L’intesa tra Governo, imprese e sindacati è stata raggiunta nella tarda serata di ieri, martedì 6 aprile, dopo un confronto durato più di sette ore tra il ministro del Lavoro Andrea Orlando, il ministro della Salute Roberto Speranza, le associazioni di categoria e i segretari generali dei sindacati. E ha portato a due risultati importanti: la sottoscrizione del protocollo nazionale per realizzare i piani aziendali di vaccinazione (la somministrazione avverrà nei luoghi di lavoro con il supporto dei medici aziendali e della rete Inail) e l’aggiornamento del Protocollo per la sicurezza e il contrasto al Covid-19.
VACCINI IN AZIENDA
Il Governo ha sottolineato che il canale delle vaccinazioni svolte in azienda è parallelo, e non alternativo, alla rete ordinaria. Infatti, si legge nel protocollo, “costituirà un’attività di sanità pubblica nell’ambito del Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti-Covid-19 predisposto dal Commissario Straordinario”. Altro punto sul quale si è concentrato il protocollo: sollevata la responsabilità penale degli operatori sanitari per eventi avversi nelle ipotesi di uso conforme del vaccino.
Adesione volontaria, medici competenti e Inail
L’adesione alla campagna delle vaccinazioni nelle imprese è su base volontaria. L’iniziativa riguarda i collaboratori delle aziende, indipendentemente dalla loro tipologia contrattuale, e i datori di lavoro. Questi ultimi, in forma singola o aggregata, a prescindere dal numero di lavoratori occupati, e con il supporto dell’Associazione di categoria di riferimento, potranno manifestare la loro disponibilità a predisporre i punti straordinari di vaccinazione anti-Covid all’interno della loro azienda. Gli imprenditori che non sono tenuti alla nomina del medico competente, o che non possono ricorrere a strutture sanitarie private, possono appoggiarsi alle strutture sanitarie dell’Inail. In questo caso, trattandosi di iniziativa vaccinale pubblica, gli oneri saranno a carico dell’ente.
I costi
I costi per realizzare e gestire il piano aziendale, compresi quelli che riguardano medici e infermieri, sono a carico del datore di lavoro. Quelli che riguardano invece la fornitura dei vaccini, i dispositivi per la somministrazione (siringhe e aghi), la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e di quelli per registrare le vaccinazioni eseguite sono a carico dei Servizi sanitari regionali. Nel caso in cui la vaccinazione venga eseguita in orario di lavoro, il tempo necessario “sarà equiparato a tutti gli effetti all’orario di lavoro”.
AGGIORNATO IL PROTOCOLLO DELLE REGOLE ANTI CONTAGIO
Al Protocollo, il cui testo è stato adeguato ai cambiamenti intervenuti nel corso della pandemia, devono uniformarsi datori di lavoro e collaboratori. Confermato l’uso della mascherina, il distanziamento sociale, la sanificazione periodica dei luoghi di lavoro. Il Protocollo raccomanda, però, “il massimo utilizzo, ove possibile, della modalità di lavoro agile o da remoto” da parte dei datori di lavoro privati e, per le attività produttive, che “siano limitati al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e contingentato l’accesso agli spazi comuni”.
Sospensione dell’attività
La regola è stata reintrodotta: “La mancata attuazione del Protocollo, che non assicuri adeguati livelli di protezione, determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza".
La riammissione al lavoro dopo l’infezione
E’ un punto che si è aggiunto al Protocollo. La riammissione in azienda del lavoratore che è stato contagiato “avverrà secondo le modalità previste dalla normativa vigente. I lavoratori positivi oltre il 21esimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare, o antigenico, effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario”.
Le trasferte
Il datore di lavoro, inoltre, deve tenere in conto "il contesto associato alle diverse tipologie di trasferta/viaggio previste, anche in riferimento all’andamento epidemiologico delle sedi di destinazione”.