Come resistere al virus? Niente colpe, un bagno di realtà e un pizzico di autoironia

Come resistere al virus? Niente colpe, un bagno di realtà e un pizzico di autoironia

Anche se ci si trova in una situazione in cui “non c’è niente da ridere”, bisogna provarci. A dirlo è Fabio Sbattella, docente di Psicologia dell’emergenza alla facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano. Che sottolinea quanto «in questo momento le persone migliori, come lo sono anche gli imprenditori, avvertono un maggiore senso di ansia perché sono responsabili. Però si deve capire, e bene, quali responsabilità dipendono veramente da noi e quali no. Bisogna evitare il rischio di colpevolizzarsi. Nello stesso tempo, siate realisti: con questa crisi qualche imprenditore diventerà molto più ricco di quanto lo era prima, altri diventeranno più poveri e altri ancora soccomberanno. Però nasceranno tante, nuove imprese».
 

Chi è abituato al rischio affronterà meglio il cambiamento?

Pensi all’imprenditore: la sua forma mentis lo ha abituato ad affrontare qualsiasi rischio. L’idea che le cose possano andare male è inclusa nel suo pensiero e nel suo modo di affrontare il pericolo (ansia, tristezza…). Questa idea è inclusa nella sua grandiosità. E’ per questo che la psicologia di chi fa impresa ha tutta la mia stima: strutturalmente sa affrontare la rischiosità.
 

Lei dice che serve resistenza e resilienza: bisogna tenere duro e guadare avanti?

Ma certo. Resisti, perché finché sei vivo c’è speranza. Solo così puoi tenere in piedi l’azienda: con responsabilità e fiducia. E poi la resilienza: prendersi il tempo necessario per riprendere forma. Per abbassare l’ansia e la tristezza. Questa lotta con il virus è una maratona: bisogna darsi una prospettiva temporale, e immaginare quello che si potrà fare dopo. Gli imprenditori, per come sono fatti, guardano sempre oltre, anche se non sono profeti. E poi, mi permetta, di vuole anche un po’ di delirio.
 

Non sarà troppo?

Delirio inteso come creatività. In queste situazioni, le persone che usano la fantasia se la cavano meglio. Infatti, a non reggere all’impatto con la crisi saranno i sistemi imprenditoriali dotati di protocolli precisissimi e molto dettagliati. Insomma, rigidi. Invece, questo è il momento di improvvisare. Il che non significa “fare le cose così come vengono”, ma usare al massimo la propria intelligenza. L’improvvisazione chiama la genialità: ora dobbiamo esplorare cose nuove e richiamare alla mente i colpi di reni che si sono inventati i nostri vecchi per resistere ai momenti più bui dell’economia e della produzione per poi uscirci. Sono loro a ricordarci che un futuro, dopo, c’è sempre. Bisogna concentrarsi sul presente, facendo memoria del passato, per immaginare il domani.
 

Lei, però, ha detto da subito che bisogna ridere: perché?

E’ importante un pizzico di umorismo. Però non “la buttiamo sul ridere” e non ridiamo delle sventure degli altri. L’ironia sana che abbassa l’ansia è il “prendere in giro me stesso”. L’autoironia aiuterà a cogliere i lati assurdi della nostra nuova vita, piena di contraddizioni. Pensiamo all’umorismo yiddish del popolo ebraico: questo ci aiuterà ad affrontare eventi illogici. Ma bisogna cercare di capire anche gli altri e non sottovalutare nessuno: né i clienti e neppure i concorrenti. Il topolino può salvare il leone quando finisce nella rete: è la favola di Esopo. Anche chi è piccolo, può dare un grande aiuto. Tutto sta nel sapere orientare la nostra intelligenza, e le nostre emozioni, verso la ricerca di nuove energie.
 

Sui social, lei ha proposto una sorta di “guida della resistenza” in sette punti: quali?

Il primo è che bisogna affrontare il problema: azioni rapide e sguardo lungimirante, perché tutto ciò che avevi previsto e pianificato va rivisto. Non stiamo guardando un film.
Secondo, consolidare la posizione: è importante che le persone responsabili dell’equipaggio abbiano la possibilità di resistere sul medio e lungo periodo. Procuratevi dunque le risorse e gli strumenti necessari per una permanenza in porto non breve. Fate in modo anche di avere la possibilità di uscire dalla nave e passare il comando se necessario. Come in tutte le crisi, arroccarsi troppo può essere perdente (anche se la condizione di assedio lo consiglia) e bisogna mantenere qualche grado di flessibilità.
Terzo, entra in te stesso: le risorse migliori vengono dall’interno.

 

In situazioni straordinarie non ci vogliono risorse straordinarie?

Questo è il quarto consiglio: non bisogna temere di coinvolgere persone competenti e soggetti esterni al mondo che conosci. E’ dall’esterno che viene il virus, è vero, ma è dalla stessa direzione che verranno anche i farmaci antivirali.
Quinto: mantenere uniti i ranghi perché il virus, per sua natura, divide. La forza dell’umanità è invece proprio nella capacità di comunicare, connettere, cambiare conoscenze e valori. Non lasciare che la lontananza si trasformi in steccati.
Sesto: coltiva anche visioni ottimistiche, in cui gli scenari positivi sono frutto di sviluppi onirici plausibili e non pie illusioni.

 

L’ultimo consiglio?

Non abbandoniamo chi non ce la fa. E non trascuriamo di avere gesti di solidarietà e messaggi di vicinanza a chi viene colpito duramente dal virus. Egli fa parte della squadra, come tutti.