Per evitare che un collaboratore si dimetta, bisogna giocare d’anticipo. Durante e dopo il colloquio di lavoro. Ed è questo lo strumento che permette di capire il senso che il futuro dipendente vorrà dare al suo lavoro: non solo equilibrio tra vita privata e vita professionale, ma anche accettare prove sfidanti, riqualificarsi o cambiare mansione.
A dirlo sono Luca Solari e Alessandra Lazazzara, entrambi docenti di Organizzazione aziendale e gestione delle risorse umane all’Università degli Studi di Milano. Che a Imprese e Territorio raccontano dell’importanza di un colloquio di lavoro mirato, ma anche schietto, per agire su quelle leve che possono svelare le vere intenzioni del candidato: accettare l’assunzione, per poi eventualmente andarsene, oppure sentirsi parte di una realtà nella quale restare. Per crescere.
Ed è stato il Covid a mettere le prime mine alle fondamenta dell’occupazione, perché alcuni lavoratori si sono posti proprio questa domanda: come posso dare un senso al mio lavoro?
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Il colloquio di lavoro è solo il primo passo
Capire le intenzioni future del candidato durante il colloquio è oggettivamente difficile. Però, il primo consiglio è quello di trattare questo confronto come se fosse solo un primo passo: la base per continuare nel tempo il rapporto con il futuro dipendente. Per un titolare può risultare gravoso perché l’unica risorsa dell’imprenditore è il tempo, ma dare continuità al colloquio aiuta il titolare a capire anche gli altri lavoratori: una persona nuova in azienda è un’occasione per guardare in modo diverso al proprio modo di lavorare. E’ utile, inoltre, per migliorare la propria azienda.
Come capire il futuro dipendente: perché hai scelto la mia azienda?
Un imprenditore deve chiedersi: perché questa persona ha scelto la mia azienda? Gli va bene qualsiasi cosa? Si è informato su cosa facciamo e sulla nostra storia? Non bisogna mai dimenticare che se per un’azienda è importante scegliere il proprio dipendente, per questo è importante scegliere il proprio luogo di lavoro. Per un motivo: quando si viene assunti si “vende” il proprio tempo. E il tempo è un valore. Durante il colloquio, però, bisogna anche capire con quale orizzonte temporale il candidato valuterà il suo lavoro. Con due domande: il giovane ha un progetto di vita? Vuole imparare e crescere? La progettualità non vuol dire, necessariamente, fare carriera ma imparare nuove cose. Per esempio, un imprenditore potrebbe portare con sé il giovane per fargli capire cosa vuol dire fare impresa. Questo è un investimento che darà i suoi frutti.
Raccontare sé stessi: il candidato si mette a nudo
E’ una modalità di intervista strutturata che è fatta di tante domande. Per esempio, si deve chiedere al candidato di raccontare una situazione vera che ha vissuto: come ha scelto la scuola superiore, come ha raccolto le informazioni, cosa si aspettavano da lui i suoi genitori, cosa gli hanno detto gli amici, come ha affrontato la scelta e, infine, se si è trovato contento. Questa modalità di intervista è definita con l’acronimo di STAR: situazione, task, azione e risultato. Queste domande ci aiutano ad entrare nel mondo del giovane e ci danno un’impressione migliore di chi abbiamo di fronte.
Ci sono cose che non si possono discutere
Le domande che pone l’imprenditore al candidato devono segmentare per valore culturale. E’ come se si selezioni il modello di rapporto con il lavoratore. E’ giusto che l’imprenditore sia selettivo sin dall’inizio, in modo deciso, e metta in chiaro da subito i principi fondanti dell’azienda per evitare futuri problemi con il dipendente. E’ giusto dire da subito quali sono le cose che non si possono mettere in discussione. Se si concede tutto, un’azienda vale l’altra.
Dare un senso al lavoro
Socialità, appartenenza, prospettive di crescita: durante un colloquio di lavoro, l’imprenditore deve prestare attenzione al senso che il potenziale candidato dà al lavoro stesso. Ora, il lavoro non è più dalle 9 alle 18 con pausa dalle 13 alle 14: essere flessibili è una condizione “sine qua non” per chi offre un’occupazione. Le persone restano sul posto di lavoro se trovano un senso in quello che fanno. Un senso che può essere legato alle relazioni (l’ambiente di lavoro), ai contenuti (la sfida), all’equilibrio tra vita privata e lavorativa (flessibilità). L’imprenditore ne deve tenere conto.
Le leve per scegliere il futuro lavoratore
E’ per questo che bisogna procedere con un approccio individualizzato nei confronti dei candidati e, rispetto ai singoli casi, puntare su una leva piuttosto che su un’altra. Perché ci sono candidati per i quali il senso del lavoro sta nell’essere e rimanere bravi tecnici e nel confrontarsi con i problemi quotidiani dell’attività lavorativa. Altri, invece, mostrano una propensione alla dimensione relazionale: il senso del lavoro, in questo caso, lo si trova nel bisogno di leadership, anche se informale. Il candidato vuole entrare in una realtà in cui può essere riconosciuto, nella quale poter influenzare le decisioni e portare le persone “a bordo” rispetto a idee e progetti. Il colloquio di lavoro è un modo per rispettare le unicità e le esigenze individuali. E’ la congiunzione tra quello che offre l’organizzazione e ciò che il candidato può offrire all’azienda.
Lavoratori a “chilometro zero”
Tolta la grande offerta del mercato, alcune persone lasciano il posto di lavoro perché è difficile da raggiungere. La fatica fisica di recarsi in azienda crea discontinuità nel tempo e così si cerca un posto di lavoro dove il proprio costo di accesso è basso. Si può fare qualcosa? Il titolare dovrebbe insistere su colloqui di lavoro a persone che sono logisticamente vicine alla sua azienda: dipendenti a “chilometro zero”. Qui che deve entrare in gioco la capacità della piccola impresa di fare rete con le scuole e di essere presente nei luoghi dove più facilmente si possono incontrare i giovani.
Coinvolgere e partecipare
Un passaggio importante che spetta all’imprenditore è comunicare la vision dell’azienda e rendere da subito partecipe il nuovo candidato, così come tutti gli altri collaboratori, delle sfide che lo attenderanno: un punto, questo, che permette di assumere persone motivate e di tenersi i talenti in azienda. L’imprenditore deve sempre comunicare il perché delle proprie scelte, che sia la richiesta di straordinari o l’impegno di lavorare contemporaneamente su diversi progetti. A volte, le persone se ne vanno perché non capiscono le ragioni di alcune richieste e perché la poca chiarezza nella comunicazione porta alla frustrazione. E’ per questo motivo che nei colloqui one-to-one si deve fare una riflessione su come il candidato può contribuire, con le sue competenze, alla realizzazione di un quadro complessivo.
Guardarsi dentro
Il colloquio di lavoro è un’occasione anche per l’imprenditore, perché può ricordare a sé stesso come ha costruito la sua azienda, quali solo i principi che la rendono vitale, perché i propri dipendenti sono ancora così appassionati nonostante sia difficile ottenere incrementi retributivi. Al candidato bisogna parlare con franchezza: «Questo è quello che ti possa dare perché noi siamo fatti così. Se viene a lavorare per me, queste sono le condizioni».
Le strategie aziendali cambiano e si rinnovano anche i processi di selezione
Il vecchio colloquio di lavoro andrà in pensione?
Secondo un'indagine effettuata da LinkedIn, "Global Recruiting Trends", sembra proprio di sì. Il motivo sta nell’uso sempre più radicato dell’intelligenza artificiale con tutto ciò che la compone: dagli algoritmi ai chatbot. Ecco perché usare l’Intelligenza artificiale:
Se da un lato i software specifici danno una mano ad analizzare i curriculum vitae, dall’altro con i chatbot si risponde alle domande di chi si candida. Però, è lo stesso Linkedin a mettere in guardia i selezionatori sull’uso dell’Intelligenza Artificiale: rende più veloci le procedure e taglia i tempi di selezione, ma non può gestire l’intero processo.
A questo punto, meglio il vecchio colloquio?
Il rispetto della privacy nel colloquio di lavoro
Partecipare ad un colloquio di lavoro significa fornire all’azienda selezionatrice i propri dati personali, sia attraverso il curriculum vitae (CV) e sia attraverso il colloquio. Il nuovo Regolamento Europeo in materia di dati personali (GDPR) entrato in vigore il 25 maggio 2018 definisce le linee da seguire per garantire la tutela dei dati personali anche durante una selezione di lavoro.
Per prima cosa, subito dopo la ricezione del CV, e ancora prima di aprirlo e di mettere in campo un trattamento di dati personali, al candidato deve essere consegnata un’informativa.
Nel caso in cui l’azienda riceva in modo spontaneo un CV da parte di un candidato, non dovrà consegnare nessuna informativa privacy. Lo dovrà fare, invece, se il candidato verrà chiamato a sostenere un colloquio di lavoro.
Quali domande si possono fare, o non fare, al candidato?
Partiamo dalle cosiddette domande legittime. Interessano la capacità motivazionale del candidato e le sue aspirazioni future. Facciamo qualche esempio:
Altro discorso riguarda, invece, le cosiddette domande illegittime con le quali si chiedono informazioni che nulla hanno a che fare con la posizione lavorativa. Qualche esempio:
I riferimenti legislativi su questo tipo di domande sono: l’articolo 8 dello Statuto dei Lavoratori L.300/1970 e l’articolo 27 del Codice delle Pari Opportunità Dlgs. 198/2006. Inoltre, l’articolo 37 della Costituzione vieta espressamente ogni disparità di genere e impone al datore di lavoro di organizzare la propria impresa evitando ogni discriminazione nei confronti delle proprie dipendenti, sia in sede di accesso al lavoro sia durante lo svolgimento del rapporto professionale.
Consigli per i candidati: cosa non dire a un colloquio
Jobiri elenca dieci frasi che, assolutamente, nessun candidato deve pronunciare durante il colloquio di lavoro. Eccole: