L’acceleratore ecologico c’è ma non scaricate i costi sulle Pmi

Intervista a Giulio Boccaletti, uno dei massimi esperti al mondo di sicurezza ambientale e risorse naturali, che spiega: «Nel medio e lungo periodo il conflitto russo ucraino rappresenta un ulteriore punto a favore di una transizione che ci allontani dall'uso dei combustibili fossili ma nel breve periodo aumenterà il costo del denaro e frenerà gli investimenti»

Crescita sostenibile non a carico delle imprese

La guerra potrebbe essere, per la transizione ecologica, quello che la pandemia è stata per la transizione digitale: un formidabile acceleratore. Non è detto, tuttavia, che questa accelerazione proceda nella direzione e con la velocità preventivati. «Siamo in un momento di transizione. Fino a pochi mesi fa, il cambiamento climatico era in cima all’agenda internazionale. Il conflitto in corso non ha solo distratto il mondo. Rischia anche di frantumare l’ordine internazionale sul quale si basano molti degli accordi internazionali sull’ambiente». Ad affermarlo è Giulio Boccaletti, uno dei massimi esperti al mondo di sicurezza ambientale e risorse naturali.  Modenese trapiantato a Londra, è membro onorario del comitato scientifico del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e ricercatore associato onorario della Smith school of enterprise and the enviroment dell’università di Oxford.

L’invasione russa dell’Ucraina, che ha trasformato gli scenari geopolitici ed economici, ha già aperto a un impatto pesante sul fronte energetico, facendo emergere incognite sul futuro dell’approvvigionamento di gas e petrolio. In particolare per l’Europa e per i paesi maggiormente dipendenti dalle forniture di Mosca, come l’Italia, che prima dello scoppio della guerra importava dalla Russia il 40% del gas naturale necessario. Ad essere messa in discussione è la necessità energetica dell’intero Occidente, alle prese con il caro bollette, con i rincari dei carburanti e con le successive incertezze sulla crescita, con le aziende che sono state le prime ad aver subito le conseguenze degli aumenti.

UNA FREANATA AGLI INVESTIMENTI

Crescita sostenibile non a carico delle imprese

«Mentre nel medio e lungo periodo il conflitto probabilmente rappresenta un ulteriore punto a favore di una transizione che ci allontani dall'uso dei combustibili fossili, nel breve periodo non farà altro che aumentare il costo del denaro e frenare gli investimenti – afferma Boccaletti – Le risposte emergenziali che servono per cercare di disaccoppiare al più presto le nostre forniture da quelle russe, non saranno probabilmente le stesse che dovremo perseguire nel lungo periodo». Ovvero: va ripensato tutto il sistema di approvvigionamento dell’energia secondo uno schema diverso rispetto a quello previsto. Impianto che allo stato attuale sta accelerando sulle rinnovabili.

Però, alla rinnovata enfasi sulle fonti rinnovabili fanno da contraltare il posticipo della chiusura di centrali nucleari, e addirittura le ipotesi di riapertura di centrali a carbone, per aumentare l’indipendenza energetica. Non proprio l’idea di transizione che ci eravamo fatti, la quale dipendeva da un contesto ben preciso, forse venuto meno.

«Detto questo, il progressivo cambiamento del clima non si arresta, come si può ben vedere dall’attuale siccità che sta interessando il Po. Il Paese dovrà fare investimenti nel territorio per far fronte ad una crescente vulnerabilità, che si manifesta principalmente con l’acqua», aggiunge il professore, da poco in libreria con “Acqua. Una biografia” (Mondadori), un libro che esplora il ruolo dell’acqua nella storia e nelle società fino ai giorni nostri. «Le siccità che stiamo vivendo in questo momento, le alluvioni che inevitabilmente ci troveremo ad affrontare nel futuro prossimo sono fenomeni sempre più fuori dalla norma, e dimostrano che le nostre infrastrutture non sono più adeguate a proteggerci», aggiunge.

NON LASCIARE I RISCHI ALLE IMPRESE

Crescita sostenibile non a carico delle imprese

In questa chiave, l’innovazione continua a giocare un ruolo cruciale: non solo quella tecnologica, con la sua costante portata di risorse e sistemi necessari all’implementazione, che rappresenta solo uno degli ingredienti principali, ma quella di processo, quella normativa e soprattutto quella culturale. Ad esempio «serviranno nuovi investimenti in capacità di stoccaggio idrico e nella messa in sicurezza del territorio laddove ci siano rischi alluvionali», prosegue Boccaletti.

Secondo il professore di Oxford «il mondo che ci aspetta sarà più complicato, sia dal punto di vista operativo che dal punto di vista politico. Dal punto di vista operativo perché il settore energetico dovrà essere molto diverso da quello che ha portato il Paese fino a qui, ed è improbabile che questo non richieda un aggiustamento industriale significativo». Ma anche dal punto di vista politico, «poiché le scelte che dovremo affrontare non saranno solo ingegneristiche. Si dovrà decidere come sviluppare il territorio». Boccaletti è convinto che «la transizione comporta rischi, e dovremo decidere se mutualizzarli o lasciare che i singoli imprenditori se ne facciano carico».