L'export non si improvvisa: strategia, pianificazione e preparazione linguistica sono l'arma vincente

L'export non si improvvisa: strategia, pianificazione e preparazione linguistica sono l'arma vincente
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No: la figura dell’imprenditore tutto d’un pezzo, che si è fatto da solo e che conduce la sua azienda da padre e da padrone e che parte, valigetta in mano, per mercati esotici senza spiccicare una parola d’inglese è superata. Questa scena è assolutamente anacronistica e non è più in grado di reggere le esigenze e i cambiamenti del Mondo. Adesso con gli altri mercati bisogna parlare nella loro lingua, o almeno in inglese, e far conoscere le proprie affinità culturali. L’alternativa è la solita: scomparire.

“Covid, de-globalizzazione e guerra: come cambia l'export per le imprese”. Questa è l’ultima diretta Item, datata giovedì 9 giugno, a cura di Confartigianato Imprese e Territorio. Ecco la sinossi: "Le coordinate alle quali tutti eravamo abituati si sono sciolte come neve al sole. La globalizzazione che si sta trasformando in de-globalizzazione, il conflitto bellico che ha cambiato i confini dell'esportazione e tagliato fuori una fetta importante di acquirenti ma anche il Covid, con la sua frenata generalizzata. Tutto questo ha influito pesantemente sul vecchio modo di esportare. Oggi, per fare bene, servono idee, tecniche e strategie nuove".

Ne abbiamo parlato con due esperti: Daniele Ghezzi, docente di Business Planning in Università Cattolica Altis e Jacopo Brioschi, coordinatore area Sviluppo e Innovazione di Artser. La premessa, doverosa, è che l’export italiano cresce anche nel primo semestre del 2022, nonostante tutti i problemi (guerra, Covid, etc). Quanto la famigerata “de-globalizzazione”, già ampiamente trattata su questi canali, potrà influire?

LETTURE QUOTIDIANE DEI CAMBIAMENTI

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Risponde Ghezzi: «In Italia, che costituisce un’economia di peso, è legittimo non aspettarsi uno stravolgimento. La forza del nostro sistema (le filiere corte, il non aver delocalizzato in maniera massiccia) regge. Con una precisazione: bisogna "navigare a vista tenendo la barra dritta". Tradotto, cercare di analizzare le situazioni in maniera quotidiana e garantirsi "antenne", cioè punti di contatto all'estero in grado di fornire letture quotidiane sui cambiamenti».

Serve qualcuno lì, sul posto, che sappia parlare con gli autoctoni e intercettare ogni minimo cambiamento. Brioschi è ancora più tranchant. «Gli eventi degli ultimi 3 anni – aggiunge – hanno eliminato la figura dell'imprenditore romantico con valigia e campionario che va senza conoscere il posto, incontra l'italiano che vive lì e così dà una svolta alla sua azienda. Attualmente, in un contesto così ricco di possibili imprevisti è importante avere un approccio strategico. Obiettivi chiari, avendo poi la coscienza che la tattica possa subìre dei cambiamenti potendone reagire». La pandemia, come in quasi tutti i settori della società, ha accelerato procedimenti già in atto. Un esempio è rappresentato dalle fiere, che sembrano piacere moltissimo alle piccole e medie imprese, in grado in quest’ultimo periodo di costruire rapporti molto forti con partner locali. Con il Covid, per un po’, l’aereo non lo prendevi più: ma i contatti sono rimasti.

COME ACCEDERE ALLE RISORSE DEL PNRR

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Poi ci sono i fondi del Pnrr. C’è speranza di ottenerli? Sempre Ghezzi: «I quattrini ci sono, e tanti. Il punto chiave è come le nostre Pmi, che rappresentano il 98 per cento e oltre delle industrie italiane, vi possano accedere. Bisogna saper fare progettazione e programmare, sfruttando le tante opportunità progettuali già in essere. Invito le aziende a sfruttare progetti già esistenti dove potersi inserire. Possono essere una porta».

«Per avviare invece un progetto di internazionalizzazione della propria ditta – così Brioschi – è fondamentale non sbagliare la scelta del Paese, siccome il budget non è infinito. Nel Mondo ideale bisognerebbe fare una ricerca di mercato, ma per le aziende è una fase in cui non sempre ci sono le risorse, né il tempo. Pertanto bisogna individuare un piccolo gruppo di potenziali partner da contattare per capire il posizionamento dell'azienda. Partecipare a una fiera, tornando all’argomento, comporta la disponibilità dell'azienda di un follow-up immediato. Serve un professionista in loco che conosce sia il mercato sia il business del contesto territoriale, già diverso anche nelle varie nazioni europee». Essendo l'Italia leader per oltre 3000 nicchie di prodotto, bisogna tenere conto delle inclinazioni culturali dei Paesi dove si vuole vendere e cercandoli più affini possibili culturalmente.

LA CONOSCENZA DELLA LINGUA

Soprattutto perché i tempi cambiano in fretta e bisogna adeguarsi. Entrambi gli esperti lo hanno chiarito nella chiosa finale. «Nella stragrande maggioranza dei casi, la funzione commerciale nelle piccole imprese è percepita come vitale e l'imprenditore tende a tenerla in famiglia. Ma la complessità linguistica oggi non è accettabile che non sia gestita: il partner estero vuole, se c'è un problema, comunicare con chi parla almeno inglese e farlo subito. Le imprese in parte lo stanno capendo: l'opportunità è il passaggio generazionale, con i giovani più propensi allo studio delle lingue straniere».

Anche perché ormai il “mercato interno” è quello dell’intera Europa, al cui interno le importazioni sono e devono essere la quotidianità. E, per le Pmi, è necessaria una certa ricerca dei piccoli mercati, in cui è più facile competere. Ottimizzando i costi si può recuperare, in media, dal 10 al 15 per cento: liquidità da utilizzare soprattutto per operazioni commerciali.

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