Secondo gli indicatori di una recente ricerca effettuata dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, circa il 50% delle Pmi sono refrattarie o comunque indietro rispetto a un processo di digitalizzazione. Ma Rorato è chiaro nell’affermare che «se noi oggi ascrivessimo la colpa solo agli imprenditori, commetteremmo un macroscopico errore». E la spiegazione è davvero interessante e articolata, si suddivide in un insieme di attori che compongono quello che viene definito dal Direttore Rorato l’ecosistema delle Pmi.
Le piccole medie imprese operano senza ammortizzatori interni come invece avviene nel caso delle grandi imprese, ed hanno una visione molto spesso proiettata sempre solo nella quotidianità. Fornitori, incassi dei clienti, ritardi nelle consegne dei materiali, le banche che chiamano per i fidi.
PROGETTUALITA’ DI MEDIO LUNGO TERMINE?
La progettualità di medio lungo periodo una Pmi, non se la può permettere.
Ma la soluzione esiste ed è praticabile, secondo Rorato, ed è ad appannaggio di un insieme di attori che compongono quello che viene chiamato l’ecosistema o altrimenti detto l’approccio olistico alla Digital Transformation delle Pmi italiane.
Ed è proprio l‘ecosistema e gli elementi di cui è composto, che devono farsi carico di alcune responsabilità, avendo sempre come obiettivo primario l’imprenditore e non gli addetti ai lavori. «Questo perché, sono gli imprenditori che devono avere la visione del digitale – continua il Direttore dell’Osservatorio sulle Pmi - perché materialmente sono loro che decidono di fare gli investimenti. Quindi se non mettiamo loro come obiettivo, non possiamo pensare che le piccole medie aziende facciano il vero salto nel mondo digitale».
Gli attori dell’ecosistema in cui opera l’imprenditore
I Professionisti
Tra i primi ad essere citati dallo studio dell’Osservatorio ci sono i professionisti come gli avvocati, i commercialisti, i consulenti del lavoro, quelli che oggi sono i veri fornitori dell’azienda e che presidiano alcuni processi lavorativi delicati come se fossero una propaggine stessa dell’impresa. «Costoro dovrebbero portare, oltre alle soluzioni quotidiane – spiega il Direttore – anche una nuova cultura digitale e gestionale per far elaborare nuove visioni agli imprenditori verso il mondo digitale».
Le Associazioni di categoria
E poi ci sono le associazioni di categoria che, secondo l’Osservatorio, dovrebbero indirizzare i loro corsi di formazione agli imprenditori, portandogli delle case history o best practice di altri imprenditori del loro settore. Storytelling vincenti di aziende che hanno già smarcato altre progettualità digitali e che sono un esempio da seguire nel precederli su questa strada.
Le software house
Fanno parte anche loro dell’ecosistema, dichiara il direttore Rorato «ma devono innanzi tutto cambiare i linguaggi, renderli più comprensibili. Noi abbiamo fatto alcune indagini sulle cyber e data security, e rispetto a questo, abbiamo riscontrato che gli imprenditori, persone estremamente concrete, sono molto spaventati perché hanno la percezione di dover smontare tutto quello che hanno già costruito e dover ogni volta ripartire da zero. Facciamogli invece capire che investire in Cyber security, vuol dire far percepire che l’azienda ha un senso di responsabilità non più soltanto verso sé stessa, ma anche verso coloro che condividono i loro dati delicati con lei. In chiave marketing questo funziona benissimo, e aumenta di credibilità sul mercato».
Gli istituti bancari e le filiere
Sempre nello stesso ecosistema, sono presenti come attori anche le banche, le più dinamiche, quelle che stanno cercando di servire a tutto tondo le aziende, creando dei network professionali che aiutino gli imprenditori ad esempio ad accedere ai bandi, percorso spesso farraginoso ma vitale.
E poi le filiere, che sono il luogo virtuale in cui si incontrano aziende che hanno gli stessi scopi, condividono gli stessi problemi e parlano la stessa lingua. La filiera diventa un luogo su cui investire, perché è più facile trovare dei denominatori comuni anche per accedere a finanziamenti governativi e regionali.
La connettività
E infine la connettività. «È inutile parlare di arretratezza o progresso nel digitale – prosegue Rorato - se abbiamo ancora delle disparità nella disponibilità della banda. Esistono aziende che ci hanno confermato di non aver potuto fare industria 4.0 perché la latenza (il tempo che intercorre tra l’input che arriva ad una macchina e l’output che una macchina destinataria deve poi generare) non consentiva di loro di far dialogare le macchine. Devono essere creati i presupposti per togliere gli alibi per poter dire non ho potuto fare».
«Tutti questi elementi devono rappresentare un nuovo modo di ragionare sul mondo delle Pmi, che non sono le uniche responsabili – conclude il Direttore dell’Osservatorio - gli imprenditori si prendano le loro colpe, ma l’ecosistema che dialoga con loro, si deve assumere delle nuove incombenze se vuole che le Pmi possano entrare nel mondo digitale». Alessandra Aggravi