«Il futuro c’è per chi lo vuole vedere»: non ci gira intorno Chiara Mauri, direttore della Scuola di Economia e Management della Liuc – Università Cattaneo di Castellanza. La realtà racconta una storia con la quale dover prendere confidenza: ci sono imprese che, nonostante la pandemia, vanno bene e che addirittura hanno aumentato i loro ricavi; ce ne sono altre che non hanno avuto alcun svantaggio significativo e altre ancora, invece, che sono state fortemente penalizzate dalla crisi. D’accordo, ma come ci si può riorganizzare? Quali sono le frecce all’arco delle imprese? È possibile trasformare le sfide più grandi in vero cambiamento? Quali i valori dell’impresa sui quali fare leva? È possibile rinascere dall’incertezza?
Non è facile dirlo anche se, sostiene la professoressa, «una certa insicurezza è salutare: se un imprenditore si sente sicuro sul mercato è già morto. Deve lavorare per profilare i propri clienti e per tenerseli stretti, ma deve anche accettare il fatto che qualche cliente non resterà con lui per tutta la vita. Un cliente soddisfatto non è necessariamente fedele. E questo accade non perché è cattivo, ma perché oggi i clienti cercano una pluralità di fornitori. Ecco perché il cliente me lo devo conquistare giorno per giorno». È una questione di valori e approccio scientifico al tema: «Quando le cose vanno male, le imprese più avvedute guardano ai margini e lavorano sull’efficienza riducendo i costi».
Di questi temi si parlerà, proprio con la professoressa Chiara Mauri, in occasione della diretta Facebook del ciclo Item d’Impresa, in programma venerdì 18 giugno dalle 12.30 alle 13 sulla pagina di Confartigianato Varese.
Qui di seguito, qualche anticipazione
Ridurre i costi non è mai facile, o sbaglio?
È doloroso: per l’imprenditore si tratta di dover fare uno scatto che porti alla creazione di valore. Però ci si deve chiedere: valore per me o per il cliente? Per entrambi, ovviamente. Per il cliente, valore significa prodotti/servizi al prezzo che è disposto a pagare; per l’imprenditore, il valore è il profitto. Non il ricavo, ma il margine di lungo periodo. Penso che il Covid ci abbia insegnato che le vie per produrre valore siano molte più di prima.
Anche un cliente può essere un costo?
Ogni azienda ha clienti redditizi e non redditizi: un imprenditore non si accorge di questi ultimi fino a quando non si mette ad analizzare il fatturato. Il cliente redditizio distrugge valore perché i costi superano i ricavi. Qui bisogna intervenire subito, ma ciò non vuol dire non servire più quel cliente. Bisogna ragionare su prezzi e costi. E poi chiedersi sempre cosa vuole davvero il cliente e quanto è disposto a pagare.
Cosa intende?
Faccio due semplici esempi: Amazon è cresciuto a dismisura perché fa pagare la comodità e il tempo. Chiunque, da casa, può comprare ciò che vuole all’ora che vuole. Pensiamo anche a Delivery: al tempo si attribuisce sempre più un valore orario, che ora si aggira sui cinque euro. Qui ci sono tutte le possibilità per lavorare sui ricavi. E qui ritorniamo al discorso di prima: i costi.
Dunque, lavorare sull’efficienza?
Il lato dei ricavi è creativo, quello dei costi non piace a nessuno. Certo, bisogna lavorare sull’efficienza. Dunque, sui costi del personale, sulla ridistribuzione degli incarichi, sul cambiamento di orari e turnazione, sui cambiamenti di abitudini anche lavorative introdotte dallo smart working. Pensiamo alla rinegoziazione dei canoni di affitto e al fatto di dover favorire gli spazi di co-working. Questa pandemia ha aperto enormi spazi all’efficienza: lavorando sui costi si colgono mille aree di valore per l’impresa.
(ulteriori approfondimenti in occasione della diretta del 18 giugno sulla pagina Facebook di Confartigianato Varese dalle 12.30 alle 13)