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Covid&Co, perché in azienda non possiamo fare a meno del "piano B"

Covid&Co, perché in azienda non possiamo fare a meno del "piano B"

Il 45% delle imprese italiane non ha un piano B. Ovvero una strada da prendere nel caso qualcosa andasse storto. Certo, in azienda, come nella vita, il tempo è sempre poco, la burocrazia divora ore e nervi, ma negli ultimi anni, si è affermata una cultura del “tutto, subito e veloce”, che ha sgretolato la necessità, per un’azienda di avere una visione a lungo termine e, all’interno di questa programmazione, di prepararsi al peggio con delle alternative. Il problema è che, adesso, il “peggio”, è arrivato, si chiama Covid-19 e sarà probabilmente ancora un problema da gestire a lungo.

Quindi, o si tira fuori il piano B, C e D, oppure bisogna inventarselo in poco tempo. Altrimenti saranno guai seri. Sull’argomento, Mark Lowe, direttore di Monact Risk Assessment Services, indica il pilastro di ogni piano B aziendale: ovvero rendere più robusta la supply chain, ossia la catena di rifornimento.

«Per tanti anni – aggiunge – ci si è focalizzati per renderla veloce ed efficace, in una logica di just in time, senza stock e magazzino. Ora dobbiamo cambiare questa visione e puntare sulla resilienza. Mi spiego: l’azienda deve mappare i fornitori esteri, capire in che contesto operano e individuare eventuali criticità per poi intervenire mitigando danni, ritardi o problemi che, prima o poi, sorgono inevitabilmente».

Di certo, se si rompe un macchinario o succede qualcosa nella nazione del fornitore, bisogna avere un’alternativa per non restare fermi o a secco di risorse vitali per il lavoro aziendale. «Non si può minimamente pensare che il Covid – dice ancora Lowe – mitigherà la globalizzazione. Siamo e restiamo in un mondo globalizzato. Di conseguenza, i Paesi e le aziende dovranno effettuare delle scelte geo-politiche. Per esempio, da che parte stare? Stati Uniti, Russia o Cina? Ciò vale specialmente per le aziende tecnologiche, ma anche per molte altre. Inoltre non si può pensare soltanto di essere coperti dalle polizze assicurative, perché le compagnie chiederanno sempre più garanzie».

E, anche quella coperta, rischierà di diventare troppo corta. Di conseguenza, alla base di tutto «bisognerà avere una maggiore attenzione rispetto a quanto potrebbe succedere nei Paesi e nelle nazioni confinanti o fornitori, per prevenire le difficoltà». Per esempio: «Se un materiale essenziale mi arriva ogni tre giorni, non ci si può permettere che le tempistiche quadruplichino. Si deve avere un fornitore di logistica che garantisca un piano B e C. La diversificazione è fondamentale e in gioco c’è il futuro e della competitività dell’azienda. Ci si deve rendere conto che quanto accade nel più remoto angolo del mondo, come avvenuto col Covid, può avere effetti devastanti anche a miglia di chilometri di distanza.

E ancora: «Bisognerà migliorare la tutela dei segreti aziendali. È un argomento – spiega ancora il direttore di Monact Risk Assessment Services - che in Italia non è, purtroppo, fonte di grande preoccupazione. Ma ricordiamoci che buona parte del valore di un’azienda è la proprietà intellettuale. Non parlo soltanto dei brevetti, ma anche di dettagli tecnici e di informazioni commerciali, dati preziosissimi da custodire con la massima sicurezza. Di più: lo Stato dovrebbe essere il primo difensore rispetto allo spionaggio industriale, un fenomeno che sarà ulteriormente accentuato e da cui bisogna assolutamente difendersi”.