Credito per le imprese: la liquidità per ora c'è, ma mancano gli investimenti. E il futuro è un'incognita

Le imprese non stanno programmando i processi di trasformazione fondamentali per rimborsare il debito contratto con le banche nel 2020. E questo perché hanno paura e regna l’incertezza. Il che produce anche l'immobilizzazione dei capitali

La liquidità c’è. A volte le imprese ne hanno ottenuta più di quanta ne servisse. Anzi, Fabio Pantini – consulente di Qui Credito – sottolinea che «nei primi due mesi del 2021, il mercato è stato drogato di liquidità. Il problema è un altro: le imprese non stanno programmando tutti quei processi di trasformazione che permetterebbero loro di rimborsare serenamente il debito contratto con le banche nel 2020. E questo perché hanno paura, regna l’incertezza (l’andamento altalenante dei contagi, lo stop&go delle restrizioni del Governo…) e il futuro è del tutto imprevedibile».

COME UTILIZZARE LA LIQUIDITA’?
Però, la soluzione di questa “inattività” sta proprio nel capire come utilizzare la scorta di denaro contante che, se da un lato deve tamponare una situazione emorragica di risorse, dall’altro può funzionare come trampolino di lancio per una riorganizzazione aziendale che si apre al futuro. Bisogna fare pratica di realismo per entrare nelle dinamiche del momento: anche in piena pandemia, ci sono imprese proattive in espansione e proattive avanzate, imprese proattive in sofferenza, statiche ma resilienti, statiche e in crisi. E’ il ritratto proposto dall’Istat, mesi fa, attraverso la sua divisione del tessuto imprenditoriale italiano in cinque categorie basate sulla reazione alla crisi economica.

VOLA LA RICHIESTA DI CONSULENZE E PROBLEM SOLVING
Crisi che ha portato verso l’abisso la propensione agli investimenti da parte delle aziende votate ad una richiesta di liquidità che, secondo l’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese e la sua analisi basata sulle interviste ad un panel di esperti, serve ad altro: per arginare i problemi causati dai ritardi nei pagamenti da privati (lo dice il 78% degli intervistati), i mancati incassi per la caduta del fatturato (75%), i ritardi dei pagamenti ordinari tra imprese (64%) e le criticità del cash flow (62%). La maggiore richiesta da parte degli imprenditori non va, però, nella direzione del contante (liquidità per scorte e capitale circolante è evidenziato dal 55% degli intervistati) ma della consulenza mirata: lo dice il 69% del panel. Dunque, consigli e problem solving per superare il momento attraverso un uso consapevole e bilanciato delle risorse. Le richieste per la moratoria sono indicate dal 35% del campione, mentre quelle per rifinanziamento e ristrutturazione del debito dal 34%. All’opposto, le richieste delle imprese con una frequenza al di sotto del normale, segnalate da sei esperti su dieci, riguardano gli investimenti (62%).

PMI: CAPITALIZZARSI PER COSTRUIRE UN PONTE CON LE BANCHE
Insomma, chi ha ottenuto liquidità se la tiene in pancia. Banca d’Italia lo ha comunicato pochi giorni fa: quella parcheggiata sui conti correnti delle imprese è aumentata di 83 miliardi. Fabio Pantini commenta il fenomeno: «Le aziende che hanno chiesto i finanziamenti al governo sono di due categorie: la A, che ha ottenuto 100 ma che avrebbe avuto bisogno solo di 50 e le aziende B, che avrebbero avuto bisogno di 100 ma si sono portate a casa solo 30, 50 o 70. A questo punto bisogna chiedersi come affrontare il futuro puntando alla soluzione di un problema che attanaglia da sempre le piccole imprese: la sottocapitalizzazione. Lavorare su questo fronte significa costruire un ponte con le banche, perché l’azienda che dispone di capitali risulta solvibile e, attraverso bilanci, rendiconti e model business canvas, dimostra di potere rendere il credito che le viene concesso. Certo, la pandemia ha amplificato il problema in modo marcato».

Nonostante i dati diffusi dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese registrino una situazione drammatica: nei prossimi mesi il 33,9% delle micro e piccole imprese potrebbe subire seri problemi di liquidità fino a giugno 2021. Il panel di esperti di Confartigianato dice che il 21% delle aziende sarà soggetto a rischi operativi e avrà difficoltà nel proseguire l'attività.

E’ IL MOMENTO GIUSTO PER RIORGANIZZARSI E CAMBIARE PROSPETTIVA
Dunque, le imprese sono divise dai problemi ma anche da una grande voglia di reazione. Pantini pensa, soprattutto, alle aziende della categoria B che «dovrebbero chiedersi perché non sono riuscite ad ottenere quello di cui avrebbero avuto necessità. E una volta che lo hanno capito, dovrebbero mettersi in moto per cercare di modificare la propria struttura (guadando anche a nuovi modelli di business), potenziare e riaggiornare le proprie competenze, mettere mano alla propria struttura finanziaria e ai costi delle risorse. L’impresa non deve essere un bancomat, ma un fondo al quale attingere nei momenti più critici per fare lo scatto competitivo necessario».

TANTA LIQUIDITA’ E POCHI INVESTIMENTI: ESPLODERANNO GLI INSOLUTI?
Lo stesso servizio Credito di Confartigianato Varese, durante il 2020, ha intermediato operazioni di liquidità «in modo massivo» (35 milioni di euro, nelle varie forme, su 600 operazioni; +52% in un solo anno), sottolinea il consulente, e tutte a valere sui decreti governativi che avevano lo scopo di tamponare le esigenze di carenza di liquidità del momento.

Ora, le aziende stanno beneficiando del preammortamento di 12 o 24 mesi, ma giunte al termine del prestito dovranno rimborsare la quota capitale: «Questo lasso di tempo deve essere usato per riagganciarsi al sistema economico e riprendere quei lavori che porteranno risorse per onorare anche il proprio debito», prosegue Pantini. Non è facile, anche perché fino al 30 giugno 2021 una buona quota di imprese potrà fare leva ancora sul blocco delle rate dei finanziamenti e delle quote degli affidamenti, ma poi tutto dovrà rientrare e sulla carta ci sono grandi punti di domanda. Una su tutte: «Esploderanno gli insoluti?».