Cara inflazione, ma quanto mi costi? Strategie per sopravvivere alla fiammata dei prezzi

Cara inflazione, ma quanto mi costi? Strategie per sopravvivere alla fiammata dei prezzi
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L'inflazione esplode, come affrontarla? È la domanda che si stanno facendo le piccole imprese del nostro territorio, strette nella tenaglia del caro-energia e di un’inflazione italiana stimata quest’anno al 3,8%, con il rischio che le conseguenze della guerra in Ucraina possano ulteriormente peggiorare le previsioni. «Un nemico subdolo, dimenticato - lo definisce Andrea Uselli, docente dell'Università dell'Insubria, intervenuto nella diretta di Item d'Impresa - come una malattia che ritorna dopo anni, un po' più severa perché inattesa».

Un tema che, aggiunge Antonio Belloni, consulente senior di direzione di Confartigianato Varese, «è anche emotivo. Può accelerare alcune scelte drastriche, come i blocchi di produzione, può rallentarne altre, come gli investimenti in capitale umano, ne può indurre altre non necessarie e può generare incertezze, rinvii, scelte sbagliate. Risposte che non siamo sicuri che siano buone per un soggetto sociale, l'imprenditore, che di mestiere si prende rischi».

PICCOLE PIÙ A RISCHIO DELLE GRANDI

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Perché è vero che «le previsioni danno un'inflazione in attenuazione per l'anno prossimo», come ricorda Uselli facendo riferimento alla stima di un carovita all'1,6% nel 2023, «ma non possiamo pensare che le nostre PMI, in uscita da due anni difficili e da politiche straordinarie, reggano fino ad allora». E allora, aggiunge il docente dell'Insubria, «servono soluzioni a livello di sistema», per accompagnare «l'uscita dalla pandemia». Lo impongono anche le stime sulla rischiosità delle imprese, che pure secondo Cerved sono state «riviste al miglioramento grazie alla ripresa economica e all'espansione dei consumi, anche se con alcuni elementi di incertezza, commodities, energia e tensioni geopolitiche, ma con una probabilità di default delle micro imprese che è circa il doppio delle medie e quattro volte superiore alle grandi».

Il fenomeno del caro prezzi va dunque preso di petto, in particolare pensando a quelle «numerosissime piccole imprese del nostro territorio che lavorano per conto terzi, soprattutto in alcuni settori come meccanica e autotrasporto, e che non possono far pagare l'aumento dei costi ai clienti, come fanno altre imprese, e quindi devono tenere in casa il costo dell'inflazione. Con tutte le conseguenze del caso».

CERCARE UNA STRATEGIA DI RILANCIO

E allora, come reagire? Per Andrea Uselli «bisogna avere coraggio in una strategia di rilancio», sia perché «non è detto che la competitività sia solo sul prezzo», sia perché si possono trovare «soluzioni di rete, come il credito di filiera, senza aspettare che arrivi l'aiutino fiscale o quello della BCE». Anche perché «se i tassi d'interesse schizzano all'insù di qualche mezzo punto percentuale sappiamo cosa succederà». E «non è neanche vero che l'inflazione sia un vantaggio per chi ha debiti in scadenza», come succede per 700mila imprese che hanno 27 miliardi di euro di prestiti in moratoria, perché «il debito che scade per effetto dell'inflazione è venuto a costare meno, però andrà rinegoziato e se la BCE rialza i tassi diventa più oneroso, visto che la maggiorparte delle imprese fisiologicamente dovranno rinnovarlo e difficilmente potranno affidarsi all'equity».

LA CURA DEI MERCATI ESTERI

D'altra parte, l'inflazione potrebbe favorire l'export, che Belloni definisce «una buona medicina in generale», anche se  probabilmente «c'è da riconfigurare i mercati di destinazione». Con i Brics (Brasile, Russia, India e Cina) che crescono ma sono caratterizzati da incertezze, mentre restano «Germania, Francia e Usa i mercati di riferimento» per i nostri 'piccoli'. Di certo, fa notare il consulente di Confartigianato «nell'ultimo ventennio le aziende rimaste in piedi, che hanno assunto anche i giovani e si sono ingrandite, sono quelle che hanno puntato gran parte del fatturato sull'internazionalizzazione».

Una possibile alternativa, e ancora di salvezza per disinnescare l'inflazione, «ma ancora poco conosciuta in Italia», sono invece i PIR, i piani individuali di risparmio, «uno strumento relativamente recente, introdotto con la Legge di Bilancio 2017 per sostenere le Pmi», come lo descrive il prof. dell'Insubria. «È una possibile soluzione di sistema e una grande opportunità ma c'è ancora da lavorare - spiega Uselli - l'idea di fondo è collegare il risparmio privato, che per gli italiani è un gruzzolo importante che non ha alternative efficaci, all'opportunità per le imprese italiane di raccogliere risorse finanziarie alternative al canale bancario per gli investimenti di medio-lungo termine, con un contenimento del costo del funding, che per le imprese vuol dire maggiori margini e maggiori profittabilità».

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