Ho un euro, dove lo metto? Mini guida agli investimenti utili per le Pmi

Ho un euro, dove lo metto? Mini guida agli investimenti utili per le Pmi

Non tutti i dilemmi sono sfacciatamente amletici. Quello che pone Roberto Filipelli, Cloud &Enterprise partner development director di Microsoft, è più intrigante e di facile risposta per una piccola impresa, quindi con minore disponibilità economiche ma non per questo minori opportunità. «Abbiamo un euro – è la domanda - lo spendiamo per fare lo stesso prodotto a un costo più basso o lo investiamo per un prodotto più innovativo?».

Insomma, prima c’è l’idea, poi il capitale. Le Pmi stanno investendo sempre di più e lo certificano i dati Istat. Il 51% delle piccole imprese con attività innovative sviluppa nuovi prodotti e anche processi, puntando anche su innovazioni organizzative o di marketing: +7,5% nel triennio 2014-2016. Non solo, sempre le piccole attività con taglio innovativo ritagliano un investimento per addetto pari a 8.900 euro.

Le dimensioni insomma non scoraggiano, anzi.  La spesa per innovazione per addetto di una piccola impresa supera del 15,6% quella delle grandi. Soprattutto per macchinari, attrezzature, software e fabbricati finalizzati all’innovazione.

I RISULTATI DEL PIANO NAZIONALE
Filipelli induce però a fare attenzione. E cita anche due recenti articoli del “Corriere Innovazione” che fanno esplodere la contraddizione. Nel primo, emerge la preoccupazione che – dopo l’acquisto delle macchine con Industria 4.0 – si compia un passo indietro, anche per la mancanza di tecnici. Il secondo dà invece una medaglia inattesa all’Italia. Di qui la sintesi di Filipelli: «Da un lato siamo manifattura 3.5, dall’altro ci stupiamo di essere in quinta posizione tra i Paesi Ocse. Quello che appare chiaro è che due anni di investimenti in manifattura 4.0 non sono di fatto correlati ai veri risultati di innovazione che otteniamo in Italia».

Oggi le piccole attività stanno spendendo molto – prosegue - «e vedo cose molto interessanti e tentativi low cost, come se non avessero mai perso la capacità di fare le startup».

Uno specchio dei tempi (innovativi) è il Salone del Mobile di Milano. Gli arredi connessi non sono futuro, bensì presente conclamato, con l’innovazione che fiorisce con il design: «Qui – rileva Filipelli – c’è la voglia di fare. L’ecosistema, proprio sull’esperienza dei distretti, dove ognuno dà il meglio di sé». Così – ricorda – quando il presidente Mattarella ha visitato il Salone, tra gli stand è andato a colpo sicuro in quello di Tecno, che ha due caratteristiche. Da una parte, aver puntato su io.T, un sistema intelligente di arredi connessi ed integrabili a sistemi informativi, device, hub. Questo per offrire informazioni e soluzioni in real time ai proprietari e gestori degli smart building e agli utilizzatori finali.  Dall’altra l’acquisizione di Zanotta, quindi l’ecosistema appunto.

Qualche consiglio, dunque: l’analisi del core business è fondamentale, prima di investire sull’innovazione, come in ogni altra decisione cruciale dell’azienda. Ma non basta.

NON BLOCCHIAMO LE IDEE
Altro requisito speciale? «L’umiltà – assicura Filipelli – A partire da quella di capire che qualcuno anche da fuori può avere un quid in più, quello che ti permette di fare l’investimento giusto». Occhio dunque a un atteggiamento diffuso: faccio tutto io, so già io.

Conseguenza naturale, l’ecosistema di cui già parlava: «Bisogna crearne per poter evolvere insieme».

Piccoli? Nessun problema. Ma isolati, no. E per questa partita non c’entra l’età, ma l’atteggiamento: «Tantissime persone sanno identificare l’attaccante e il difensore in campo. Quante che hanno fatto impresa per molti anni, avrebbero fiuto per capire buone idee e creare associazioni».

Altra avvertenza: non cercare alibi, neanche nella disponibilità economica appunto. «C’è un software che gira il video di una stanza, la mappa nel Cad e io posso trasformare in pezzetti di Lego il mobilio del locale, compresi i colori – racconta – Immaginate che cosa può fare un mobiliere di Lissone con gli occhiali della realtà virtuale. Costo? Duecento euro. Non serve andare nelle banche a prendere cinque milioni… Le idee ci vengono regolarmente, come italiani. Non blocchiamole». Insomma, non bisogna per forza anticipare un capitale pazzesco. Ma avere l’idea per spendere il giusto, programmandolo.