richiedono credito stabile nel tempo e magari erogato a stato avanzamento lavori. Davide Ielmini