Non solo “inverno demografico”: gli stranieri aumentano per meriti
I giovani, che sono pochi, credono poco nella manifattura: serve un cambio culturale. E le imprese guardano a chi arriva da altri Paesi. Ma bisogna insistere su «integrazione e formazione». Gli stranieri? «Nel lavoro cercano il riscatto sociale» (inchiesta 2 di 2)

Da Kazakistan, Marocco, Egitto, Albania, Romania, Ecuador, India, Bangladesh, Ucraina. Ma anche da Corea, Libia, Spagna, Messico, Colombia, Brasile, Argentina, Turchia, Skri Lanka, Burkina Faso e Zaire. Questi i principali Paesi, ai quali si può aggiungere una parte di quelli dell’Africa Subsahariana, dai quali proviene un buon numero di lavoratori che negli ultimi 20 anni hanno trovato posto nelle piccole e medie imprese.
LA SECONDA PUNTATA DELL’INCHIESTA: GLI STRANIERI
Prosegue l’inchiesta di Confartigianato Imprese Territorio: dopo la prima puntata dedicata alla ricerca di collaboratori giovani e italiani (come trovarli e come tenerli), la seconda si rivolge ai giovani stranieri ai quali guardano con attenzione gli imprenditori. L’occupazione di manodopera immigrata, in realtà, non è un fenomeno nuovo per le aziende italiane. Ma in questi ultimi anni, di fronte alla drammatica diminuzione delle nascite, il ricorso ai lavoratori provenienti da Paesi extra Ue non occupa più la casella delle “eccezioni”. Anzi, sotto un certo punto di vista l’”eccezione” è il giovane lavoratore italiano.
A parte l’inverno demografico, perché i flussi migratori sono diventati così importanti? La prima ragione è, secondo le imprese, «la mancanza di una narrazione legata alle opportunità che può offrire il manifatturiero. Le piccole e medie imprese non sono più quelle di cinquant’anni fa, ma sembra che in Italia le si pensi ancora piccole, buie e sporche. E i giovani italiani se ne allontanano. Ai nostri ragazzi, invece, dobbiamo raccontare quanto sono cambiate le Pmi e perché possono rappresentare un bacino prezioso per il loro futuro. Ma questo è un compito che spetta anche alle scuole e alle famiglie».
Le ragioni di questo cambiamento sono tante, le raccontiamo qui, ma prima affidiamoci ai dati.

ENTRO IL 2040 SERVIRANNO 2 MILIONI DI STRANIERI IN PIU’
La quarta nota della Fondazione Nord Est dice che alle imprese italiane, nei prossimi sedici anni, servirà quasi un milione di lavoratori stranieri aggiuntivi. Se sommiamo questi alle loro famiglie, la cifra sale a due milioni. Lombardia e Veneto sono le regioni che ne accoglieranno il maggior numero (528mila la prima, 455mila la seconda) perché il calo di popolazione, nel Nord Est, sarà di 1,4 milioni di persone e nel Nord Ovest di 939mila.
Tutto questo porta ad un ulteriore problema: in Italia gli anziani sono più numerosi dei giovani, e quando i primi se ne andranno in pensione l’ingresso dei secondi nel mondo del lavoro non sarà sufficiente a coprire i posti vacanti. Quindi, senza generalizzare o mistificare, ci si rivolge all’immigrazione. «Una risorsa che in futuro diventerà sempre più importante», dicono gli imprenditori, a patto però che «si insista su integrazione e formazione».
Cosa distingue il lavoratore straniero da quello italiano? «Rispetto ai nostri cercano un lavoro non solo per sopravvivere e assicurarsi un domani, ma anche per compiere quel riscatto sociale che è stato la molla dell’Italia del boom economico. L’esterofilia non c’entra: persone volenterose, intelligenti e rispettose ci sono sia tra gli stranieri che tra gli italiani, ma in valori percentuali – in fatto di disponibilità – i primi superano i secondi».
Le imprese coinvolte: Rimoldi & CF, Fimotex Srl, Technosprings Italia Srl, Stamperia Olonia, Mei International Srl, Victor srl, Color Plast Srl, Alba Plast, Carve Srl, Almar Srl, Emar Srl, Appliances Engineering A.E. Srl, Dolcisapori, Affetti Pumps, Nuova General Plast, Eurostampi Srl.

FORMAZIONE IN PATRIA: GIA’ COINVOLTI 3.160 LAVORATORI
Lo scrive Il Sole 24 Ore: «Sono già 3.160 i lavoratori extracomunitari coinvolti dai programmi di formazione professionale e civico linguistico avviati nei Paesi di provenienza che potranno arrivare in Italia con permessi aggiuntivi rispetto alle quote annuali previste dai decreti flussi, in base al nuovo articolo 23 del Testo Unico sull’immigrazione». I settori interessati sono l’edilizia e la cantieristica navale, l’Ict, il tessile e l’oreficeria. Il primo contingente di 1.160 lavoratori sarà formato nell’ambito dei 12 programmi già approvati dalla commissione interministeriale del Lavoro per otto Paesi: Tunisia, Albania, Bangladesh, Egitto, Ghana, Giordania, Filippine e Uganda. Per quanto riguarda l’edilizia, saranno formati duemila lavoratori in Tunisia. Nella cantieristica navale ed estrazione di petrolio e gas naturale la formazione coinvolgerà 720 lavoratori nelle Filippine e in Egitto, mentre cento saranno i lavoratori in Bangladesh che seguiranno un percorso per il tessile e la saldatura (il 20% opererà nella meccanica).

TRA ANALISI GLOBALI E PROBLEMI TUTTI ITALIANI
L’inchiesta di Confartigianato Imprese Territorio ha aperto riflessioni di portata globale, perché così si pensano le imprese e così agiscono. Di conseguenza, la flessione dei giovani italiani in azienda, e il possibile aumento della forza lavoro straniera, sembra essere la conseguenza di quello che gli imprenditori definiscono come «la fine della supremazia dell’Occidente e l’avanzata dei Paesi di quel Terzo Mondo che Terzo non vuole più essere». La conferma arriva dal termometro delle assunzioni, ma anche dalla necessità di mettere mano a quei problemi che stanno in parte ostacolando la continuità delle aziende:
- Lo scollamento tra mondo della scuola e mondo del lavoro
- La mancata trasmissione, alle nuove generazioni, della cultura d’impresa. Soprattutto sul manifatturiero
- Lo scarso appeal dei lavori manuali sui giovani
- L’assenza di una cultura del lavoro
- Modelli imprenditoriali imposti dalle mode

L’ASSUNZIONE DI STRANIERI IN AZIENDA: UNA NECESSITÀ
Gli HR delle imprese, e gli stessi imprenditori, partono da analisi/esperienze condivise e consolidate:
- Gli stranieri accettano quei lavori che i giovani italiani non vogliono più fare. Si tratta di mansioni a volte umili, «basiche e da operaio non specializzato», spesso a bordo macchina o da mulettista. Però, accanto a questi ci sono lavori che, seppur manuali, garantiscono negli anni una specializzazione altissima e sempre più ricercata.
- Gli italiani si propongono per qualifiche specialistiche, chiedono lavori di maggiore o grande responsabilità, ruoli da caporeparto, addirittura dirigenziali: «Puntano molto in alto anche se non sempre hanno le competenze adatte». Sembra che la tendenza sia quella di «evitare la gavetta chiedendo, però, un salario elevato».
Con famiglia o senza:
- I lavoratori stranieri senza famiglia si mettono in gioco e sono più disposti al sacrifico
- Questo accade anche negli italiani quando iniziano ad avere moglie e figli e, quindi, maggiori responsabilità: in questo caso la mentalità cambia di netto
Gli orari:
- Gli stranieri sono disposti ad una maggiore flessibilità (straordinari improvvisi, sabato e – nei momenti di sovraccarico lavorativo – anche la domenica)
- I giovani italiani preferiscono investire sul tempo libero, a non occupare i fine settimana o a fermarsi troppo in azienda
La formazione:
- Gli stranieri tendono ad iscriversi a scuole serali per migliorare la conoscenza della lingua italiana (ma non solo) e, di conseguenza, a mettersi in gioco
- I giovani italiani non sempre sono disposti ad investire il loro tempo libero per incrementare le conoscenze e crescere professionalmente

UNA NUOVA IDEA DI FUTURO
Il futuro lo si può solo immaginare, ma per gli imprenditori raggiunti da Confartigianato Imprese Territorio non è facile recuperare una certa positività. Anzi, alcuni pensano che ormai l’Italia sia vicina a una deriva pericolosa dove si rischia il “punto di non ritorno”. Allora, ognuno a modo suo cerca una soluzione a quello che è poi il vero problema dell’economia: dare continuità alla propria azienda. Tentando nuove idee per il futuro. Ecco come:
- Tra gli intervistati c’è chi, lavorando nel meccanotessile e conoscendo bene quanto il settore sia poco attraente per le nuove generazioni, fa leva sulla scelta strategica della prossimità ai clienti: da qui il progetto di aprire una filiale produttiva in India (l’azienda è già presente con una piccola struttura commerciale), dove gli ingegneri meccatronici si trovano senza difficoltà e in brevissimo tempo. Perché il lavoro in fabbrica, lì, è un must per tutti i giovani
- Altri, invece, ragionano su un’idea di futuro che si lega direttamente all’innovazione: da un lato ci sono le imprese della meccanica che si stanno interrogando su come Industria 5.0 impatterà sulle mansioni di livello medio-basso, oppure quelle del Food che si vedono super specializzate con competenze sempre più customizzate e automazione parziale: il tecnologo che sostituirà il pasticcere e il programmatore macchine farà il resto
- In un’azienda leader nella progettazione di elettrodomestici si lavora con coreani, libici, spagnoli, messicani, colombiani, brasiliani, argentini, indiani, egiziani, tedeschi e americani ma solo sul fronte del design. Per quanto riguarda la progettazione, si punta invece sugli italiani perché più preparati
- Altri ancora ragionano sul concetto di squadra composta da giovani da far crescere nel tempo. Però non è facile, perché le nuove generazioni a volte se ne vanno. Non sempre e non solo all’estero
- Infine, ci sono gli over 50. Che, però, non garantiscono un futuro: hanno molta esperienza (vengono assunti per questo), sanno come muoversi e conoscono il mondo del lavoro. Però, si avvicinano rapidamente alla pensione: chi li sostituirà? (Inchiesta 1.2. Fine) Davide Ielmini
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