Incentivi, agevolazioni, meno costi fissi e il "voto del portafoglio": così le Pmi faranno la rivoluzione green
L'analisi di Leonardo Becchetti in previsione della svolta ecologica a misura di Pmi: «Il grosso della transizione passerà attraverso gli investimenti delle imprese e dunque vanno agevolati quelli che migliorano gli indicatori ambientali (emissioni, impatto sulla biodiversità, ecc.). Va fatta inoltre una riforma ai meccanismi d’incentivo

Transizione ecologica: la sfida per le Pmi per non diventare le “piccole Ilva” dell'Italia no-green. L’obiettivo di zero emissioni del sistema produttivo per mantenere efficienza e competitività coinvolge anche le Piccole e Medie Imprese. Il rapporto pubblicato dell’agenzia internazionale per l’energia - "Net zero by 2050" – ha un calendario per azzerare le emissioni nette di Co2 e per contenere entro gli 1,5 gradi l’aumento della temperatura media globale rispetto ai livelli pre industriali.
«Il mondo della transizione ecologica vedrà la necessità di misurare con nuovi indicatori (carbon footprint, water footprint, indicatori di impatto della propria attività su biodiversità e qualità dell’aria) la sostenibilità ambientale delle imprese» spiega Leonardo Becchetti, Ordinario di Economia Politica all’Università di Roma “Tor Vergata”, editorialista e direttore scientifico della Fondazione Grandi.
«Saranno necessarie valutazioni di enti terzi e certificazioni. La richiesta è prevalentemente verso le grandi imprese (dove sopra i 500 addetti la rendicontazione non finanziaria è già obbligatoria)». Se il 2050 sembra lontano, i passi intermedi sono molto vicini.
Addio entro il 4 anni (nel 2025) alle caldaie alimentate da fonti fossili e entro 5 dovrà essere raggiunto il traguardo del 60% di automobili elettriche vendute (entro il 2035 il 50% nelle vendite di camion).
Il 2040 dovrebbe vedere l’edilizia, da sempre motore dell’economia italiana, rendere il 50% degli edifici esistenti efficiente e a emissioni zero e il 50% degli impianti di riscaldamento che dovrebbe funzionare a pompe di calore.
La strada da intraprendere è chiara, ma serve una mappa che porti le industrie verso la generazione di energia sostenibile, senza mettere in crisi il proprio futuro.
«Poiché alle grandi imprese – prosegue Becchetti - si chiederà la sostenibilità e la coerenza con la transizione ecologica lungo tutta la filiera tutti questi requisiti arriveranno a cascata sulle imprese medio-piccole che lavorano in filiera con le grandi. La questione fondamentale su cui stiamo già lavorando è come evitare che tutto questo crei costi fissi insostenibili per le aziende di piccole dimensioni. Con la rete di 46 organizzazioni della società civile Next abbiamo costruito sistemi di autovalutazione partecipata che abbassano sensibilmente questi costi e che possono essere utilizzati e riconosciuti alternativamente. La sfida c’è e va affrontata».
Incentivare il cambio degli stili di vita
Le istituzioni avranno un ruolo essenziale. «Devono incentivare i cambiamenti di stili di vita e delle modalità produttive rispettivamente di famiglie e imprese per rendere il tutto coerente con la transizione ecologica». Fondamentale da questo punto di vista il sistema di incentivi ed agevolazioni.
«Faccio alcuni esempi. La tariffa puntuale per la raccolta dei rifiuti dove “paghi quello che getti” incentiva la riduzione dell’indifferenziata. Il grosso della transizione passerà attraverso gli investimenti delle imprese e dunque vanno agevolati quelli che migliorano sensibilmente gli indicatori ambientali (emissioni, impatto sulla biodiversità, ecc.). Va fatta inoltre quanto prima una riforma ai meccanismi d’incentivo (bonus, premi di produzione) che non considerano indicatori sociali ed ambientali. Se continuiamo a premiare imprenditori o aziende che aumentano profitti e produttività facendo crescere incidenti sul lavoro e emissioni di Co2 stiamo dando il segnale sbagliato. Puoi ricevere un premio solo se aumenti profitto e produttività migliorando anche gli indicatori ambientali e sociali. E questo non solo per il bene del pianeta ma anche per quello della tua azienda che prima o poi rischia di andare a sbattere e di diventare un piccolo o grande caso Ilva se non imbocca il sentiero della transizione».
Se non cambi rischi di diventare un piccolo caso Ilva
I meccanismi esistenti per proteggere l’industria UE dalla concorrenza non bastano. «Bisogna fare un passo avanti fondamentale introducendo una Border carbon tax che impedisce ad aziende che producono in paesi con standard ambientali meno severi dei nostri di fare dumping ambientale. È un tassello essenziale».
Non è solo la mentalità dell’imprenditore a dover cambiare, ma sarà importantissimo anche il comportamento di consumatori e risparmiatori. «Devono “votare col loro portafoglio” per premiare le aziende leader nella transizione ecologica. In finanza sta già avvenendo per meccanismi spontanei di mercato, perché fondi d’investimento e finanziatori si sono accorti che, a parità di tutto il resto, le aziende sul sentiero della transizione sono più sostenibili nel medio termine e meno rischiose. I cittadini devono dare anche loro un contributo crescente».