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Efficienza, produttività e autorevolezza: la società benefit dà più valore all’azienda

Efficienza, produttività e autorevolezza: la società benefit dà più valore all’azienda
Società benefit

Perseguire il legittimo profitto portando alla propria organizzazione vantaggi in termini di efficienza, produttività e anche autorevolezza e, contestualmente, generare un impatto positivo su persone e ambiente attraverso una condotta responsabile, sostenibile e trasparente

Questo si propongono, in concreto, le società benefit, attenendosi a una nuova forma giuridica d'impresa che consente di coniugare la naturale finalità economica con aspetti connessi al benessere del contesto sociale e ambientale che le accoglie. A questo percorso, può poi anche aggiungersi quello del perseguimento della certificazione come B Corp, erogata da un ente terzo (BLab, ndr).

Una scelta che può interessare aziende di diversa struttura, dimensione e ambito di attività e che prevede un percorso di autoanalisi, miglioramento e certificazione dei processi e delle competenze e il coinvolgimento virtuoso delle proprie risorse umane e degli stakeholder. Un impegno messo nero su bianco e tema driver per il team quale fattore strategico e di competitività e volano per una maggiore produttività.

Una scelta insomma che conviene; ne abbiamo parlato in occasione dell’evento “Società Benefit - Cosa vuol dire e quali sono le azioni da intraprendere" promosso al Faberlab powered by Arburg da Artser. Ora approfondiamo il tema.

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Trasparenza, tecnologia, ottimizzazione delle risorse, impegno sociale, brand awareness: tanti sono gli aspetti su cui poter intervenire per portare la propria realtà a questo nuovo livello di efficienza, con numerosi vantaggi.

Le società Benefit rappresentano «un’innovazione nella forma giuridica dell’impresa e con anche rilevanza sociale» illustra Gianfranco Rebora, professore emerito di organizzazione e gestione delle risorse umane della Liuc – Università Carlo Cattaneo di Castellanza, direttore della rivista Sviluppo & Organizzazione e autore di saggi e pubblicazioni, come l'ultimo dal titolo "Governare le organizzazioni nel rumore e nel caos" (Este, 2023).

Un percorso evolutivo che porta con sé una prospettiva di stabilità a lungo termine: «Quando, con la formula benefit, si oltrepassa la semplice certificazione - osserva l'esperto - ci si assicura che la volatilità legata a momenti di crisi, come i vari tracolli finanziari che si sono succeduti nel tempo oppure i cambiamenti nel management o altri eventi contingenti, non comporti il sacrificio di valori sociali e ambientali».

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L’incorporazione di questi aspetti nei documenti costitutivi dell’azienda offre dunque a imprenditori, proprietari e investitori la garanzia di continuità nell’orientamento etico dell’impresa. Le benefit esprimono poi anche il "coraggio" di percorrere una strada non usuale nel contesto di riferimento: «Come sintetizza lo slogan secondo cui la felicità fa i soldi, non il contrario, i promotori di questa formula sono animati dalla volontà di risolvere almeno in parte l’eterno conflitto tra benessere delle persone e produttività economica, con una sorta di scommessa controcorrente».

In un mondo in cui comunicare appare - con le dovute proporzioni - importante tanto quanto il fare, la presenza di un riconoscimento formale può avere quindi anche un impatto comunicativo rilevante.

«Raccontarlo, insomma, sembra avere l’effetto di promuovere una diffusione della formula significativamente maggiore di quanto la semplice adozione di modelli organizzativi come l’organizzazione non gerarchica, l’impresa senza capi, l’autogestione, che restano legati a iniziative di nuclei ristretti di promotori e teorizzatori, sulla base di assunti non sempre realistici e, di fatto, difficilmente destinati a durare nel tempo».

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Diventare benefit poi, conferma Rebora, è anche la premessa per un’evoluzione organizzativa tangibile. «L’adozione della formula non è fine a sé stessa - sottolinea infatti - perché pone in modo esplicito l’esigenza di sostenere l’idea guida con scelte organizzative concrete. Gli atti formali di enunciazione degli scopi, i rapporti di sostenibilità, il coinvolgimento degli stakeholder, le narrazioni plurali non devono infatti restare fattori isolati» ma innescare un processo virtuoso di ripensamento del concetto di lavoro e della sua organizzazione.

«Una progettualità organizzativa ad ampio spettro, ispirata da una visione integrata dei processi aziendali - aggiunge il professore - È quindi necessaria per alimentare nel tempo modelli di pensiero e di comportamento coerenti e modi di comunicazione idonei a promuovere prospettive generali anziché meramente parziali, o individuali. Il potenziale di coinvolgimento di lavoratori e stakeholder attraverso la formula in oggetto oltrepassa di per sé il banale storytelling, che proietta immagini predefinite per generare illusioni, e apre a passioni e investimenti personali capaci di generare eventi che cambiano l’ordinaria routine dell’azienda, condividendo gli obiettivi.

Si tratta quindi - conclude - di accogliere una visione ispiratrice, che richiede naturalmente seguito in una serie di decisioni e azioni coerenti, con la partecipazione attiva di soggetti molteplici». Paola Piovesana