Gestire il rischio in azienda: regole e consigli per il credito

È importante dimostrare alle banche la capacità di programmare, fare previsioni, sostenere le proprie visioni, discutere e contrattare. Ma come si gestisce il rischio in azienda?

Gestione del rischio in azienda

Rischio di credito, rischio di mercato, rischio finanziario, rischio puro: per le imprese, anche di piccola dimensione, è sempre più importante dimostrare alle banche la capacità di programmare, fare previsioni, sostenere le proprie visioni, discutere e contrattare. Ma come si gestisce il rischio in azienda? Quali sono gli strumenti che mettono al sicuro gli imprenditori? Quali i documenti richiesti dalla banca per facilitare la concessione di un finanziamento?
Lo abbiamo chiesto a Loris Lino Maria Nadotti, professore di Economia degli Intermediari Finanziari e Finanza aziendale all’Università degli Studi di Perugia. Che alle imprese dà un primo consiglio: «La gestione dei rischi non è un’attività secondaria, o subordinata, alla gestione degli aspetti amministrativi o fiscali. E il risk manager non può essere l’amministrativo di turno».

Professore, quali sono i rischi imprenditoriali che le banche temono di più?
I rischi si dividono in due categorie: quelli puri (o assicurabili) e quelli finanziari. Partiamo dai primi: è recente l’obbligo per le imprese di stipulare polizze assicurative contro i rischi di catastrofe. Per le aziende si tratta di un costo netto, e se non saranno coperte contro gli eventi climatici non riceveranno alcun aiuto. I secondi si riferiscono ai rischi di mercato e interessano chiunque acquisti titoli, merci e tutti quei beni soggetti agli effetti delle oscillazioni dei prezzi o dei tassi di interesse. Quando parliamo di rischi finanziari pensiamo sempre ad una minaccia, ma se da un lato possono arrecare danni, dall’altro possono portare anche vantaggi e trasformarsi in una fonte di reddito aggiuntiva. Se un’impresa, per esempio, ha in portafoglio alcuni titoli e i tassi di interesse – per diverse ragioni – calano, questi titoli, se obbligazionari, aumenteranno il proprio valore. Altro esempio: mettiamo che un’azienda da tempo abbia stoccato in magazzino del petrolio acquistandolo ad un prezzo vantaggioso. Se il prezzo del bene aumenterà, quell’azienda beneficerà di alcune plusvalenze. Se, invece, verrà immesso sul mercato ad un prezzo inferiore rispetto a quello contrattato, l’investimento si svaluterà: questo è l’effetto negativo del rischio.

Gestione del rischio in azienda

Cosa possono fare le imprese per tenere sotto controllo i rischi?
Le imprese all’avanguardia e particolarmente lungimiranti si affidano al risk manager. È bene chiarire che non si tratta dell’amministrativo di turno, ma di un soggetto che è in grado di monitorare tutte quelle voci che sono iscritte nello stato patrimoniale di un’azienda e che, generalmente, generano rischi finanziari. Prima di tutto, però, bisogna avere una certa consapevolezza di cosa è e genera il rischio. Ai miei studenti dico sempre che i rischi sono come le forze nella fisica: non si possono annullare, ma solo trasferire o trasformare. Alcuni esempi: il contratto di assicurazione trasferisce il rischio da chi lo sottoscrive alla compagnia. I contratti derivati (future, contratti a termine) venivano già usati dalle Repubbliche Marinare per cautelarsi contro i rischi (oscillazioni di prezzo) che avrebbero potuto colpire le merci in viaggio da un paese all’altro. Stesso discorso per le opzioni: con queste si può bloccare il prezzo di un bene e mettersi al riparo da eventuali variazioni al rialzo. I derivati possono interessare merci, titoli ma anche cambi: pensiamo alle imprese che lavorano molto sui mercati esteri. In tutto questo, la consulenza delle banche dovrebbe essere maggiore e di maggiore qualità. Ma questi sono servizi che potrebbero fornire anche le associazioni di categoria e i Consorzi fidi che, ad oggi, si concentrano ancora su prestiti e garanzie di piccole entità che non sempre sono la giusta soluzione per determinate situazioni.
 

Gestione del rischio in azienda

Per affrontare meglio i rischi anche le imprese devono cambiare?
Le imprese italiane soffrono di nanismo, ed essere piccole non permette loro di adottare le tecniche di gestione più avanzate. Migliorare la gestione dei rischi è un modo per abituare le aziende a crescere e svilupparsi nel modo migliore. Ma bisogna partire dalle basi, perché nel nostro Paese il livello di cultura finanziaria è scarso e mancano addirittura alcune nozioni spicciole: per esempio conoscere la differenza tra interesse semplice e composto. Per gestire meglio il rischio bisognerebbe almeno sapere che è bene frazionare e diversificare il proprio portafoglio di investimento. Ma, soprattutto, gli imprenditori devono capire che la gestione dei rischi non è un’attività secondaria, o subordinata, alla gestione degli aspetti amministrativi o fiscali. Anche quando si parla di una piccola impresa, la funzione finanziaria ha una sua dignità e un suo ruolo. In caso contrario, si rischia di dover affrontare i problemi finanziari quando ormai si sono già manifestati in azienda.

Quali sono i documenti che l’impresa deve consegnare alla banca per dimostrare di poter tenere sotto controllo i rischi?
Consiglio agli imprenditori di presentarsi con un business plan (quando si tratta di start up) e, in tutti gli altri casi, di dimostrare la propria capacità nella definizione dei piani finanziari. Nel momento in cui deve decidere se concedere credito o meno, la banca vuole capire se il cliente sarà in grado di restituire il prestito entro pochi anni. Allora è fondamentale che l’impresa si presenti con una programmazione sia a breve che a lungo termine, non più di due o tre anni, e con elementi reali che sostengano le sue richieste - nuovi clienti, nuovi mercati, nuovi prodotti, nuove commesse, nuovi investimenti – indicando nella programmazione anche i margini di errore. Un altro consiglio: formulare le previsioni e non lavorare alla giornata. Quest’ultimo atteggiamento aumenta la percezione del rischio da parte dell’istituto di credito e porta al pagamento di interessi più alti. Il rischio percepito, infatti, è un indicatore che si mette direttamente in relazione con i costi che la banca farà pagare al cliente per l’erogazione del prestito. Da un lato programmare, e dall’altro saper

discutere i propri piani e progetti con la banca: l’impresa, a volte, si sente debole di fronte all’istituto e accetta passivamente le sue condizioni. Invece, tanto conta la capacità di contrattazione. Magari facendosi affiancare dai consulenti della propria associazione di categoria.

Gestione del rischio in azienda

Sul fronte delle banche, quali sono i rischi?
Per le banche non c’è solo il mancato rimborso di un prestito da parte di un’impresa, per l’appunto il rischio di credito, ma anche rischi di carattere finanziario, e non. Per esempio, i rischi di mercato. Che sono quelli che spaventano di più gli istituti di credito perché derivano dalle oscillazioni di prezzo degli asset che le banche hanno in portafoglio, anche titoli azionari e obbligazionari che sono sensibili alle variazioni dei tassi di interesse. Basta poco affinché tutti gli asset si svalutino. Poi, ci sono i rischi di tipo sistemico, cioè quella quota di rischio che non può essere eliminata diversificando il portafoglio di investimento.

Come si devono comportare le banche?
Le cautele adottate dagli istituti di credito derivano dall’esistenza di politiche di investimento che li inducono a navigare a vista. Questa, in generale, è una cattiva abitudine dettata dai tempi moderni nei quali le programmazioni a medio e lungo termine vengono spesso dimenticate. Lo stesso clima geopolitico è aleatorio e oscillante. Dunque: parlare di rischi sul fronte delle banche non significa solo fare riferimento ai rischi legati a quella che, una volta, era l’attività prevalente degli istituti – concedere prestiti – ma fare riferimento anche ai rischi di mercato. Rispetto ai tempi passati, i rischi sono aumentati per tutti. E Basilea tende a tenerli in considerazione obbligando le banche a capitalizzarsi. Davide Ielmini