La manifattura italiana negli ultimi anni ha dovuto affrontare elementi di grande discontinuità che hanno messo in luce la vulnerabilità di un modello basato su filiere di fornitura lunghe, frammentate e dislocate su scala globale. Choc esterni imprevedibili, come pandemia e conflitti, hanno dunque costretto le aziende medio-piccole a mettere in atto nuove strategie per minimizzare i rischi di approvvigionamento e i costi di trasporto. Per fare il punto della situazione e capire come si stanno riconfigurando le supply chain internazionali, ci siamo confrontati con Damiano Frosi, direttore dell'Osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet” del Politecnico di Milano.
«La nostra è una manifattura di trasformazione, di conseguenza la catena di fornitura acquisisce un ruolo strategico rilevante ai fini della capacità di produzione e dei costi. Soprattutto alla luce degli eventi inaspettati degli ultimi anni che hanno condizionato negativamente l’attività produttiva – chiarisce Frosi – I dati a nostra disposizione parlano di una situazione di disequilibrio per le supply chain internazionali a causa dell’enorme crescita dei costi della logistica che dalla seconda metà del 2021 fino a tutto il 2022 ha riguardato in particolare il mare e l’aereo: container e noli sulla tratta Cina-Italia, per esempio, hanno superato i 10mila dollari. In quel periodo sono avvenute interruzioni delle catene di fornitura di materie prime e semi-lavorati legate a eventi extra - come possono essere i conflitti o situazioni accidentali come il blocco del canale di Suez - che hanno acceso la lampadina su un aspetto in precedenza poco sentito nella logistica, ovvero la gestione del rischio. Per affrontare queste criticità le aziende hanno iniziato a ragionare con criteri di diversificazione del rischio, ovvero è stato messo in essere un aumento sia delle scorte che del numero di fornitori, preferendo, laddove possibile, fornitori più vicini in modo da accorciare le catene di approvvigionamento. L’esigenza di ricostituzione delle scorte ha portato - secondo i dati relativi al 2022 - una crescita dei canoni di affitto dei magazzini dell'8%, un numero rilevante se si pensa che si riferisce solamente all'occupazione dello spazio logistico, a cui si deve sommare l’aumento del costo dell’energia (+ 117%) e del carburante dei trasporti».
GLI EFFETTI SULLE AZIENDE
Le piccole e medie aziende sono andate a intervenire a monte, quindi sugli approvvigionamenti, facendo più scorte di semilavorati e prodotti grezzi. Questo è un primo effetto. Se guardiamo a oggi invece, quindi luglio 2023, i famosi costi di noli marittimi e aerei sono tornati ai valori pre-pandemici, il che rende di nuovo conveniente l'approvvigionamento lontano. «È un calo temporaneo all’interno di cicli economici che darà vita a un nuovo innalzamento costi. Bisogna abituarsi a pensare in un'ottica di supply chain internazionali estremamente flessibili, quindi essere pronti ad approvvigionarsi più vicino in determinati momenti e più lontano in altri. Nel momento della ripresa il mercato del trasporto si è trovato impreparato a rispondere velocemente alla domanda esponenziale e improvvisa. Le imprese oggi necessitano di maggiore logistica: più magazzini e spazi per lo stoccaggio delle materie prime, con un aumento del capitale immobilizzato; maggiore flusso fisico per quanto riguarda trasporto e movimentazione negli impianti – prosegue – Le aziende sanno bene che serve un insieme di linee di azione (più fornitori, più vicini, più scorte) e questo inevitabilmente comporta una gestione logistica più complicata e dai costi più elevati».
Qui si innesta una nuova problematica, soprattutto per la piccola manifattura italiana, che ora deve rafforzare internamente queste funzioni per governare la complessità dei canali di approvvigionamento, il numero dei fornitori e una logistica meno lineare. «Di nuovo, il rafforzamento del personale è l’ennesimo aspetto che concorre all'aumento dei costi: non bisogna guardare solo alla gestione del magazzino e dei trasporti ma anche a tutte le persone che gravitano intorno a questo processo. Costi che in questa fase storica si stanno riflettendo sul consumatore, portando a una mini-recessione che innesca una spirale negativa che va a gravare ulteriormente sui bilanci aziendali. È un momento estremamente difficile che sta mettendo a dura prova la tenuta delle aziende».
LA SUPPLY CHAIN COME ECOSISTEMA
Diversificare e accorciare la catena di fornitura per ridurre i costi oltre che per una questione di logistica, essere pronti ad avere più fornitori che garantiscano i volumi necessari al di là di choc esterni imprevedibili. «Le supply chain si fanno corte e diversificate, con partner più vicini alla produzione (Italia, Europa, Nord Africa) non solo per essere resilienti ma anche per ragioni di sostenibilità. In qualche nicchia si può parlare di reshoring con un ritorno della produzione di materie prime. Per esempio, nell’ambito farmaceutico, l’ultimo report di Farmaindustria riguardante il 2022 mette in luce l’Italia come Paese che ha aumentato maggiormente la produzione, con una crescita del + 15 % in alcune linee produttive di farmaci. Tuttavia, rimaniamo un Paese di trasformatori, l’enfasi avuta sul reshoring è a mio avviso eccesiva anche alla luce di ciò che accade attualmente con le catene di fornitura internazionali che sono tornate a funzionare – spiega – È anacronistico pensare a un fenomeno di deglobalizzazione. Dobbiamo continuare a ragionare in un’ottica di Paese che sta in Europa e nel mondo e che deve seguire una logica di approvvigionamento internazionale imparando a diversificare la propria strategia».
La logistica si sta imponendo come protagonista dei nostri tempi. Gli choc di questi anni hanno costretto le aziende a rivedere l’approccio alla logistica, considerata in passato come una commodity. L’economia sta cambiando ed è fondamentale ripensare i processi di creazione delle filiere. «È in atto un cambio culturale, non più crescita a tutti i costi ma attenzione a criteri di diversificazione. La logistica va ad incidere dal 5 al 15 % del fatturato, è una voce rilevante anche in un’ottica di sostenibilità – conclude – Sono nate vere e proprie partnership tra aziende di produzione e aziende di trasporto e logistica. È importante fare rete, creare nuove relazioni. Non compro più trasporti in base al costo minore ma cerco quel partner che anche nei momenti critici mi sappia trovare le soluzioni migliori. Una tendenza sempre più evidente che garantisce forniture strategiche e un maggior potenziale di diversificazione, con una conseguente crescita di marginalità». Paola Mattavelli