Il caro-energia durerà a lungo. La soluzione per evitare il gelo dell'economia? Le rinnovabili

L'analisi di Massimo Nicolazzi, docente all’Università di Torino di Economia delle risorse energetiche: «Lo scorso anno l’Italia ha fatto installazioni di fotovoltaico per circa un decimo di quelle che avrebbe dovuto fare per essere in linea con il taglio del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030»

Caro energia intervista

Il problema del rialzo dei prezzi dell’energia elettrica e del gas non se ne andrà come neve al sole. Anzi, si rischia il gelo. Almeno fino alla primavera dell’anno prossimo. La bolletta sarà un po' meno pesante, ma se non il triplo almeno il doppio di quelle ricevute prima dell’arrivo dello shock energetico: questa sarà la normalità ancora per molto.

Perché dato il sistema di prezzatura all’ingrosso dell’energia elettrica in Italia, «il percorso del gas si ripercuote in maniera simmetrica e automatica sul costo dell’energia elettrica», commenta Massimo Nicolazzi, docente all’Università di Torino di Economia delle risorse energetiche nell’ambito del corso di studio in Economia e Management. Con i suoi trentacinque anni e più di esperienza nel settore degli idrocarburi – ha lavorato in Agip/Eni e Lukoil e oggi è presidente della Centrex Italia Spa e Senior Advisor del programma di Sicurezza Energetica dell’Ispi – Nicolazzi ne fa una questione di «saggezza e possibilità di fare del governo. E se non ci troveremo di fronte ad un burrone, ci sarà una spirale».

Professore, quando parla di spirale dobbiamo pensare all’andamento inflattivo?

Caro energia intervista

Le imprese, per sopravvivere, devono incorporare l’aumento dell’energia nel prezzo del prodotto finito. Questo sale e crea inflazione, spingendo al ribasso i consumi. Si prospetta il vecchio incubo della stagflazione. In queste condizioni, senza un intervento forte che non so immaginare, credo che l’avvio della spirale sia inevitabile. E il governo, a questo punto, può solo spostare le risorse.

Spostare le risorse da dove?
Per gli sconti che si faranno a imprese (defiscalizzare i costi dell’energia?) e famiglie (per quelle che vivono in povertà energetica) si dovranno trovare risorse togliendole ad altri soggetti. E’ un problema di equità distributiva e gli interventi devono essere selettivi. Chi, invece, si è cautelato di fronte a questo shock con un contratto a prezzi bloccati per due anni non deve affidarsi allo Stato-mamma.

Il governo è intervenuto su Pmi e famiglie, ma le risorse non sono infinite: la coperta è corta?
Più che corta è un perizoma. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che saremo ancora prigionieri del prezzo dei combustibili fossili, in particolare del gas, e non disponiamo di alcun strumento per contribuire alla determinazione del suo prezzo. Il mercato del gas è ormai globale: in Asia lo pagano esattamente quanto lo paghiamo noi. Dal problema si può uscire solo aumentando la produzione di fonti rinnovabili e con contratti a lungo termine.

Il dibattito sulle fonti rinnovabili è aperto, così come il potenziamento dei giacimenti italiani di gas metano…
…In realtà, non capisco i termini del dibattito perché da un lato dobbiamo recuperare le nostre riserve nell’Adriatico e, dall’altro, l’Italia ha redatto un regolamento uscito pochi giorni fa di ripartenza delle attività di esplorazione/produzione che punta – se tutto va bene – su 5-6 miliardi di metri cubi di gas in più rispetto ad una importazione di 65 miliardi. Ma se non si cambia il sistema autorizzativo per le esplorazioni non vedremo neppure mezzo miliardo in più di metri cubi.

Una questione burocratica?

Caro energia intervista

Si potrebbe pensare di dedicare un pozzo alle imprese più energivore a prezzo dedicato sulla produzione aggiuntiva, ma un pozzo non lo si autorizza da qui al prossimo inverno. Nel giro di due anni potremmo sì avere 4 miliardi in più di gas, ma se l’autorizzazione arriva in 15 giorni e non in due anni e mezzo. Le scelte politiche vanno fatte, ma devono dotarsi di ruote per muoversi. Le faccio un esempio: lo scorso anno l’Italia ha fatto installazioni di fotovoltaico per circa un decimo di quelle che avrebbe dovuto fare per essere in linea con il taglio del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030. Le aste sono andare deserte: su 100 Megawattora in gara ci sono state offerte solo per tre. In Spagna, invece, le aste hanno avuto una domanda del 200% rispetto all’offerta. Allora mi chiedo: in Sicilia c’è meno sole che in Spagna? Se vogliamo cambiare, nei prossimi anni dobbiamo moltiplicare al nostro paniere energetico il contributo delle rinnovabili.

La transizione green può essere, oppure no, una soluzione al problema energetico?
Transizione energetica vuol dire aumentare in modo temporaneo il prezzo dell’energia in termini di unità e non è un pasto gratis: la signora Gina paga in bolletta i permessi di emissione di CO2. Quindi, la transizione deve essere accelerata ma deve anche essere equa. Poi, non è neppure un concorso di bellezza: ci salverà il nucleare o l’idrogeno? Useremo fossili per tutta la vita? La soluzione potrebbe essere un’altra.

Quale?
Bisognerebbe percorrere le filiere industriali e, per ciascuna di esse, individuare le migliori tecniche, modalità e percorsi di decarbonizzazione. Non è detto che una fonte energetica vada bene per tutti. Poi, siamo d’accordo sul fatto di elettrificare il più possibile a condizione, però, che la generazione delle fonti sia rinnovabile. Infine, dobbiamo calcolare in tempi ragionevoli quando e come degassificare il Paese perché rischiamo di rimanere in ritardo.

L’Unione europea ha inserito tra le fonti sostenibili da porre alla base della transizione ecologica gas e nucleare: una scelta vincente?
A volte ho l’impressione che Bruxelles stia diventano un po' autoreferenziale. La tassonomia non è i Dieci Comandamenti e, nella realtà, avrebbe dovuto essere un modo per classificare quelle iniziative che a fini di finanziamento, e non a fini di realizzazione, potevano essere ritenute sostenibili e con etichetta Esg. Si tratta di criteri con i quali valutare gli investimenti di un’impresa in Environmental (ambiente), Social (il rapporto con dipendenti, clienti, fornitori, comunità) e Governance (come si imposta la leadership, il controllo e il monitoraggio interno, il rispetto della legalità). Ed è anche una questione di danno assoluto o relativo: il metano non è verde, però se non ho altro modo per sostituire una centrale a carbone, il danno relativo diminuisce. Con la tassonomia, l’Italia non c’entra nulla ed è uno strumento con il quale rendere più facilmente finanziabile l’eventuale riconversione delle centrali a carbone polacche e tedesche. Insisto sul fatto che il governo italiano debba porre in atto interventi selettivi e dare il via ad un percorso di cambiamento del nostro paniere energetico. Cosa, quest’ultima, che ha come più grosso scoglio i tempi e alcuni aspetti di natura organizzativa.