Energia alle stelle: le Pmi tra rincari e strategie per resistere

Il costo dell’energia in Italia cresce del 32% nel 2025. Le imprese reagiscono con rinnovabili, efficienza e nuove strategie per restare competitive: le loro testimonianze

Energia Pmi

Per gli imprenditori intercettati da Confartigianato Imprese Territorio, il rialzo dei costi dell’energia elettrica e del gas è quasi una certezza. E se le aziende energivore non nascondo le preoccupazioni, quelle i cui consumi sono minori non stanno certo tranquille.

LA FOTOGRAFIA DELLA CRISI IN NUMERI

In questo 2025, il prezzo dell’energia in Italia è aumentato del 32% sul prezzo medio del 2024 e del 50,2% su gennaio 2024: la Germania si ferma al 20% e la Francia al 25%. Le quotazioni del gas in Europa, invece, hanno segnato un incremento di oltre il 40% da settembre 2024 e, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, nel 2025 è previsto un aumento nella domanda di gas del 2%.

A questo si aggiunge la quotazione del Prezzo Unico Nazionale (PUN) che in Italia, a inizio 2025, era a 139 € al megawattora. Ben al di sopra delle principali economie europee. Il rialzo dei prezzi potrebbe costare alle imprese italiane quasi 14 miliardi di euro rispetto al 2024 (+19,2%) e le aziende del Nord sarebbero le più colpite.

ECCO COME LE IMPRESE SI PREPARANO AL PEGGIO

Energia Pmi

Ad oggi, le ultime bollette ricevute dagli imprenditori non svelano rialzi preoccupanti: il 2%, a volte il 3%, ma nulla di più. Però, i venti della geopolitica sembrano dirigere altrove i costi dell’energia elettrica ed è bene prepararsi. Il come, lo raccontano alcune aziende di Confartigianato Imprese Territorio. A partire da Claudio Sala, cotitolare della Victor Srl, realtà specializzata nella produzione di rulli e rullini: «Può sembrare una casualità, ma non lo è: di fronte ad un calo dei consumi, in concomitanza di una crisi – prima il Covid, ora il conflitto alle porte dell’Europa e quello in Medio Oriente – scattano gli aumenti. L’incertezza globale aumenta la crisi e specializzarsi in lavorazioni sempre più di nicchia è l’unica soluzione per poter salvaguardare i margini». Il punto di domanda, però, c’è «ed è grosso», commenta Daniele Clerici della Mi.Da Luxury packaging, azienda nel settore del design cartografico: «Fino ad oggi i consumi sono sotto controllo, ma se il costo dell’energia dovesse crescere di un euro al giorno per ogni macchina in funzione, il problema sarebbe enorme».
Per fare una valutazione “dati alla mano” alcuni imprenditori attendono la prossima bolletta, ma i rialzi del 2021 e 2022 hanno lasciato il segno e la parola ri-organizzazione va di pari passo con gli investimenti in macchinari a basso consumo energetico, impianti fotovoltaici, ricerca di gestori affidabili, contratti a prezzi bloccati, cambio programmato dei gestori, gruppi di acquisto dell’energia elettrica e del gas (CEnPI).
JMec Srl (macchine speciali per l’automazione), Anfabo Srl (micro-ingranaggi), Finazzi Srl (serramenti), Rimoldi & CF Srl (macchine da cucito) viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda: «Gestori che tengono sotto controllo l’andamento delle quotazioni e il pannellamento a energia solare (a seconda della potenza e della tipologia aziendale può coprire il 25%, il 40% o anche il 60% del fabbisogno produttivo) possono attutire il colpo». Storie comuni nelle quali, però, c’è chi è meno preoccupato degli altri e si considera una “mosca bianca”. E’ il caso della Nuova General Plast Srl guidata da Christian Trabalza: «Siamo una realtà energivora, ma anche durante i rincari del 2022 – bollette da 5mila euro a 8mila euro – non abbiamo avuto grossi problemi. I costi siamo sempre riusciti a gestirli grazie a macchinari Industria 4.0».

COSA FARE PER CONTENERE GLI AUMENTI DELL’ENERGIA

  • Investire in energie rinnovabili (solare, geotermico ma anche eolico: le regioni italiane, in linea con le loro peculiarità territoriali, ne sono ben fornite) per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili e stabilizzare i prezzi
  • Configurare un mix a costo ottimale tra vecchie e nuove energie
  • Investire in macchinari di ultima generazione a basso consumo energetico ma, anche, formare i propri collaboratori a comportamenti virtuosi per risparmiare energia
  • Investire in autoconsumo, generazione e aggregazioni per coprire, condividere e prevedere le spese
  • Affidarsi alla consulenza/strumenti delle associazioni di categoria: gruppi di acquisto e broker
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COSA PUO’ FARE L’EUROPA

  • Tetto al prezzo del gas
  • Acquisti congiunti a livello europeo
  • Strategie per l’indipendenza energetica
  • Disaccoppiamento tra pezzi gas-energia elettrica
  • Riequilibrare il peso del fisco sulle diverse dimensioni degli imprenditori
  • Rivedere il sistema di prelievo sugli oneri di sistema
  • Maggiore equità nelle politiche fiscali sull’energia
  • Politiche di sostegno: crediti di imposta e misure temporanee per alleviare l’onere delle bollette

LA RIVOLUZIONE: IL PASSAGGIO DAL PUN AI PREZZI ZONALI

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Dal 1° gennaio 2025, il Prezzo Unico Nazionale (PUN) è stato sostituito dai prezzi zonali. Lo ha deciso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) per rendere il mercato dell’energia più efficiente e trasparente. Cosa cambia? Se da un lato il PUN è un prezzo unico per tutta l’Italia, dall’altro i prezzi zonali cambiano in base alle diverse aree geografiche del nostro Paese. Ogni zona, quindi, avrà un suo prezzo dell’energia definito in base ai costi di produzione e trasmissione della regione interessata. Il vantaggio? Si rispecchiano fedelmente le dinamiche del mercato all’ingrosso e si incentiva una gestione più efficiente delle risorse energetiche locali. I prezzi zonali, infatti, mappano le infrastrutture disponibili, registrano le condizioni climatiche, considerano le variazioni di prezzo dettate dalla domanda e dall’offerta locali di energia. Una gestione più efficiente delle risorse potrà migliorare la competitività del sistema economico italiano.

I PROBLEMI CHE AFFOSSANO L’ITALIA

Nel nostro Paese, l’aumento delle bollette dell’energia elettrica è il risultato di una combinazione di fattori internazionali e strutturali.

  • Fattori internazionali: da un lato, il blocco del passaggio del gas russo dall’Ucraina rende incerti gli approvvigionamenti, mentre dall’altro le riserve di gas in Europa sono diminuite a causa delle temperature rigide e ci sono pressioni da parte degli Stati Uniti per aumentare le esportazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) verso l’Europa.
  • Fattori strutturali: la produzione di energia elettrica in Italia dipende, in larga misura, dal gas e la mancanza di centrali nucleari (di cui è ben dotata la Francia) e impianti eolici offshore (come la Germania) rende il paese vulnerabile ai rimbalzi dei prezzi del gas.

A questi si aggiungono l’incremento della domanda di energia post-Covid (un problema trasversale a tutte le economie) e l’aumento dei costi di compensazione delle emissioni CO2.

Per affrontare il problema dei rincari, l'Italia ha diversificato le sue fonti di approvvigionamento: ridotta la dipendenza dal gas russo, ora i nostri principali fornitori sono l'Algeria, l'Azerbaijan e la Libia. Significativi gli approvvigionamenti di GNL (gas naturale liquefatto) da Qatar e dagli Stati Uniti.

ITALIA ULTIMA PER COMPETITIVITA’ ENERGETICA

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La classifica europea segna la linea di demarcazione tra chi riesce a mantenere la propria competitività e chi, invece, la perde: il nostro Paese occupa il primo posto per bollette dell’elettricità e a pagarne il conto più alto sono le imprese di piccole e medie dimensioni. Quelle che non hanno i mezzi economici per resistere agli scossoni dell’economia: sulla borsa di Amsterdam, il prezzo del gas è volato oltre i 50 euro al megawattora. Una quotazione che non si registrava dal mese di ottobre 2023.

IL 27% DI ONERI E ACCISE IN BOLLETTA

Caricare gli aumenti sui clienti? «Fino ad un certo punto – commentano gli imprenditori di Confartigianato – perché gli attori in filiera si devono adeguare alle regole fissate dai clienti finali». Chi è terzista ha poco, o nullo, potere contrattuale. Ma le Pmi non solo devono fare fronte ai prezzi impazziti, ma anche al cronico squilibrio nella distribuzione del carico fiscale e parafiscale sull’elettricità: sulle Pmi, il peso degli oneri generali di sistema è 15,8 volte superiore a quello delle grandi aziende e oneri e accise pesano per il 27,1% sul prezzo dell’energia elettrica al netto di Iva. La Germania si ferma al 15%, la Spagna al 12,3% e la Francia all’8%.

LE PMI PAGANO PER LE GRANDI IMPRESE ENERGIVORE

La fotografia scattata da Confartigianato è realista: a causa dell’assurdo meccanismo “meno consumi, più paghi” applicato agli oneri parafiscali, le Pmi con consumi energetici contenuti sono costrette a sobbarcarsi la maggiore quota di oneri per finanziare, tra le altre cose, le agevolazioni per le grandi imprese energivore. In barba al principio “chi inquina, paga”, questa iniqua distribuzione del carico contributivo si traduce in un ostacolo alla competitività delle piccole e medie imprese, quasi il 90% del sistema produttivo italiano.

ALLE PMI SERVONO RISPOSTE RAPIDE SULLE BOLLETTE

Alle imprese servono risposte immediate rispetto alle criticità del sistema elettrico. Se da un lato Confartigianato guarda in modo positivo al nucleare, che potrebbe integrare il mix energetico nazionale, dall’altro chiede che il finanziamento di questa tecnologia non vada a gravare sulle bollette delle Pmi, riproducendo così un modello penalizzante che drena alle aziende risorse preziose. Inoltre, gli impianti termonucleari non sono in grado di modificare rapidamente la produzione elettrica e, quindi, ci si dovrà concentrare maggiormente sullo sviluppo delle rinnovabili come punto di forza della decarbonizzazione e leva per la crescita del sistema produttivo. Davide Ielmini