Ti cerco ma non ti trovo: voci di imprese a caccia di professionisti che non ci sono

In quattro casi su dieci i posti esistono, ma restano vacanti: il 38,6% delle aziende non riesce a soddisfare le entrate programmate. Ovviare al problema si può, ma non si tratta di una soluzione che soddisfa appieno le imprese: le testimonianze tra orari che non coincidono e passione che non c'è

In quattro casi su dieci i posti esistono, ma restano vacanti: lo dicono gli ultimi dati elaborati da Unioncamere-Anpal. Le imprese hanno difficoltà a reperire personale: il 38,6% non riesce a soddisfare le entrate programmate; la mancanza di candidati viene segnalata dal 22,2% delle imprese, mentre la preparazione inadeguata dal 13,4%. Fatto sta che nel settore edile il 53,3% dei profili ricercati resta scoperto e nella metallurgia il 52,5%. Si cercano, ma non si trovano, tecnici informatici (per il 68,1%) e operai e artigiani del legno (67,9%). A questi si aggiunge la carenza di fonditori, saldatori, montatori di carpenteria metallica. Ovviare al problema si può, ma non si tratta di una soluzione che soddisfa appieno le imprese, che nel 38,6% decidono di assumere figure con competenze simili a quelle richieste.

SERVE LA PASSIONE 

Marcello Chini della Dolcisapori Srl di Gemonio da quasi due mesi è alla disperata ricerca di un pasticcere: «Un collaboratore è con me da ventisei anni e ora se ne andrà in pensione. I colloqui non mancano, ma tutti chiedono quanto prenderanno di stipendio, come sarà il contratto, quante ferie avranno. Ci sta tutto, ma la mia è un’attività nella quale ci sono turni anche notturni e a volte anche il fine settimana. Ci vuole passione, ma la preparazione tecnica non basta: bisogna collaborare secondo una logica di squadra. Per me, questo è un punto fondamentale».

Stesse difficoltà per Piero Zausio, che con i fratelli Giovanni e Roberto è a capo della Za&Bel di Busto Arsizio, azienda specializzata nella produzione di articoli in spugna: «Qui i giovani non ci vengono perché devono avere a che fare con polvere e rumore. Nel giro di due anni abbiamo avuto tre pensionamenti – uno in amministrazione e due in produzione – e non siamo riusciti a trovare persone con un’età inferiore ai 40 anni. Persone che vogliano mettersi in discussione e che abbiano voglia di lavorare in team”.

IMPRENDITORI IN CLASSE

A mettere l’accento sull’importanza della scuola è Pierluca Crespi di Alchimia Soap Srl di Olgiate Olona, azienda nel settore di saponette e sapone liquido: «Si pensa sempre più a figure di altissimo livello, ma sempre meno a figure che sappiano unire le mani alla creatività». Però, se la scuola ha le sue responsabilità anche gli imprenditori devono fare un passo in più. Secondo Crespi «devono entrare nelle scuole, perché in Italia abbiamo sempre più bisogno di figure calibrate sulle esigenze delle piccole e medie imprese. Poi, i giovani devono saper collaborare, devono costruire insieme agli altri, devono sapersi integrare per poter sopperire alle proprie, e alle altrui, carenze professionali. Il nostro, però, è un settore particolare: molti giovani ce li ruba la farmaceutica».

Luca Ballarin della L.A.I.T. di Castellanza, azienda specializzata nella produzione di imballaggi trasparenti: «Sto cercando tre figure professionali: una per il reparto femminile, poi un trafilatore e in ultimo un aiuto sulla macchina da stampa con nozioni però di grafica e meccanica. Trovarli non è semplice: per ora, chi si è proposto per gli ultimi due posti aveva un’età di 55 anni. E considerando il fatto che per imparare questi lavori ci vogliono in media circa due anni, non posso permettermi di assumere una persona che fra quattro se ne va in pensione». Così la scelta si dirige verso i giovani, «anche se trovarli non è facile: forse poca voglia. Se c’è quella, però, la formazione avviene direttamente in azienda e rischio, perché se una persona vale veramente a volte se ne va altrove. La Svizzera è sempre una forte tentazione». Per trovare una persona veramente motivata ci si deve muovere con anticipo: «Per ora, dopo mesi di ricerca, nulla da fare. Così mi metto alla macchina tralasciando durante il giorno i miei compiti da imprenditore. Ormai le ore non si contano più».

LA FUGA IN SVIZZERA

La Svizzera è una spina nel fianco per Pietro Zuretti della Zuretti Luigi & C. di Mesenzana, azienda leader nel settore della meccanica: «In 32 anni di lavoro non ho assunto una persona che avesse un requisito minimo per poter lavorare alla Zuretti: li ho formati tutti io. Ma poi, quelli bravi se ne vanno in Svizzera, un territorio con il quale – in fatto di stipendi – le aziende al di qua di confine non possono competere». I problemi da affrontare, per Zuretti, sono quattro: «La meccanica sporca le mani, richiede una grande professionalità e ci sono sempre meno ragazzi che la avvicinano. Secondo: le scuole devono poter formare i lavoratori del futuro, ma non lo fanno. Terzo: l’attitudine ad un lavoro impegnativo, perché la meccanica impegna mente e braccia. Infine, le scuole di meccanica: mi sembra siano diventate un rifugio per chi non sa cosa fare».
Così accade anche alla Vetreria Giorgio Ferrari di Mesenzana dove il titolare, Marco Ferrari, sottolinea quanto «le persone più valide se ne vanno oltreconfine. E purtroppo mancano anche persone disposte a farsi una certa esperienza. Insomma, ci si accontenta perché il nostro è un settore particolare e Cfp che preparano alla vetreria non ci sono. Ho dovuto cercare non poco per trovare un collaboratore che avesse lavorato in un comparto simile al mio: un serramentista, per esempio, qui potrebbe avere un futuro».