La pandemia cambia anche l’export. Una sfida per la ripartenza delle micro e piccole imprese del territorio. Digitale, competenze e attenzione alle evoluzioni dei mercati sono i jolly da giocare per stare al passo con la nuova fase che si sta aprendo. «Bisogna giocare “a zona”» la metafora calcistica introdotta dal consulente aziendale Antonio Belloni per sintetizzare la “rivoluzione copernicana” che è necessaria per crescere sui mercati internazionali. Non più la classica rincorsa “a uomo”, ma una visione più ampia, in grado di fronteggiare le incertezze e gli imprevisti. Se ne è parlato in occasione dell'appuntamento in diretta con gli Item d'Impresa di Confartigianato Varese.
Perché la pandemia ha messo in discussione gli schemi precostituiti. Nel 2020 l’export dei comparti a maggior concentrazione di Pmi è sceso del 12,7% rispetto all’anno precedente (più dell’intero comparto manifatturiero), con il tessile che soffre particolarmente, perdendo il 24%. In calo soprattutto l’export verso gli USA (meno 11%) e la Germania (meno 8,5%), mentre fanno scalpore le performance positive di Paesi come Polonia (+26,8%), Belgio (+5,2%) e Cina (+2%).
FARE NETWORK FUNZIONA
«Le imprese più resilienti», rivela Matteo Campari, export manager di Confartigianato Artser, «sono state quelle esportatrici di beni e servizi a valore aggiunto, in particolare manifatturiere, che al di là della prima fase della pandemia non hanno mai registrato un blocco totale delle attività. Ad esempio, l’alimentare ha avuto performance di livello, sulla qualità, ma pesanti riflessi per le restrizioni del settore Horeca, che ha comportato la necessità di riorientarsi sui canali web e social». Tra le soluzioni più efficaci per superare questo periodo di crisi, non solo l’e-commerce, su cui in molti si sono “buttati” non sempre con risultati adeguati, ma anche «la ricerca partner», attraverso «il rafforzamento della rete sui mercati, per accorciare le distanze e ampliare i network in assenza delle fiere, sia in ambito europeo che mediorientale». Paradossalmente questa svolta obbligata della relazione a distanza ha portato anche ad una «maggiore attenzione da parte dei buyer, che non sono più sottoposti al ritmo forsennato delle fiere».
«In una prospettiva di medio periodo - prevede Gianmarco Ottaviano, docente di economia all’università Bocconi di Milano - probabilmente avremo una riduzione dei viaggi e dei contatti nell’ambito delle relazioni già esistenti e consolidati, mentre tutta l’attività di primo contatto appena sarà possibile riprenderà. Perché la prima stretta mano non sarà sostituita da una firma digitale. Forse diventeranno più centrali le competenze acquisite di un export manager: chi vorrà investire su queste figure potrà avvantaggiarsi, soprattutto sui mercati più lontani, “diversi” e complicato».
La fase che si sta aprendo «è una tempesta perfetta, in cui ci sono pochi soldi e non si conoscono bene le regole del gioco che stanno cambiando - sottolinea Antonio Belloni, consulente aziendale di Confartigianato Imprese Varese - chi si trova a fare export trova mercati che cambiano velocemente, deve introdurre strumenti nuovi, magari mai utilizzati, e deve stare attento a rischi che prima non c’erano». E alla figura dell’export manager oggi sono richieste nuove skills: «Non più solo un venditore, è uno che dialoga con il mercato - spiega Belloni - deve conoscere le normative, le evoluzioni dei mercati, i rischi operativi legati ai viaggi e quelli monetari (pensiamo alla situazione della lira turca), così come quelli logistici, vedi la situazione del Canale di Suez». E tra le competenze chiave ci sono sempre più «quelle digitali, in particolare nella costruzione di community». E sull’online «il servizio non ci “costa” ma è decisivo. Perché il 42% dei consumatori del web premiano velocità e affidabilità».
PRODOTTI COMPETITIVI
L’ABC dell’export post-Covid lo delinea il prof. Gianmarco Ottaviano: «Gli elementi che determinano l’export sono la capacità di offrire prodotti competitivi, la distanza e l’evoluzione delle barriere commerciali, che sono le incertezze che si hanno di fronte, e la dinamica della domanda del mercato di destinazione. E solo il primo dipende dall’imprenditore». Tra le difficoltà inevitabili di questa delicata fase, ci sono anche tante opportunità da cogliere. «Pensiamo alla Cina - rimarca Ottaviano - un mercato interessante per la dimensione, promettente sia in termini di qualità che di quantità, in espansione sotto il profilo demografico ed economico, e anche apparentemente più resiliente di altri di fronte alla pandemia. Ma caratterizzato da fattori di rischio molto particolari, da un lato la guerra commerciale in corso con gli US e i recenti attriti con la UE, dall’altro il tema dei diritti umani. Il cliente cinese però è rampante e assetato delle mode del momento».
Ma anche la Brexit, con tutte le incertezze legate alla burocrazia, e la ripresa dei grandi Paesi, come gli USA, sono da tenere sotto osservazione. Per la nuova fase dopo la pandemia bisogna anche fare attenzione alla concorrenza: un rischio evidenziato dal docente della Bocconi è quello dei clienti che si perdono «per motivi legati alle restrizioni» e che «vanno convinti a tornare». Per settori come il tessile e l’occhialeria, che hanno subito in modo forte l’impatto della pandemia, ad esempio, si dovrebbe «spingere su mercati giovani e tecnologici come quello giapponese», il suggerimento di Matteo Campari. In casi come questo, lo sviluppo estero richiede impegno: «Un budget dedicato allo sviluppo del mercato Paese, prodotti accattivanti e sofisticati, campagne ad hoc studiate da esperti in grado di utilizzare i registri comunicativi giusti» fa notare Campari.
DARE CONTINUITA': NO AL MORDI E FUGGI
Il servizio estero di Confartigianato Imprese Varese punta su «programmi che hanno continuità, per sviluppare percorsi dedicati, pur complessi, piuttosto che azioni “mordi e fuggi”», come fa notare Campari. In questi mesi alcune case history di successo in questo ambito riguardano la Svizzera, un mercato che ha dato soddisfazioni sia per quanto riguarda la filiera dell’edilizia, soprattutto sulla qualità, e sulla filiera della meccanica e dell’assistenza sui macchinari, ma anche la Polonia, per l’alimentare e la meccanica, e i Paesi del Baltico. Dove, racconta Campari, «siamo riusciti a penetrare con maggior efficacia, passando dai classici fornitori di liste di interlocutori ad affidarci a business partner particolarmente “embedded”, che aiutano a trovare interlocutori a misura delle nostre aziende e a far fatturare le aziende».