Le dimissioni buone o cattive restano un’occasione preziosa per dipendenti, mercato e aziende

Quando arrivano le dimissioni di un dipendente è bene mettersi in una consapevole modalità di ascolto. Un ascolto che comincia subito. Dal momento del loro annuncio, ufficioso o anche solo intuìto, è importante “registrare” tutti quei segnali deboli o forti, dichiarati o sottesi che ci manda la persona che ha deciso di abbandonare la nostra impresa

Great Resignation Belloni

di Antonio Belloni*

Motivate da buone o cattive ragioni, le dimissioni di chi lavora per noi sono un’occasione preziosa per cambiare punto di vista. Se prese nel modo corretto, infatti, le dimissioni e tutto il loro corollario di formalità e informalità, possono sempre rabboccare il nostro serbatoio di informazioni utili. Condizione decisiva per farlo è la postura psicologica che adottiamo: pur trovandoci in una circostanza del tutto indesiderata, dovremmo lasciare da parte l’acredine e la rivalsa, i pugni sul tavolo, forsanche i giochi al rialzo: la maggior parte delle volte la situazione è irrecuperabile.

È invece fondamentale girare l’interruttore per mettersi in una consapevole modalità di ascolto. Un ascolto che comincia subito: dal momento del loro annuncio, ufficioso o anche solo intuìto, è importante “registrare” tutti quei segnali deboli o forti, dichiarati o sottesi che ci manda la persona che ha deciso di abbandonare la nostra impresa. In modo esplicito o implicito, in forma scritta o orale, alzando la voce, digrignando i denti o anche non presentandosi o non rispondendo a mail o telefonate, ci darà e ci sarà un modo per capire le ragioni della sua scelta. Ma sarebbe stupido fermare qui la nostra curiosità.

NUOVI PUNTI DI VISTA

Great Resignation Belloni

Il pacchetto di informazioni che circoleranno tra di noi, in questo momento delicato, ci consentirà di osservare nuovi punti di vista. Il primo ci farà entrare nella testa di chi si dimette, cogliere sfumature impercettibili sui suoi desideri espliciti, evidentemente inevasi, come una promozione o l’aumento atteso, anche di pochi euro perché simbolico. Ma anche visualizzare elementi meno chiari, quelli meno facili da esprimere, come il bisogno di ascolto o di considerazione da parte del diretto superiore.

Il secondo è il mercato del lavoro. Prendiamo il caso delle dimissioni di un giovane dipendente, considerando che secondo AIDP – l’associazione italiana direzione personale – la fascia di lavoratori tra i 26-35 anni è quella che lascia il lavoro con più frequenza: ascoltandolo meglio potremmo capire che l’immotivata disinvoltura con cui in precedenza si era già dimesso da altre due imprese non lo rende un collaboratore ideale. In un’altra occasione potremmo poi scoprire una figura senior colma di frustrazione perché per tre volte ci aveva chiesto semplicemente di organizzargli il lavoro diversamente, e stufa di non ricevere risposte, ora se ne va.

Il terzo punto di osservazione potrebbe poi illuminarci su alcune dinamiche interne all’impresa, che oggi non vediamo, o che magari da troppo tempo non vogliamo affrontare. Una circostanza molto frequente è il dipendente o dirigente tossico, che fa terra bruciata intorno: spinge colleghe e colleghi a richiedere di essere spostati, superiori a lamentarsi, finché qualcuno abbandona la nave. Impacchettare come negative tutte le informazioni che riusciamo a far emergere nel contesto di una dimissione sarebbe ingenuo: in questi casi non ci sono colpe o meriti, ma solo informazioni utili o non utili.

CONOSCERE È UN DOVERE

Great Resignation Belloni

Altre volte potremmo scoprire che un determinato profilo professionale molto tecnico è diventato molto richiesto, e sta vivendo sul mercato una vera e propria corsa al rialzo degli stipendi, per cui dobbiamo prepararci e trovare armi per trattenerlo che non siano l’aumento. In un’altra situazione potrebbe invece rivelarsi ai nostri occhi l’attitudine nascosta di una dipendente verso una professionalità che non avevamo considerato, e di cui ora abbiamo grande necessità. Per l’impresa, raccogliere informazioni sulla propria forza lavoro in situazioni di normalità ed equilibrio dovrebbe essere una prassi; farlo in situazioni di rottura dell’equilibrio, come nel caso delle dimissioni, è un dovere.

In questi momenti di discontinuità si rivelano maggiormente bisogni e desideri, pregi e difetti, paure e sensibilità, ed è più nitida la lettura delle prospettive, dei vantaggi e gli svantaggi di lavorare per noi e soprattutto con noi. È certamente prioritario ristabilire subito l’equilibrio di un’area o di un ufficio, cercare un sostituto, predisporre il passaggio di consegne. Ma non bisogna rinunciare all’occasione di raccogliere idee preziose, anche se ormai potremo usarle solo in futuro.

Molte di queste informazioni potranno sorprenderci, irritarci o deluderci; ci sembrerà di aver capito tutto tempo fa, nel momento dell’assunzione. Ma è una sensazione piuttosto rara. Il più delle volte prevarrà il pentimento per aver capito troppo poco della persona che ora abbiamo davanti perché vuole andarsene, che sia un elemento prezioso oppure il classico “lavativo”. Sarà comunque un peccato dirsi che le cose potevano andare diversamente… (1. continua).

* Coordinatore Centro Studi Imprese Territorio