In una terra di “vecchi” cala l’inverno sul rischio d’impresa

Abbiamo sentito uno dei massimi esperti italiani e internazionali di demografia, il professor Massimo Livi Bacci, che commenta: «Una società “più vecchia” soffre, a paragone di una società “più giovane”, di minore produttività e minore innovazione»

Demografia

Le quasi sterminate famiglie in bianco e nero, i nonni con baffoni, le nonne col fazzoletto annodato testa e le giovani coppie circondate da un nugolo di bambini in calzoncini anche col freddo: è solo ieri che le istantanee custodite negli album, con foto di mille formati e spesso datate a penna nel retro, ci parlavano di un Paese proiettato verso il futuro grazie ad uno degli elementi che secondo la scienza politica costituiscono lo Stato, vale a dire i cittadini (gli altri due sono sovranità e territorio).

Oggi nonostante guerre, pandemie e crisi economiche, il panorama di un benessere diffuso possibile, corroborato da diritti e condizioni medico sanitarie accettabili e universalmente garantite, rischia di infrangersi in un ritratto di famiglia difficile da mettere insieme, e che si concreta in due parole: inverno demografico.

Siamo sempre meno e dobbiamo fare i conti con stravolgimenti legati proprio alla carenza delle nascite che in futuro comporteranno cambiamenti legati al modo di vivere e di lavorare. Un tema complesso da affrontare e non è un caso se abbiamo scelto di fare il punto col senatore Massimo Livi Bacci, professore di Demografia alla Scuola di Scienze Politiche "Cesare Alfieri", Università di Firenze e Dipartimento di Statistica, Informatica, Applicazioni "Giuseppe Parenti”, considerato uno dei principali esperti del tema in Italia e a livello internazionale. 

Professore, negli ultimi rapporti Istat sulla demografia si legge che attorno alla metà di questo secolo i decessi potrebbero doppiare le nascite: da dove si deve partire per arrivare alle radici di questo squilibrio?

Partiamo dagli anni ’70, quando il numero delle nascite ha cominciato a flettere, scendendo durante gli anni ’80 sotto il livello di rimpiazzo – cioè quel numero medio di figli per donna attorno a 2 che permette a una popolazione di conservare la sua numerosità e a ogni generazione di essere rimpiazzata da un ugual numero di discendenti. Il numero assoluto delle nascite è sceso così da 900mila all’inizio degli anni ’70, a meno di 400mila nel 2022. E questa è la ragione per la quale ci troviamo, e ci troveremo, con un basso numero di giovani e giovanissimi. Ma allo stesso tempo sono entrate nelle età anziane le generazioni molto numerose nate tra gli anni ’30 e gli anni ’60, che per il forte aumento della longevità campano a lungo, affollando le classi di età più vecchie. Questo fenomeno, che continuerà ancora a lungo, determina una crescita dei decessi (benché si campi a lungo, non si è eterni), ma anche un basso numero di nascite perché i giovani adulti sono pochi, e limitano fortemente la propria discendenza.

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Quali riflessi produce questa situazione sotto il profilo economico?

L’aritmetica ci dice che cresce il rapporto tra le generazioni che percepiscono trasferimenti dal sistema pubblico sotto forma di pensioni e di assistenza sociale, di servizi e soprattutto di sanità – e le generazioni che producono reddito e alimentano le casse dello Stato con i loro contributi. Il buon senso, corroborato da innumerevoli ricerche, ci dice che una società “più vecchia” soffre, a paragone di una società “più giovane”, di minore produttività e minore innovazione. Le “start up” si fanno a trent’anni, non a ottanta; le nuove competenze si acquisiscono da giovani e non da vecchi; e così è per la propensione al nuovo, al rischio, all’intrapresa. Naturalmente un’accorta organizzazione della società può attutire – ma non cancellare - questo handicap.

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Quale ruolo giocheranno le migrazioni, e quali strade devono percorrere i Governi?

Nel prossimo ventennio, la popolazione giovane-adulta diminuirà fortemente e imprese e famiglie avranno bisogno di lavoro, che già oggi scarseggia in molte aree del paese e in molti settori produttivi. Esperti, operatori, imprenditori, amministratori: tutti sanno che l’apporto dell’immigrazione sarà indispensabile nel prossimo futuro. E con i lavoratori arriveranno anche i familiari al seguito. L’immigrazione di persone giovani attenuerà il processo d’invecchiamento, potrà dare impulso all’innovazione, darà sollievo ai conti pubblici. Ma attenzione: l’immigrazione ha anche dei costi, quelli di una buona e attiva integrazione, oltre al lavoro. E non solo casa, formazione, istruzione per i figli, e sanità, ma anche diritti politici e tolleranza. Occorre una riforma delle leggi sull’immigrazione concepite quando gli immigrati si contavano in migliaia e non in centinaia di migliaia. Occorre che la politica sull’immigrazione non sia demandata solo al Ministro dell’Interno (cioè a un Prefetto) ma coinvolga in primo piano i responsabili politici dell’economia e di altri ministeri sociali. Occorre anche che le forze politiche di vario indirizzo concordino sul fatto che l’Italia è un paese aperto all’immigrazione, della quale ha necessità, e non concentrato sul problema della difesa da una pretesa invasione. Si potrà discutere sui criteri di ammissione e sulla numerosità dei flussi da ammettere, ma occorrerà far passare l’elementare concetto che l’immigrazione è un’opportunità da cogliere saggiamente, e non un pericolo dal quale difendersi.

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Riuscirà un sistema come quello italiano ad adattarsi a questi nuovi modelli, sia come consumi, sia come bisogni collettivi?

Le società sono flessibili e adattabili. Nei prossimi decenni il processo d’invecchiamento continuerà, gli ultraottantenni triplicheranno di numero nel prossimo quarto di secolo, sarà in forte crescita il numero delle persone con disabilità e deficit di autonomia, la domanda di assistenza e di cure crescerà. Tuttavia una società bene organizzata può ridurre fortemente gli oneri dell’invecchiamento: case intelligenti, servizi resi più efficienti dalla digitalizzazione, infrastrutture che permettano una mobilità sicura...Ci sono mille modi per rendere casa, quartiere, paese o città più vivibile da chi ha minori energie fisiche da spendere. Ci vuole un grande piano, buoni investimenti e molta mobilitazione di talenti per affrontare il futuro con successo.

 

 

 

Magazine 01 - 2023  - L'intelligenza mondiale

Magazine 01 - 2023 - L'intelligenza mondiale

In questo numero di Imprese e Territorio abbiamo due focus importanti: il primo è dedicato all'intelligenza artificiale che forse, tra non molto, cambierà il nostro modo di vivere, di lavorare e di convivere con ciò che ci circonda (smart life). Il secondo si concentra sulla globalizzazione e la deglobalizzazione, che potrebbe generare profondi cambiamenti nel modo di fare impresa