Ormai il direttore della logistica di un’azienda passa le sue giornate, o gran parte di esse, nell’ufficio del capo. Una figura sempre più importante per le dinamiche di un’impresa che si sta riformando e dovrà continuare a farlo, soprattutto in tempi difficili e di cambiamenti come quelli attuali.
Cerchiamo di capire quali novità interessano il sistema della logistica, come dovrà ripensarsi per affrontare (anche) i carichi dell'eCommerce ma soprattutto cerchiamo di offrire alle imprese spunti di riflessione per ripensare la propria strategia logistica e di magazzino. Lo facciamo con il professor Damiano Frosi, direttore dell'Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano. Così la diretta Item “Logistica e imprese: strategie per affrontare il cambiamento” a cura di Confartigianato Imprese e Territorio riprende il delicato e attuale argomento “logistica”.
Nella prima puntata del 18 maggio era stato il turno di Angela Stefania Bergantino, ordinaria di Economia applicata a Bari.
La frattura tra pre e post Covid è evidente. «L’eCommerce, cioè la vendita tramite internet – ha esordito Frosi – ha contribuito in questa fase di trasformazione del settore: nel 2016 come penetrazione degli acquisti incideva il 3 per cento. Nulla, o quasi. Ora si stima l’11 per cento, il doppio, ma forse come valore della merce e costo logistico siamo sul 20% e oltre. Il dato medio attuale vuole oltre 2 milioni di pacchi al giorno consegnati in Italia. Solo una singola ditta di spedizioni, durante l’ultimo “Black Friday” lo scorso novembre, ha inviato un milione di pacchi al giorno. Numeri impressionanti per un settore in mutazione continua».
Vari motivi: la certezza che ordino oggi e arriva domani senza che io debba fare niente. Mi serve anche una mole piccola di merce? Nessun problema: infatti la media di prodotti consegnata è bassa, un paio di oggetti per pacco. «E qui arriva il problema: comprare poco alla volta – ha proseguito l’esperto – non ottimizza la logistica. Far viaggiare camion semivuoti non può essere conveniente. Di converso ci sono aziende costrette ad aspettare anche 6 mesi materie prime a loro indispensabili. Forse un po’ di colpa per questo l’eCommerce la ha…».
La logistica: i suoi obiettivi sono di aumentare l’efficienza, ridurre i costi e fornire un servizio efficace. In altre parole, chi vuole il servizio potrà averlo nell’istante in cui la desidera. In questo periodo vanno aumentando i costi delle materie prime, delle bollette (+35 % dell’energia), degli affitti (5% in più in media) e della manodopera. Il numero stimato è di 1 milione e 400mila persone impiegate nella logistica in Italia: qual è l’impatto del costo se aumenti del 2% il loro salario? Tenendo conto che è giusto pagare di più i lavoratori sia per il carovita, sia perché comunque spenderebbero dei soldi che prima non avevano».
Servono quindi nuove competenze, e in fretta, per chiunque voglia rimanere competitivo. I tempi morti ad esempio si possono ridurre grazie ai software, e si guadagna efficienza. Ci sono magazzini della grande distribuzione che tengono i camion fermi in attesa anche tre ore e mezza: puro tempo buttato. «Vedo – ha proseguito Damiano Frosi – molto margine di recupero in questa tecnologia e in questi sistemi oltre che nella collaborazione di imprese: spedire insieme il materiale anche se si producono cose diverse. Questo è un ottimo modo di ridurre i costi logistici. Allo stesso modo le imprese devono munirsi di nuove competenze, di figure che non esistevano prima che “manovrano” l’automatizzazione del magazzino. Dietro ai software ci sono sviluppatori che conoscono i processi logistici. Un altro settore importante riguarda raccolta e analisi dei dati. Ormai ci sono magazzini regolati da algoritmi: non c’è dietro una legge divina, ma uno o più figure esperte di data analytics. Perfino i magazzinieri sono cambiati come mansioni, dato che ora gestiscono molto col digitale. Serve un lavoro importante da fare di informazione per portare all'interno delle aziende nuove competenze, neanche facili da trovare sul mercato». Per molti lavorare nella logistica non è attrattivo, a differenza di settori come la moda. La domanda supera l’offerta.
Infine c’è l’Italia intesa come Stato che non sfrutta le occasioni penalizzato anche dalla geografia. Molti container con destinazione finale “Italia” scelgono di sbarcare a Rotterdam, Paesi Bassi: Perché? Secondo l’esperto il nostro Paese paga l’avere tanti porti medio-grandi, ma frammentati, e infrastrutture non sempre all’altezza. Genova, e le autostrade per arrivarci, sono un esempio lampante. Tempi lunghi che spesso vanificano il valore del “chilometro zero” tanto in voga. «Si scelga un porto – ha concluso l’ospite – e si investa fortemente su quello. Non vedo un’altra soluzione. Attualmente ci sono aziende che non possono più accettare ordini perché sanno già di non poter soddisfare la domanda, e la colpa è dei problemi di strade e ammodernamento che non abbiamo mai risolto a dovere: è importante individuare le zone sul quale insistere per evitare di ingolfare le infrastrutture. Col recovery fund sembrano esserci risorse e qualche miliardo di euro riguarderà le infrastrutture».
Per ora la perdita è stimata in 27 miliardi di euro, di cui 6,5 andrebbero allo Stato come tasse. E proprio per paura di non avere rifornimenti in tempo, molte aziende (e fanno bene) stanno tornando ad investire nel magazzino. Fanno scorte. «Tenendo conto – è il monito di Frosi – che ormai l’esperto di logistica in un’azienda che guarda al futuro è il braccio destro del proprietario».