Diversi obiettivi, stessa necessità: junior e senior cercano benessere sul lavoro
Simone Panizzuti, psicoterapeuta e psicologo del lavoro, coach e docente, consiglia alle aziende di non cadere negli stereotipi, promuovendo un ambiente inclusivo, e di puntare sulla formazione continua e lo scambio di conoscenze tra le diverse generazioni, che risultano fondamentali per il successo aziendale in un contesto multigenerazionale

Valorizzare sia i giovani che i senior sul luogo di lavoro è cruciale per favorire uno sviluppo equilibrato delle competenze e un ambiente lavorativo inclusivo. Oltre a incentivare e sostenere il potenziale dei giovani talenti, è altrettanto rilevante riconoscere e valorizzare l'esperienza e le conoscenze dei lavoratori più anziani. Simone Panizzuti, psicoterapeuta e psicologo del lavoro, coach e docente, conferma che questo equilibrio non solo arricchisce il patrimonio di conoscenze aziendali, ma favorisce anche il trasferimento di competenze dai senior ai più giovani, garantendo la continuità e la crescita dell'organizzazione nel tempo.
Inoltre, la gestione efficace dei conflitti e dei contrasti è fondamentale per mantenere un clima lavorativo armonioso e produttivo. La proposta di corsi di formazione e percorsi di coaching mirati può essere un prezioso strumento per sviluppare competenze chiave come la leadership, la comunicazione efficace, la gestione dei conflitti e la gestione del feedback. Queste iniziative non solo forniscono agli individui gli strumenti necessari per affrontare le sfide quotidiane sul posto di lavoro, ma contribuiscono anche a promuovere una cultura aziendale basata sulla collaborazione, la fiducia e il rispetto reciproco.
GIOVANI E SENIOR INSIEME

Nel 2024, le imprese devono affrontare la sfida della gestione delle varie esigenze generazionali mediante un approccio di gestione dell'età. Una recente indagine condotta in Italia dal Politecnico di Milano in collaborazione con Doxa ha rivelato che la Generazione Z ricerca un'impronta sociale positiva dalle organizzazioni.
Ma nonostante l'attenzione rivolta ai giovani, il 55% della forza lavoro è composto da generazioni precedenti. Come fare? Simone Panizzuti, psicoterapeuta e psicologo del lavoro, coach e docente, consiglia alle aziende di non cadere negli stereotipi, promuovendo un ambiente inclusivo, e di puntare sulla formazione continua e lo scambio di conoscenze tra le diverse generazioni, che risultano fondamentali per il successo aziendale in un contesto multigenerazionale.
QUALI SONO LE DIFFICOLTA' DELLA COESISTENZA?

Le diverse generazioni all'interno di un'organizzazione portano con sé una varietà di bisogni, visioni, competenze e punti di vista. Questa diversità può arricchire l'azienda, ma può anche creare sfide, soprattutto nella gestione delle aspettative e dei conflitti generazionali. L’ultimo studio di Randstad Employer Branding Research mostra priorità differenti in base all'età: innanzitutto, la Generazione Z cerca un equilibrio tra lavoro e vita privata, visibilità del percorso di carriera, formazione di qualità, presenza di programmi di diversità e di inclusione, attenzione ai temi ambientali e la presenza di un management di valore.
Dai 25 ai 34 anni cambiano le priorità, per cui ritroviamo il work life balance, ma anche l'importanza della retribuzione, la presenza di benefit interessanti, la possibilità di lavorare da remoto. Dai 35 ai 54 anni, invece, c’è di nuovo l'equilibrio tra lavoro e vita privata e l'atmosfera di lavoro piacevole. Dai 55 anni prevale la sicurezza del posto di lavoro, la solidità finanziaria aziendale, un contenuto del lavoro svolto interessante, un'ottima reputazione.
Possiamo trovare quindi delle tendenze comuni tra queste generazioni, ma anche obiettivi diversi.
Per l'organizzazione le difficoltà possono essere infatti la gestione dell'ascolto e la comprensione di bisogni e visioni diverse, oppure gestire dei problemi a livello relazionale tra età e “status” differenti. Le persone che sono in azienda da tempo con un certo livello di seniority, per esempio, potrebbero iniziare a percepire come minaccia una nuova generazione portatrice di input e di aspetti innovativi. In questo caso si può pensare a un'integrazione o a programmi di mentoring, per esempio tra l’esperienza dei profili e senior e l’apporto di innovazione dei profili junior, che se funziona può rilevarsi vincente.
QUALI “RESISTENZE” IN AZIENDA NEI CONFRONTI DEI NUOVI ARRIVATI E DAI GIOVANI?

Da parte degli Over 50 si può riscontrare il bisogno di proteggere il proprio status all'interno dell'azienda. Poi, nel caso di ruoli tecnici, come profili di aziende o aree funzionali IT, o in generale nei profili STEM, ci può essere una resistenza nell'accogliere l'utilizzo di nuovi strumenti e tecnologie. Se questo avviene, per i senior comporterebbe l'attivazione di un apprendimento non sempre facile, oltre che il cambiamento dello status da “persone esperte”, a “persone che ne sanno meno dei nuovi arrivati”.
Un’altra resistenza può riguardare la disponibilità di insegnare alle nuove leve. In alcuni casi, non è semplice per una persona che è da tempo in azienda e ha un carico di lavoro importante, trovare anche il tempo di seguire e formare nuove persone, di monitorarle, dare dei feedback, assegnare degli obiettivi e valutarle. Mentre, per quanto riguarda i giovani, più che una resistenza, una difficoltà potrebbe essere la distanza tra quello che ci si aspetta prima di entrare in azienda, nel mondo del lavoro, e poi il reale, quello che trovano.
Sarebbe ottimale quindi avere proattività nel fare domande, ma anche saper attendere e aspettare. Oppure, laddove c'è una mancanza di strategie di inserimento, soprattutto in organizzazioni complesse, ci possono essere difficoltà a orientarsi. Alcune volte però possiamo trovare anche la presunzione. Per esempio, ci sono degli step che possiamo individuare nei giovani di crescita da “inconsapevolmente incompetenti”, fino a “consapevolmente incompetenti” e quindi disposti a imparare. Quando diventano competenti poi spesso acquisiscono anche la consapevolezza del loro valore. Ma non è detto che, di pari passo, possa esserci un riconoscimento da parte delle aziende dove lavorano.
NON AFFRONTARE LE DINAMICHE INTERGENERAZIONALI

Ci sono rischi significativi, soprattutto per alcune aziende e determinati ruoli. Innanzitutto, c'è il rischio di perdere attrattività per i giovani o di non riuscire a trattenere i profili senior, noto come talent retention. Questo è particolarmente rischioso per i profili STEM, come informatici o tecnici, che sono sempre più richiesti ma sempre più rari da trovare.
Se un'azienda non comprende l'importanza di trattenere sia i profili senior che di attrarre i giovani, potrebbe trovarsi senza le risorse necessarie per progredire, portando a un declino. Altri problemi potrebbero derivare dalla mancanza di accoglienza verso le nuove generazioni, dalla mancanza di innovazione o dall'eccessiva enfasi sull'innovazione a discapito dell'esperienza e della visione dei profili più esperti.

CINQUE CONSIGLI
- Implementare un efficace processo di onboarding per i nuovi ingressi, fornendo loro informazioni utili sull'azienda e il loro ruolo, e assegnando loro un tutor o un mentore per guidarli nei primi passi e nel raggiungimento degli obiettivi.
- Valorizzare i profili senior senza farli sentire minacciati dalle nuove leve, premiandoli e garantendo loro un senso di sicurezza nell'azienda.
- Dare spazio alle idee e all'entusiasmo dei giovani attraverso progetti pilota o spin-off, responsabilizzandoli e valutando i loro progressi in modo trasparente.
- Mantenere un dialogo aperto e attivo con i dipendenti di tutte le generazioni, attraverso momenti regolari di ascolto attivo e feedback reciproco, anche attraverso focus group che coinvolgono persone con diversi livelli di anzianità.
- Investire in innovazione, valorizzando sia i giovani talenti che i profili senior, garantendo un equilibrio tra ciò che già funziona e ciò che ha bisogno di innovazione, e attivando processi di cambiamento mirati. Elisa Marasca