Il clima con gli occhi dell'impresa
In almeno tre ambiti le mutazioni climatiche cambieranno le imprese. Come affrontare questi cambiamenti?

Dallo spessore e dalla costituzione istologica degli anelli di un albero, anche secolare, è possibile comprendere le condizioni ecologiche in cui ha vissuto. Il caldo o il freddo, l’umidità o la siccità, i tempi più o meno favorevoli. I suoi anelli ci parlano dunque del clima dal punto di vista dell’albero.
Ma tra cento anni, come verrà letto il clima di oggi con gli occhi dell’impresa?
UN PUNTO DI VISTA ALTERNATIVO
Quando si mettono in correlazioni gli anelli degli alberi e le loro caratteristiche accumulandone i dati di una particolare specie o zona, per un lasso di tempo stabilito, si arriva a definire l’andamento del clima in una data epoca storica.
Tra cento anni potremo forse fare lo stesso con le impronte lasciate dal clima su un gruppo di imprese, ed arriveremmo molto probabilmente agli stessi risultati: attraverso gli effetti diffusi su una serie di elementi interni ed esterni, scopriremo che il clima di oggi “era cambiato”.
Vedremo molte regolarità ed altrettante anomalie.
Scopriremo eventi isolati ma anche tendenze in crescita.
Ma per farlo dobbiamo togliere per un momento le lenti a cui siamo più abituali, quelle vegetali e animali e geologiche, e senza aspettare il futuro dovremmo indossare le lenti aziendali, quelle di un’organizzazione, scoprendo, appunto, che da ogni punto di vista il clima è già uno solo e manda segnali univoci.
Vedremmo che fa parte di quelle mega tendenze globali e lunghe che coinvolgono ogni cosa del pianeta, e che per ora ha causato, per il quarto anno consecutivo – nel 2023 – una cifra di sinistri assicurativi superiore ai 100 miliardi annui.
Infatti, pur osservate da un punto di vista alternativo, nel 2024 le inondazioni, le tempeste ed i terremoti hanno portato il peso economico del clima a ben 120 miliardi di dollari, ed hanno fatto toccare all’Italia il picco estremo di danni assicurati in un anno a 5,5 miliardi di euro.

STIMOLI CLIMATICI
Se il clima è perciò un contraente sempre più importante anche per l’impresa, come è possibile individuarne i comportamenti? Come si può iniziare a comprenderlo e poi gradualmente adattarvisi per dare continuità alle nostre attività economiche ed organizzative?
È questo il passaggio più complesso, perché ha modalità di manifestarsi diverse, continue e discontinue.
Difatti notiamo con evidenza i suoi stimoli improvvisi ed eccezionali, come un’alluvione o un uragano, una frana o uno smottamento, un’esondazione oppure una tempesta. Questi eventi estremi, in Italia, dall’inizio dell’anno al 15 settembre 2024, sono già stati 1.899.
Con qualche difficoltà in più riusciamo poi a visualizzare i suoi stimoli lunghi, quelle tendenze connesse alla siccità o all’innalzamento delle temperature, per cui dobbiamo servirci di una lettura continua facendo ricorso a statistiche o calcoli prolungati.
Inoltre, la frequenza, l’intensità e gli impatti negativi di questi stimoli cambiano in peggio, tanto che secondo il Global Risk Report 2024 del World Economic Forum, nei prossimi anni gli eventi metereologici estremi saranno il principale rischio globale a lungo termine. Con un peso sul PIL globale di 39 trilioni di dollari.
Pesando tutti questi impatti con una dovuta semplificazione, e raggruppandone gli effetti su cose e risorse, persone ed impianti, spazi e luoghi, troveremmo appunto tre ambiti in cui le mutazioni climatiche cambieranno le imprese.

IMPATTO SULLE COSE E LE RISORSE
Per cominciare a concretizzare queste valutazioni, prima di tutto si può fare l’esercizio pratico di spacchettare questo impatto sulle cose dell’impresa. Dove il clima incide materialmente? Dove c’è bisogno di prevenzione, protezione, adattamento?
L’elenco potrebbe essere lungo, ma comincia con:
- il magazzino delle scorte di prodotti finiti;
- i semilavorati;
- i negozi e le merci in esposizione…
Ma riguarda anche le risorse quali:
- le fonti energetiche utilizzate o stoccate;
- l’acqua e i suoi canali di approvvigionamento;
- il denaro, i risparmi e gli investimenti in contesti “climatologicamente” sensibili…
Per ognuna di queste voci ci sono dietro l’angolo rischi improvvisi ma anche costi ormai certi e probabilmente crescenti. Pensiamo infatti che tra il 2013 ed il 2022 gli eventi metereologici hanno causato in Italia più di 50 miliardi di euro di danni.

INFLUENZA SU CHI LAVORA E SUGLI IMPIANTI
C’è poi un impatto diretto sulle persone che lavorano ed anche sulle strutture tecniche.
L’impatto del cambiamento del clima è avvertito anche su ciò che l’impresa utilizza per lavorare, come gli impianti – ma anche un campo – sulle attrezzature e sugli strumenti abituali con cui si trasformano le materie prime in prodotti da vendere, oggi influenzati ed influenzabili da temperature e meteo, per esempio.
Caldo, freddo, eventi estremi incidono drasticamente sulla logistica di ogni tipo, che riguardi il far entrare o uscire i prodotti e le merci, oppure il far entrare, uscire e sostare e lavorare le persone in azienda, che si tratti di un ufficio o un semplice parcheggio dove un albero caduto può distruggere un camion o ferire il personale.
INFLUENZA SUI TEMPI E GLI SPAZI
Già vista con l’esperienza della pandemia, c’è poi un’influenza sui tempi e gli spazi di ogni organizzazione.
Meno drastico ma comunque invadente, c’è l’impatto del clima sui luoghi di lavoro, interni od esterni, che possono diventare invivibili o impraticabili a causa del freddo o del caldo che superano una soglia umana di sopportabilità adatta al lavoro.
Per molte imprese questo impatto si traduce anche nell’insicurezza di un luogo, e può spingerla a spostarsi.
Le stagioni più lunghe o più corte, prima vincolo esclusivo per l’abbigliamento, sono ora un limite incidente sui tempi di lavoro quotidiani, sui periodi di vacanze o gli orari, sempre vincolati dalle temperature e dall’umidità.
La conseguenza nuova riguarda il perimetro d’azione dell’impresa: il rapporto tra territorio economico e territorio geografico cambia. I limiti cambiano, e non solo per chi vuole coltivare le mele o raccogliere l’uva, quindi sul prodotto.
Ma anche per chi ha personale all’aperto e segue quindi con preoccupazione la stagione termica.

APPROCCIO ADATTIVO
Il primo spunto per un riassestamento presente e futuro è allora la mentalità con cui si affrontano il clima e le sue mutevolezze. Sarà bene passare dal concetto di impatto a quello di influenza, per gestirlo con un approccio adattivo e non passivo.
Seguiranno sicuramente molti altri spunti, che coinvolgeranno perfino l’intelligenza artificiale, le capacità predittive e tutte le tecnologie di frontiera. Ma questa prima postura ci aiuterà ad acquisire consapevolezza ed a tradurla in azioni abituali, come:
- la misurazione costante e l’abitudine ad osservare i dati e le informazioni;
- la comprensione e la gestione dei rischi che si possono evitare, con le azioni conseguenti (pianificazione e preparazione);
- la comprensione di quelli non prevedibili, gestibili o evitabili, quindi la loro tutela e limitazione (assicurazione).
Per una volta la celebre frase di Philip Kotler “vi sono due tipi di imprese: quelle che cambiano e quelle che scompaiono” sarà da prendere alla lettera.
Antonio Belloni
Coordinatore Centro Studi Imprese Territorio