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Prodotti dual use: istruzioni per l'uso e per non rischiare con l'export

Prodotti dual use: istruzioni per l'uso e per non rischiare con l'export
Corso dual use ed export control

Prodotti dual use, ovvero di duplice uso: civile e militare. In giro ce ne sono un’infinità. Anzi, per essere precisi – e stando al nuovo regolamento europeo 821/2021 – ce ne sono 1900, ciascuno dotato di specifiche caratteristiche tecniche riportate nell’allegato del documento di Bruxelles. Perché regolamento e allegato siano importanti è presto detto: per la movimentazione di questi prodotti, e per la loro esportazione al di fuori (e a volte anche all’interno) del territorio doganale Ue, occorre possedere regolare autorizzazione, che l’autorità competente, ovvero il ministero degli Esteri, in genere rilascia entro 40-60 giorni.

Insomma, vietato sbagliare quando ci sono di mezzo regole chiare e prodotti dual use, anche perché il rischio nel quale si può incorrere è una sanzione penale. Ne abbiamo parlato con Marco Zinzani, avvocato e co-coordinatore del Dipartimento di Export Control dello Studio Legale Padovan, tra i docenti del corso “Negoziazione ed export control” promosso da IBS – International Business Staff e Versione Beta, la scuola di alta formazione di Artser.

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«Con il regolamento 821/2021 – conferma il legale - stiamo parlando di un insieme di regole che hanno un impatto sulla movimentazione di diverse tipologie di prodotti ed è bene conoscere molto bene l’argomento, anche per prevenire i rischi e per sfruttare le opportunità che la materia può dare per affrontare nuove nicchie di mercato con la tranquillità che può dare il conforto delle autorizzazioni ministeriali alla mobilitazione di certi prodotti».

Insomma, il corso –  in programma su piattaforma online il primo marzo dalle 10 alle 12  – fornirà agli imprenditori tutti gli strumenti per capire, conoscere e agire di conseguenza. Anche perché, sul tema dual Use, il regolamento 821 ha portato alcune novità rispetto a quello che lo ha preceduto, il 428. «Il regolamento del 2021 – prosegue Zinzani - non stravolge l’impostazione precedente ma agevola l’operatore nella misura in cui fornisce definizioni più chiare che sgomberano il campo da aree grigie, istituisce nuove discipline, mette un’enfasi particolare sui programmi interni di conformità, sulle azioni che le imprese devono attuare e corresponsabilizza gli operatori in questa materia più del testo precedentemente in vigore». Chi ha già avuto modo di imbattersi nella normativa, non si troverà disorientati. Per tutti gli altri, il corso prevede focus sul regime Ue di controllo dei beni a duplice uso (dual use): guida al Regolamento 2021/821; sui beni controllati per effetto di misure restrittive unionali; sulla classificazione dei prodotti: beni sottoposti a restrizioni e beni in libera pratica; sulla disciplina nazionale (D. Lgs. 221/2017); sulle procedure autorizzative; sui controlli e l’apparato sanzionatorio; sui programmi interni di conformità.

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Corso dual use ed export control

Una rassicurazione, comunque, è d’obbligo sin d’ora: quanto previsto dal Regolamento non rende l’attività di esportazione più complessa ma, ammette l’avvocato, «richiede una corretta panificazione delle commesse e delle spedizioni, poiché va messo in conto il tempo tecnico per l’ottenimento delle autorizzazioni ministeriali». Nessun blocco del business, ma attenzione al calendario e ai tempi del ministero competente, quello degli Esteri. «Le pratiche – mette in chiaro il docente del corso promosso da IBS e Artser - non sono complesse da istruire, tanto più che siamo alla vigilia di una rivoluzione perché verso la metà del 2022 si passerà alla gestione totalmente digitalizzata delle pratiche».  

Nel caso in cui, per errore, distrazione o mancata conoscenza, un’azienda dovesse disattendere le indicazioni europee, le conseguenze potrebbero tuttavia rivelarsi amare: «L’impresa che viola il regolamento e gli atti italiani di adeguamento espone il proprio legale rappresentante al rischio di apertura di un procedimento penale in cui è prevista come pena da due a sei anni di reclusione o una multa da 25 a 250mila euro, oltre alla confisca della merce e alla contestazione di reato di falso in atto pubblico».

Una materia delicata, insomma, che richiede attenzione dall’impresa e al tempo stesso può essere «sfruttata per cogliere opportunità di business in segmenti industriali produttivi ad alto contenuto tecnologico che possono dare soddisfazione alle imprese».

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