Gas e nucleare: sale la tensione nella Ue. Ma lo shock energetico mette a dura prova le Pmi

Bruxelles deve decidere fino a che punto gas e nucleare potranno essere considerati fonti energetiche "verdi". Nel frattempo, la tenuta delle imprese è messa a dura prova dal rialzo dei prezzi: l'elettricità fa +55% e il gas +42%. La tempesta perfetta rischia di mangiarsi la ripresa economica e di fare impennare l'inflazione. Chi pagherà i costi della transizione ecologica?

La preoccupazione rischia di cedere il passo alla paura che l’economia freni bruscamente per poi fermarsi, perché rincari così alti di energia elettrica (+55%) e gas (+41,8%) non se ne sono mai visti. Nonostante le misure adottate dal governo per tamponare il rialzo dei prezzi (la legge di Bilancio ha stanziato circa 3,5 miliardi di euro per l’emergenza bollette nel primo trimestre a favore di 29 milioni di famiglie e 6 milioni di microimprese), il fardello che dovranno sopportare le imprese, soprattutto quelle micro e piccole, sarà insostenibile: nel caso di un Prezzo unico nazionale (Pun) medio di 150 €/MWh, i costi extra dell’energia elettrica per le aziende italiane saranno di 36 miliardi di euro. Una cifra destinata a gonfiarsi, fino a raggiungere i 90 miliardi di costi, nel caso in cui il Pun medio dovesse salire a 200 €/MWh.

I SETTORI CHE RISCHIANO DI PIU’

La tempesta perfetta soffia forte su metallurgia, alimentare, chimica, filiere della ceramica,

Meccanica

del vetro e del cemento. Ma anche su chi opera nel settore della plastica, della gomma e della carta; nell’agroalimentare, nella meccanica e nella moda. Soffia, e rischia di radere al suolo quei pochi benefici che la ripresa economica stava portando al mondo imprenditoriale. Mondo, quello italiano, composto per l’89% da micro e piccole imprese che, spesso sottocapitalizzate o non sempre dotate di una grande solidità finanziaria, soffrono di un minore potere contrattuale – rispetto alle grosse realtà – con i fornitori.

COSTI INSOSTENIBILI SCARICATI SUL PRODOTTO FINITO: SI ALZA L’INFLAZIONE

Inflazione

Ma il problema tocca da vicino non solo le imprese energivore. Il problema è articolato e complesso, perché se da un lato le aziende sono costrette a dover sostenere bollette con importi che sono il doppio rispetto a quelle emesse mesi fa, dall’altro saranno nello stesso tempo obbligate a rivedere i loro costi aumentando il prezzo finale a consumatori e clienti. Nell’impossibilità di comprimere ulteriormente i propri margini, i costi delle aziende si scaricheranno sul prodotto finito alimentando l’inflazione.

SUPPLY CHAIN E GIACIMENTI ITALIANI A TUTELA DELLA MANIFATTURA

Siamo in un momento storico in cui si deve riflettere seriamente su antidoti in grado di

Supply Chain

smantellare incertezze e dubbi sul futuro. A partire da una politica europea che sappia andare al di là del problema delle fonti di approvvigionamento per tutelare l’industria manifatturiera e i suoi valori. L’Italia, che in Europa occupa la seconda posizione nella classifica delle industrie manifatturiere, rischia seriamente l’estromissione dal mercato di un gran numero di imprese e di intere filiere. Il nostro Paese, infatti, è fatto di imprese trasformatrici che devono essere protette sia sul fronte della disponibilità di materie prime (il ritorno dei contagi ha peggiorato i colli di bottiglia lungo le supply chain) che contro la prossima invasione di prodotti e semilavorati cinesi che inonderanno ancora i mercati una volta che rientrerà l’emergenza da Covid 19. Ma per dare un poco di ossigeno all’imprenditoria made in Italy non è fuori luogo pensare di immettere sul mercato le riserve strategiche di gas e riattivare l’estrazione dai giacimenti di cui è dotato il nostro territorio. Anche perché l’incidenza della componente energia sul conto economico delle imprese è passata dal 10-15% al 50% e più: percentuali che sottraggono giorno dopo giorno, alle imprese italiane, punti preziosi nei confronti della concorrenza internazionale.

MENO NUCLEARE, PIU’ CARBONE? LA STRADA EUROPEA E’ UN’ALTRA

Nucleare

E’ per questo che il dibattito su gas naturale e nucleare, in Europa, si fa più che mai caldo: la Francia ha una forte presenza di centrali e potrebbe approfittare della crisi energetica per ricavarsi una posizione di forza scomoda che potrebbe mettere in discussione anche la tenuta della capacità produttiva della Germania. Paese che conferma la sua contrarietà al nucleare ma che, però, non spegnerà la metà dei suoi reattori nucleari così come comunicato tempo fa. Se solo 3 impianti dovessero smettere di funzionare, si avrà un calo di produzione di cica 4GW, pari a mille turbine eoliche. L’equazione è semplice: meno nucleare, più carbone. Ecco perché la Commissione europea deve decidere fino a che punto potrà classificare gas e nucleare all’interno della tassonomia, cioè dire se questi possono essere considerati fonti energetiche “verdi” e quindi aiutare la transizione verso un futuro prevalentemente basato sulle energie rinnovabili. Un futuro nel quale è pienamente coinvolta anche la Cina, perché da un lato Pechino ha dato il via ad una stretta nel comparto delle terre rare (fondamentali per lo sviluppo delle energie rinnovabili), e dall’altro il Paese spingerà sul nucleare con la costruzione di 14 nuovi reattori che si aggiungeranno ai 52 già in funzione (la capacità totale sarà di circa 60GW per arrivare poi a 200GW entro il 2035).

L’ITALIA E I REATTORI DI IV GENERAZIONE

In seno all’Unione Europea, gli equilibri sono più delicati: Bruxelles sostiene il ruolo di

Nucleare

energie “verdi” di gas e nucleare così come la Francia, primo produttore di energia nucleare della Ue (37%) con la quale copre il 75% del proprio fabbisogno energetico. La Germania non è del tutto antinuclearista (non ha alcun interesse ad entrare in conflitto con la Francia, Paese che ha la presidenza di turno della Ue); Austria e Lussemburgo sono contrari al nucleare, mentre Spagna e Portogallo lo sono anche nei confronti del gas. E l’Italia? Bandito da decenni il nucleare, ci affidiamo al gas e ci avviciniamo alle posizioni tedesche: da un lato nessuno scontro la Francia e dall’altro porta aperta alla ricerca sui reattori di IV generazione.

 

 

 

 

 

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