Gli scivoloni del superbonus: troppa burocrazia e poche case smart/l'inchiesta

Il Superbonus al 110% si muove in un’ottica di efficientamento energetico ma è debole sul fronte “smart”: la misura rischia di essere contraddittoria: ce lo spiega Fabiola Bordignon, del Politecnico di Milano

«Il Superbonus al 110% si muove in un’ottica di efficientamento energetico ma è debole sul fronte “smart”: la misura rischia di essere contraddittoria». A dirlo è Fabiola Bordignon, ricercatrice al Dipartimento di Ingegneria Gestionale (Energy Strategy Group) del Politecnico di Milano. Che, prima di affrontare il “cono d’ombra” degli investimenti digitali negli edifici, riavvolge il nastro di un’agevolazione che non è ancora decollata.

Gli italiani, infatti, ci hanno creduto; le imprese anche, ma non tutte. A sgonfiare l’esuberanza dei primi momenti, quando il Superbonus al 110% era stato annunciato come una fra le misure strategiche per il rilancio dell’economia italiana, è stato l’eccesso di burocrazia che governa anche questa agevolazione. Eccesso che si abbina alla complessità di documentazione, richieste, autorizzazioni. Tutto si riassume nell’enorme quantità di tempo richiesta: «Da un lato comuni e regioni che, a personale ridotto causa Covid, non riescono a stare al passo con la firma delle autorizzazioni (allungando quindi i tempi dell’inizio lavori) – commenta la ricercatrice - e dall’altro i mesi passati dalla pubblicazione del Decreto Rilancio in Gazzetta Ufficiale (nel maggio 2020) alla sua conversione in Legge il 17 luglio». La scarsa chiarezza ha portato all’incertezza nelle decisioni.

NIENTE DI "INTELLIGENTE"
Ma quali sono le misure assenti che rischiano di rendere “zoppo” il Superbonus? Ce lo dice la ricercatrice del Politecnico: «Il nostro gruppo si è chiesto perché alcuni interventi, che sono altrettanto importanti non solo per l’efficientamento fisico dell’edificio (cappotto, sostituzione degli impianti di climatizzazione/riscaldamento), non siano stati considerati nella misura del 110% nonostante comportino investimenti esigui. Per esempio, quelli relativi alla videosorveglianza, ai sistemi di allarme intelligenti, alle serrature che si sbloccano con le App, alle colonnine di ricarica per le auto ibride. Insomma, nel Superbonus a mancare è proprio la parte digitale della casa. L’unico intervento, ma non trainante, è la gestione dei sistemi di riscaldamento e raffrescamento in maniera efficiente». Interventi, quelli digitali, sui quali l’Università si è interrogata parlando anche di payback time, cioè degli anni che servono all’investimento per ripagarsi. Nel caso di una villetta su due livelli di 200 metri quadrati, gli investimenti sostenuti con il Superbonus rientrano in meno di 5 anni.

Una misura di questo tipo, con obiettivi di rilancio in un’ottica di efficientamento, rischia di essere debole, se non contraddittoria, proprio perché non completa sotto un punto di vista “smart”. Le ragioni ce le spiega Fabiola Bordignon: «Non aver considerato la parte digitale nel Superbonus va contro l’ottica dello smart building e smart city. Gli interventi che puntano a questi obiettivi, non come trainanti ma come trainati, sarebbero potuti rientrare in combinata nella misura». Il punto è questo: l’immobile si ristruttura per mantenerlo nel tempo e per rispettare anche l’ambiente attraverso il potenziamento del suo livello di efficientamento energetico (che è fondamentale), ma questo non basta per aprire le porte del futuro.

MEDIO MA NON LUNGO TERMINE
Sottolinea, la ricercatrice del Politecnico di Milano, che «fatto così il Superbonus è uno strumento per adeguarci sì a standard più elevati, ma in una prospettiva di medio termine». Se l’orizzonte temporale si sposa ai prossimi dieci o 20 anni, «allora c’è ancora molto da fare – commenta la Bordignon - D’altronde, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) mette a disposizione una grossa fetta di risorse da investire proprio nella digitalizzazione: industriale, terziaria e residenziale. L’Italia si sta avvicinando ai target europei, ma difficilmente riusciamo ad avere una visione di un edificio digitale nella sua vera accezione smart. Un edificio nel quale le varie piattaforme, che gestiscono separatamente tutti i diversi device della casa, parlino tra loro attraverso un sistema cablato o wireless che va dalla gestione dell’energia al comfort, dalla qualità dell’aria alla sicurezza e fino alla safety degli occupanti l’edificio». Quindi, da un lato è la conservazione e il miglioramento del parco immobiliare italiano, dall’altro è la visione futura: l’integrazione di voci e misure, all’interno di uno stesso strumento, che punti alla trasformazione di un edificio in una “casa intelligente”.

NON TUTTO FILA LISCIO
Fabiola Bordignon aggiunge, poi, che «lo scorso anno proprio il Politecnico aveva stimato una crescita di investimenti nel settore Casa, grazie al Superbonus, tra il 5 e il 7%. Da allora, tanto è cambiato: la “conditio sine qua non” dell’agevolazione è il doppio salto di classe per l’efficientamento energetico dell’edificio, ma non si arriva a questo con la semplice sostituzione dell’impianto di climatizzazione. Gli interventi sono onerosi non solo dal punto di vista pratico ma anche economico, e i tempi si allungano. Inoltre, una larga parte delle abitazioni italiane probabilmente non è del tutto a norma e questo ostacola ulteriormente l’uso massivo della misura». E’ anche per questo che si spera in una rapida digitalizzazione (1 continua).