Flessibilità, salute, inclusività: le persone si aspettano sempre di più dalle aziende

La grande trasformazione del lavoro è oggi al centro della riflessione di politici, studiosi, cittadini e mass media. Comprendere i cambiamenti in atto è il primo passo per ridisegnare il futuro. Ne parliamo con la professoressa Alessandra Vischi, coordinatrice della Laurea magistrale in Progettazione pedagogica e formazione delle risorse umane e Docente di Pedagogia dell’organizzazione e sviluppo delle risorse umane

Lavoro

La pandemia ha evidenziato le criticità dei sistemi ambientali, produttivi e socioeconomici così come bisogni e fragilità individuali. All’interno delle aziende si assiste a fenomeni come great resignation, quite quitting, conscious quitting, che interrogano la pedagogia a ripensare contesti organizzativi nella prospettiva dello sviluppo umano e dell’ambiente. Sempre più persone (soprattutto le nuove generazioni) desiderano un’occupazione che permetta di godere di una certa flessibilità nei modelli e negli orari lavorativi a favore di un maggiore equilibrio tra lavoro e vita privata, un lavoro coerente con i propri ideali e la propria visione del mondo.

La ricerca di una corrispondenza valoriale, oltre che empatica, che ha dato il via a quel licenziamento silenzioso che ha investito il mondo del lavoro parallelamente a quella delle grandi dimissioni. Oggi più che mai è dunque doveroso indagare la complessità in modo da progettare nuovi scenari evolutivi del posto di lavoro, della gestione del personale e delle conseguenti prospettive. Argomenti che possono essere compresi meglio solo se inseriti in un orizzonte di riflessione più ampio e profondo, come quello pedagogico, che aiuta a decifrare criticamente i mutamenti in atto nello scenario lavorativo.

LAvoro

«Di fronte a incertezze e precarietà la risposta delle Pmi deve essere chiara: mettere sempre al centro delle scelte organizzative la persona e la sua dignità, perseguendo profitti attraverso innovazione ecologica e digitale. Un approccio che le organizzazioni potrebbero riscoprire è quello “tailor made” e considerare la persona attraverso la metafora dell’“artigiano”, vale a dire considerare uno stile “su misura” che aiuti a interpretare le diversità e specificità così come le potenzialità dei lavoratori – spiega la professoressa Alessandra Vischi – Considerare la persona come un “artigiano” oltrepassa la dimensione professionale, e significa scoprire e sviluppare i talenti, promuovere l’auto-efficacia di ciascuno e la creatività per immaginare e realizzare insieme contesti aziendali innovativi e sostenibili. Ciò richiama tutti, in primis gli imprenditori, a costruire un clima di dialogo, fiducia e incoraggiamento reciproco per il raggiungimento di obiettivi aziendali e, al tempo stesso, la soddisfazione professionale.

L’investimento prioritario è sulla cultura d’impresa che rappresenta l’identità valoriale e il “processo di vita” della stessa come pratica quotidiana e guida dei comportamenti, nonché chiave di lettura delle condizioni inerenti alle diverse dimensioni della vita economica e politica che la vede coinvolta. Non deve essere imposta ma condivisa con tutti i lavoratori, affinché sia guida per le scelte e i processi aziendali così come dei comportamenti individuali e collettivi. Per creare innovazione non bastano (solo) tecnologie di ultima generazione ma occorre cambiare prospettiva e ricercare la soddisfazione dell’azienda e, al contempo, l’autorealizzazione di ogni lavoratore, valorizzare il potenziale umano, il senso di appartenenza e di responsabilità, partecipazione al progetto aziendale».

ENGAGEMENT, ATTRACTION E RETENTION

LAvoro

Strategico diviene lo sviluppo delle risorse umane, inteso come progettualità prospettiche e inclusive, per favorire l’acquisizione di competenze green e soft skills, prevedere processi di carriera che rispondano sia ai desideri e alle potenzialità dei lavoratori sia alle prospettive di crescita delle performance aziendali. In questa prospettiva i lavoratori si sentono parte dell’azienda, coinvolti nei processi e chiamati a dare il proprio contributo ben oltre il ruolo prescritto.

È essenziale, quindi, soffermarsi sugli ingredienti dell’attrattività di un’azienda e quanto incide una gestione più attenta delle risorse umane nella capacità di essere attrattivi. Prosegue la professoressa Vischi: «Per conciliare profitto e miglioramento produttivo con la sostenibilità, ambientale e sociale, occorre prima di tutto una cultura aziendale che ponga al centro la dignità umana, il senso di responsabilità e il bene comune. Da qui derivano strategie di governance e buone pratiche che non sono universali ma vanno definite sulla singola organizzazione; ad esempio, un modello di gestione risorse umane che sia orientato alla formazione continua, un modello di welfare che colga gli effettivi bisogni dei dipendenti e una responsabilità sociale d’impresa integrata e condivisa con gli stakeholder. Ciò richiede anche la collaborazione con e per la comunità (P.A., università, realtà no profit e associative ecc.) attraverso progetti di ricerca, di sviluppo del territorio e di formazione.  Imprese responsabili, sostenibili e inclusive attraggono talenti, migliorano la soddisfazione dei dipendenti e, di conseguenza, diminuisce il turnover; consolidano il posizionamento sul mercato nel medio-lungo periodo e individuano nuovi target nel mercato, si riducono i ricorsi legali e il profitto aumenta».

IL RUOLO DEL DIVERSITY MANAGER

L'attenzione alla diversità e alle politiche di inclusione non è solo un aspetto etico di grande rilevanza, è diventata un aspetto sostanziale per l’attrattività delle aziende. Un fattore chiave sia per il successo che per l'empowerment e il benessere dei dipendenti. Ma cosa significa inclusività in azienda? Perché è importante e come creare (o migliorare) una strategia realmente inclusiva e quale l’impatto dell’inclusione sui processi aziendali? «Oggi la gestione e la valorizzazione delle differenze, tramite il Diversity management, ben lungi dall’essere una scelta ideologica, è diventata una necessità che deve essere affrontata in modo efficace. Non può poggiare su una visione parziale dell’organizzazione e non può prescindere da un lato dal commitment dei vertici e dall’altro lato dalla collaborazione di tutte le funzioni organizzative aziendali. Il Diversity management è un approccio alla costruzione del “noi organizzativo”, ancor prima di essere un processo di gestione della complessità. Esso appartiene alla vision dell’organizzazione e poi diviene parte della sua mission – ribadisce la professoressa Vischi – Per questo richiede un duplice cambiamento, culturale e organizzativo, che vada a impattare a livello: strategico, in termini di vision e valori; progettuale, in termini di politiche e pratiche; operativo, di implementazione delle stesse. Il cambiamento auspicato dovrà trasformare il modo di pensare, i comportamenti, i processi, e i risultati individuali, di gruppo e organizzativi. Come tutte le innovazioni organizzative, anche quella che introduce il Diversity Manager in azienda deve essere gestita in modo accorto per evitare che possa divenire una ridondante funzione burocratica e che non vada ad incidere nell’integrazione efficace delle diversità nel tessuto organizzativo».

Inclusione, equità e diversità sono asset strategici, è questa la consapevolezza che devono maturare le imprese e chi nelle imprese lavora. Rendere il lavoro un luogo inclusivo, accogliente, rispettoso del genere, della cultura, dell’etnia, dell’orientamento sessuale, politico e religioso, nonché dell’età e della disabilità: questo è il ruolo del Diversity Manager, figura sempre più indispensabile per attuare azioni realmente incisive, anche a breve termine. Conclude la professoressa Vischi: «La dirompente “personalizzazione” delle politiche di gestione delle risorse umane che l’approccio del diversity propone, può diventare una ricchezza organizzativa e aiutare a migliorare non solo le funzioni interne, ma anche la capacità dell’organizzazione nel suo complesso, di decodificare le molteplici diversità che compongono l’ambiente esterno e i cambiamenti sociali che caratterizzano il contesto in cui opera». Paola Mattavelli

Riferimenti bibliografici essenziali

  • Aglieri M., Battista A. (2020). Artigianalità nella complessità delle organizzazioni scolastiche: job crafting e formazione degli insegnanti. In «CQIA», 2020, X, 30, pp. 124 – 145.
  • Braga C. (2022). Diversity management: donne e generazioni per un mercato del lavoro resiliente, creativo e sostenibile. In A. Vischi (Ed.), Sviluppo delle risorse umane, innovazione organizzativa. Tra design pedagogico e sostenibilità. Lecce-Brescia: Pensa MultiMedia, pp. 95-114, ISBN 978-88-6760-959-8
  • Friday E., Friday S. (2003). Managing diversity using a strategic planned change approach. Journal of Management Development, 22 (10), 863-880.
  • Molinari A. (2022). Pedagogia, bene comune, Prospettive di ricerca verso un’economia civile. Lecce-Brescia: Pensa MultiMedia
  • Riccò R., (2016). Il Diversity Management nella pratica, una gestione integrata delle diversità. Sviluppo & organizzazione, 272, 56-65.

Vischi A. (Ed.) (2022). Sviluppo delle risorse umane, innovazione organizzativa. Tra design pedagogico e sostenibilità. Lecce-Brescia: Pensa MultiMedia, pp. 95-114, ISBN 978-88-6760-959-8