«Valorizziamo la tecnologia, sfruttiamo la lettura dei dati, restiamo umani». Un item con esempi concreti che scorre via che è un piacere e che rappresenta davvero qualcosa di nuovo: le domande, dopo un adeguato briefing, sono state elaborate direttamente da ChatGpt, programma sviluppato da OpenAI specializzato nella conversazione con un utente umano, basato sull’intelligenza artificiale.
“L'intelligenza artificiale in azienda. Come cambiano business e lavoro” è l’ultimo item di Confartigianato – Imprese territorio.
Premessa: «Ci si domanda spesso come sarà il lavoro in azienda quando l'intelligenza artificiale vi entrerà di pieno diritto. E ci si domanda anche quali siano, ad oggi, le reali potenzialità di applicazioni quali ChatGPT, delle quali tanto si parla ma poco, in fondo, si conosce davvero». A rispondere Massimo Chiriatti, Chief Technical & Innovation Officer e Andrea Boscaro, partner The Vortex. ChatGPT è spiegata con un agile esempio proprio da Boscaro, durante la diretta.
«Il tema – esordisce Chiriatti – sta affascinando e coinvolgendo tutti. Avrà un futuro, avrà una disciplina che ci aiuta a vedere i passi e i dati che abbiamo lasciato nel passato: usando il computer prevediamo i passi futuri. Non amo il termine “intelligenza artificiale” perché non sono le macchine ad esserlo, ma le persone che le usano, tenendo conto che senza i dati non faremmo nulla. Faccio l’esempio banale della calcolatrice: siamo noi a dover capire quali regole inserire nella macchina per farle eseguire. Con l’intelligenza artificiale estrai modelli dai dati per ottenere previsioni statistiche, le quali consigliano all’imprenditore come operare. La macchina può sbagliare correlando dati senza correlazione (correlazioni spurie), e suggerendo azioni in realtà dannose. Noi possiamo e dobbiamo accorgercene, nel caso».
«Sono un piccolo imprenditore – ha aggiunto Boscaro – e affermo come l’affidarsi a strumenti come ChatGPT, rischia di banalizzare la propria attività di comunicazione. L'intelligenza artificiale ad ogni modo permettere di cogliere opportunità che si pensava richiedessero troppi investimenti: è una questione di allargamento delle possibilità. Moltissime aziende nel nostro territorio, soprattutto piccole o medie, cercano di affrontare il mondo dei mercati internazionali, ma costa troppo tradurre il sito in lingue diverse dall'inglese. ChatGPT permette di immaginare di farlo, e di predisporre un semilavorato che consenta di contestualizzare meglio. Ciascuno di noi può introdurre l'intelligenza artificiale nelle attività di tutti i giorni. Se ben usata, non svalorizza l'apporto umano, ma lo rende convincente».
Si tratta di un argomento in continua evoluzione. Questo stesso testo tra alcuni mesi potrebbe già essere obsoleto. Come ha specificato Chiriatti, si lavora per avere l’intelligenza artificiale sempre più su misura su due macrosettori, parole e numeri. «Un esempio: prima le traduzioni erano con un modello. “Gatto” veniva reso come “cat”, ma spesso il linguaggio era troppo ambiguo e le traduzioni fatte bene, costose. Oggi si parte dai dati: l’Ia guarda i testi tradotti, tira fuori correlazioni, vede cosa si può fare. Agli imprenditori serve inoltre un algoritmo che analizza i dati lì dove si producono, tenendo conto che anche la più piccola impresa crea una mole di dati. La macchina suggerisce dei risultati. Non un verdetto inappellabile, ma aiuta nelle decisioni». Secondo Boscaro, proprio ChatGPT è un buon programma perché contano le domande dirette, non le risposte.
Se si comprende il rapporto tra essere umano e macchina, cioè come sfruttarle al meglio (esattamente come la matita: non scrive da sola, bisogna saperla maneggiare) allora migliora la produttività aziendale e di conseguenza anche i servizi e la competitività, tenendo conto che i clienti apprezzano sempre l’etica e il servizio fornito con valori umani. «Non c'è, infatti – così Boscaro – conflitto tra tecnologie e rapporti umani. Se uno ha poca esperienza nel settore in cui opera, da ChatGPT porta a casa pochissimo perché non sa formulare le domande nel modo giusto. Uno può avere anche competenza nel proprio lavoro ma fare domande banali. Quindi un giusto mix di queste qualità fa la differenza, migliora il risultato e riduce i tempi. Le aziende devono trasmettere un insieme tra umanità e macchina, ma i capi devono introdurre queste nuove tecnologie al personale dopo averle sedimentate nel direttivo, tenendo conto che spesso non sono ancora aggiornate esse stesse su questioni delicate come il diritto d’autore».
Ma in che modo l'Ia potrebbe avere un impatto sul futuro della produzione, la logistica e la distribuzione di beni e servizi, e come potrebbe influire sulla catena di fornitura? Chiriatti: «Nessuno ha la sfera di cristallo, ma si può guardare alla storia recente. Internet, da metà anni ‘90, ha aiutato enormemente nel settore della distribuzione. L’Ia agevola nel ridurre i costi delle previsioni: l’analisi dei dati costa molto meno rispetto al passato. Bisogna investire in formazione, anche se il risultato lo avranno i posteri. Si deve lavorare in un clima multidisciplinare, anche aziendale. Infine, i risultati dell'algoritmo vogliono anche una visione umanistica. Occorrono economisti, eticisti, filosofi, quando il risultato viene applicato a una platea grande».
L’uso dell’intelligenza artificiale può quindi migliorare la produttività personale (si pensi a una macchina che possa sbobinare i lunghi audio al posto nostro) rielaborando anche testi e volgendoli sotto forma di domande e risposte esplicite, e aiutare lo sviluppo informatico stesso. Conclude Chiriatti: «Questo sistema è positivo se investiamo in tecnologie e formazione, nelle persone che devono lavorare sui dati, sui processi, sui prodotti. Dobbiamo lasciare che la macchina faccia la macchina. Noi dobbiamo portare avanti relazioni umane, guardarci negli occhi: lì non possiamo essere sostituiti. Alle macchine lasciamo i dati».