

Sono da poco disponibili i dati Istat relativi al commercio estero nel 2021; a prima vista i dati sono molto positivi ma vale la pena fare qualche riflessione. I dati vanno infatti ponderati considerando alcuni aspetti che ne condizionano il valore assoluto e danno qualche suggerimento utile, soprattutto se “affiancati” da informazioni qualitative (i così detti small data) per definire le strategie di sviluppo per il 2022.
Partiamo dal dato nudo e crudo, nel 2021 l’Export italiano è “rimbalzato” dopo il calo del 2020 (-9,7%) con una crescita complessiva del 18,2% superando in valore assoluto il dato record del 2019.
Buone notizie, insomma, con una bilancia commerciale fortemente positiva, ma già analizzando il dato si possono verificare alcuni trend iniziati con il 2020, in particolare a trascinare la crescita sono le esportazione su UE (+20,1%) e le esportazioni a medio raggio in generale, in cui le Pmi hanno un ruolo significativo. Le esportazioni a lungo raggio appaiono oggi molto concentrate sia a livello geografico (con Usa, India Cina e Giappone che rappresentano il 70% del valore) che a livello settoriale (con settori quali difesa, tecnologie, energia ed impianti a farla da padrone) che a livello dimensionale (grandi imprese che fanno grandi volumi).
Tra i singoli paesi che hanno visto una crescita più significativa vale la pena ricordare la Germania (+19,3%), la Francia (+16,8%) , la Polonia (+22,7%), ma anche paesi più piccoli come Belgio (+31,4%), Olanda (+32,9%), Austria (+22,3%) e Repubbliche Baltiche (+21,2%)

Entrando nel merito dei settori possiamo notare che:
il caviale con una crescita del 146% (in cui ricordiamo che l’Italia è oggi il secondo produttore mondiale dopo la Cina, con una leadership crescente nella fascia premium grazie anche alla produzione artigianale lombarda)
I salumi con una crescita del 12% ed una presenza concentrata nei mercati europei e occidentali.
I panettoni con una crescita del 25% concentrato nella fascia premium.
Il riso che ha visto nel 2022 il nuovo picco di consumi globali, con segnali di spostamento delle abitudini di consumo con una crescita (+20%) dell’esportazione di risi corti italiani quali Arborio, Baldo, Carnaroli e Roma a fronte di un calo (-6%) del riso Selenio (quello utilizzato per il Sushi). L’Italia si conferma il primo produttore europeo (53%). Ricordiamo che il riso, anche sotto forma di risotto, è da sempre un “Comfort food” utile a veicolare all’estero anche altri prodotti italiani da abbinare; è infatti un “alimento-base” importante in tutte le cucina del mondo ed è pertanto un cibo famigliare in tutti i mercati.
Il vino (+13%) ed in particolare lo Spumante con una crescita del 23% con il dato interessante di uno spostamento del posizionamento con una crescita dei prodotti a maggior valore aggiunto.