Pianificare gli investimenti per non scoprirsi fragili e in difficoltà
Scoprirsi impreparati di fronte agli imprevisti, anche quando l’azienda arriva da anni di successi. È successo a molti imprenditori, soprattutto in questi ultimi periodi segnati dall’instabilità globale. Ne abbiamo parlato con Matteo Cotugno, professore associato di Economia degli Intermediari Finanziari all’Università Cattolica
Scoprirsi impreparati di fronte agli imprevisti, anche quando l’azienda arriva da anni di successi. È successo a molti imprenditori, soprattutto in questi ultimi periodi segnati dall’instabilità globale. Colpa solo di pandemia, guerra e crisi energetica? Non del tutto. Perché le singole scelte in tema di patrimonializzazione dell’impresa possono determinare in maniera rilevante il futuro di un’impresa. Cosa si può fare quindi con i capitali?
Non sempre gli imprenditori ne sono a conoscenza: d’altronde diversi studi hanno rilevato il limitato livello di educazione finanziaria nel nostro Paese. Spiega Matteo Cotugno, professore associato di Economia degli Intermediari Finanziari all’Università Cattolica: «È necessario valutare almeno tre aspetti: quello tecnico, ovvero la reale conoscenza dei temi finanziari, quello comportamentale e da ultimo l’atteggiamento nei confronti di questi argomenti», una questione di misura non semplice, strettamente correlata alla dimensione aziendale.
«Con la crescita, l’imprenditore finirà per avvalersi di professionisti e potrà contare su un direttore finanziario. Nel caso invece di microimprese, sotto i dieci dipendenti, è molto probabile che l'imprenditore sia un po' un tuttofare. Quindi inesorabilmente siamo sicuri che saprà fare molto bene il suo lavoro, ma che potrà aver bisogno di assistenza sui temi finanziari».
Una guida, insomma, per fronteggiare le sfide dell’oggi e soprattutto del domani in un contesto che negli ultimi anni – tra pandemia e conflitti - è stato più volte punteggiato da momenti di crisi. Non sono poche, infatti, le imprese apparentemente solide che si sono rivelate fragili di fronte agli imprevisti del mercato. Quali opzioni è importante valutare per un’accurata gestione dei capitali? «Dipende dalla forma giuridica dell’azienda, - nota il docente - La gestione cambia in maniera radicale tra società di persone o società di capitali: è in questo caso che la questione della distribuzione degli utili si fa rivelante. Conviene il passaggio alle tasche degli imprenditori o è meglio lasciare i soldi in azienda?».
«Vanno fatti dei ragionamenti in materia fiscale, ma anche analisi di politica monetaria e di andamento generale delle borse. Capita che gli imprenditori, talvolta sollecitati da consulenti, siano stuzzicati da investimenti esterni perché convinti che il rendimento sia più elevato». Quest’attività d’impoverimento può generare soddisfazioni nel breve termine, ma non è di certo priva di rischi: spiega sempre Cotugno che «va capito come un domani quest’azienda si presenterà al ceto bancario qualora dovesse avere delle esigenze: qualunque deliberante non vedrà bene la posizione di un’azienda che nel 2023 ha raccolto utili in maniera importante e nel 2024 chiede dei finanziamenti. Insomma, viene da domandarsi: perché non ci avete pensato prima?».
Una questione che si lega a un vulnus purtroppo comune a diverse Pmi, ovvero la scarsa pianificazione. «Certamente tirare fuori i soldi dall'azienda può dare delle soddisfazioni, ma non fa altro che ricalcare una cattiva abitudine italiana, quella di famiglie ricche e aziende povere. Questo fa sì che l'impresa si presenti al sistema bancario in una condizione di fragilità. Quando si registrano crisi sistemiche e non una, ma molte società si rivolgono alle banche per un supporto, è inesorabile che quest’ultime debbano fare delle scelte perché non possono supportare tutti». Prosegue Cotugno: «Un professionista può indirizzare verso le opportunità migliori, seguendo una regola fondamentale: la diversificazione. Parlando di investimenti finanziari, ad esempio, si valutano eventuali azioni su componenti azionarie e obbligazionarie».
Come gestire invece il capitale che resta in azienda? «Innanzitutto, occorre valutare la cosiddetta Twin Transition: la transizione sostenibile e quella digitale dovrebbero essere i principali investimenti, sollecitati anche dal sistema bancario. Vanno modernizzati sia i processi produttivi che i processi organizzativi interni verso una logica più digitale, più sostenibile e anche più efficiente», nota il docente dell’Università Cattolica.
Se un’azienda può contare su grande liquidità, l’imprenditore «non dovrebbe far altro che reinvestire nella sua stessa attività. Se sei bravo nel tuo mestiere, continua a farlo! Ma attenzione: Churchill diceva che “non pianificare vuol dire pianificare il proprio fallimento”: servono quindi bravi consulenti e un’analisi degli spazi di mercato per un eventuale allargamento. Si fa poca fatica a comprare un nuovo macchinario, ma bisogna capire se c’è la domanda per ulteriori espansioni».
Per concludere, che consigli si possono dare su questo tema?
- Per Cotugno «l’imprenditore è un validissimo direttore d'orchestra: come un direttore non necessariamente sa suonare uno strumento, ma deve coordinare , in questo caso il business. Non è detto che sappia di finanza e che quindi deve farsi seguire da bravi consulenti».
- È necessario «un buon livello di patrimonializzazione per tutelarsi da crisi spesso impreviste, come accaduto con la pandemia e la guerra in Ucraina». È importante creare un piccolo buffer, tra investimenti finanziari e capitale lasciato in azienda proprio per fronteggiare questi accadimenti.
- «Pianificare». Per il docente, è fondamentale e deve coinvolgere diversi ambiti e obiettivi: la trasformazione digitale, la sostenibilità, i futuri investimenti, dentro e fuori l’azienda. Caterina Chiara Carpanè