Aree di Confine, l'Italia vuole la rivincita: «Il Ticino? Meno welfare e meno assunzioni»

#videoinchiesta2018 #areediconfine «La Svizzera fa dumping salariale nei confronti dell’Italia, è vero, ma noi rispondiamo con un dumping sociale che è bene considerare». A oltre un anno dalla presentazione ufficiale del progetto di legge Aree di Confine - messo a punto da Confartigianato Imprese Varese con l'obiettivo di fronteggiare il dumpung salariale elvetico aumentando il netto in busto ai dipendenti impiegati nelle aziende italiane di confine, torniamo a passare la parola alle imprese.

E lo facciamo uscendo dai confini della provincia di Varese e agganciando quella di Como, dove Aree di Confine è approdata attraverso l'asse di collaborazione siglato tra Confartigianato Imprese Varese e Confartigianato Imprese Como.

LORO STIPENDI PIU’ ALTI, NOI TUTELA SOCIALE

Imprenditori

Otello Boninsegna, titolare sessantaseienne della Boninsegna Snc di Faloppio (a quindici chilometri da Como) in via Manzoni 10, commenta la proposta di legge “Aree di confine”, ideata da Confartigianato Imprese Varese e condivisa da Confartigianato Imprese Como, così: «Loro offrono stipendi più alti; noi tuteliamo meglio i nostri collaboratori con un welfare migliore».

Per poi proseguire: «I chiari di Luna ci sono anche oltreconfine e in territorio svizzero si assume sempre meno. Tenersi le proprie professionalità è importante per qualunque azienda, ma penso che l’iniziativa di Varese possa aprire anche altri fronti: per esempio il “rimpatrio” di collaboratori già formati e con ottime esperienze da spendersi». Punto interrogativo: in un mercato del lavoro scosso da forti turbolenze, il signor Boninsegna assumerebbe un cinquantenne? «Perché no: se sapesse far girare le macchine come birilli, non avrei problemi». Per intenderci: abilità, competenze ed esperienze non sono parole al vento. Soprattutto per chi, come accade alla Boninsegna, deve contrastare competitor tedeschi, americani e cinesi.

GIOVANI, MA NON SOLO: L’AZIENDA CHIEDE PROFESSIONALITA’
La partita è aperta: sette persone in azienda (compreso Otello), un’età media che si aggira sui trentacinque anni (il più giovane ne ha 28 e il più “anziano” 40), formazione tecnica specialistica (alla Boninsegna si producono livelle toriche, sferiche e inclinometri in vetro e in acrilico per i comparti della meccanica e dell’edilizia impegnati in produzioni di nicchia) e coinvolgimento culturale di tutti nella «conduzione dell’azienda: ognuno può contribuire con idee e progetti, e se ne discute insieme».

Ma la Svizzera è a pochi passi e il pericolo del drenaggio occupazionale è sempre vivo: «E’ per questo – prosegue Boninsegna – che valuto più che positivamente la proposta di Confartigianato Varese. Qui è accaduto un fenomeno che probabilmente potremmo condividere con altri territori di confine di Como e Varese. Il mercato immobiliare di Faloppio, negli ultimi anni, ha assistito a rincari paurosi e il territorio si è popolato senza mezze misure. Pensi che quando in Svizzera è festa, qui sembra domenica. Sul territorio di Faloppio si è creato anche un “parcheggio-polmone” per lasciarci le auto e incoraggiare il car pooling verso la Svizzera. Se dovesse passare la proposta “Aree di confine” farei i salti di gioia».

ME NE VADO IN SVIZZERA, MA…
Non è difficile capirne il perché: gli imprenditori ne fanno una questione di competitività legata alla permanenza in azienda di dipendenti preparati e validi; i collaboratori ne fanno invece una questione di netto in busta paga. La proposta di legge va ad incidere proprio su quest’ultima voce: aumentare il netto per i lavoratori occupati nelle imprese con sede entro i venti chilometri dal confine con il Canton Ticino.

E, di conseguenza, limitare il dumping salariale elvetico e la fuga delle professionalità nel cantone svizzero di lingua italiana. Eppure l’imprenditore comasco, in tutta la sua lungimiranza, è stato anche fortunato: «In tutti questi anni – l’azienda nasce grazie a mio padre Giuseppe nel 1956; io ci sono entrato nel 1972 – abbiamo avuto un solo caso (però rientrato) di “fuga salariale”. Un ragazzo, quando si è giovani accade, si lasciò attrarre dallo stipendio svizzero e decise di provarci. Ma non se ne andò senza prima avermi strappato una promessa: “Se le cose non dovessero andare, lei mi riassumerebbe?” Sì, e così è stato».

VENGA DA NOI, GIA’ TRENT’ANNI FA
Al richiamo elvetico, Boninsegna ha sempre resistito. E racconta un aneddoto che tanto dice sui rapporti tra Italia e Svizzera: «Più di trent’anni fa mi ritrovai sulla scrivania un plico che arrivava direttamente dal Canton Ticino. Lo apro e dentro ci trovo una proposta di trasferimento della mia attività nella zona industriale che si stava realizzando nelle vicinanze di Lugano. L’invito si accompagnava a cartine della zona con i dettagli dei capannoni e rispettive volumetrie. Lo ripiegai e non ci pensai più».

Ma la proposta di legge, secondo Boninsegna, potrebbe condurre ad un altro vantaggio per il territorio italiano: «Più lavoratori in Italia significherebbe più manodopera specializzata e, di conseguenza, anche la possibilità di “ripopolare” le zone industriali che in questi ultimi anni hanno sofferto non solo a causa della crisi economica ma anche di quel dumping salariale che ha tolto risorse alle nostre eccellenze produttive». Insomma, il circuito virtuoso che potrebbe collegarsi alla proposta “Aree di confine” non è da sottovalutare: «Io la sostengo, e spero che lo facciano anche tante altre imprese».