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I distretti industriali resistono. Tra strategia e rinnovabili arriva il rilancio post-pandemia

I distretti industriali resistono. Tra strategia e rinnovabili arriva il rilancio post-pandemia
Distretti industriali

Posizionamento strategico, e investimenti nelle rinnovabili. Ad avere la pazienza di giocare alla sottrazione delle parole per restringere al minimo i temi portanti delle aziende che appartengono ai distretti, sono questi i due concetti che vanno ben fissati, o meglio che vengono fissati dal quindicesimo Rapporto sui distretti industriali di Intesa Sanpaolo.

Una fotografia scattata dal principale gruppo bancario italiano per capitalizzazione, e «sviluppata» per riassumere l’andamento di settori dove numerosissime espressioni lombarde trovano casa, dalla gomma del Sebino ai distillati del Bresciano, dalla metalmeccanica di Lecco al tessile e abbigliamento della Val Seriana; e sì, nell’elenco c’è anche in una voce varesina, quella imputabile agli «articoli di gomma e materie plastiche», di Varese, appunto, che in una classifica con punteggio da zero a 100 si pone penultima nel range di riferimento dello studio, ma portandosi a casa una piena sufficienza, cioè l’invidiabile voto di 68,3 (il primo classificato ha il voto di 83,7).

PROSPETTIVE DI CRESCITA ELEVATE

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I distretti dunque non solo resistono, ma “rilanciano”, con prospettive di crescita elevate. Lo studio si pone come una mappa per orientarsi nel momento di mezzo, cioè il passaggio fra gli anni in cui l’economia è rimasta imbrigliata nelle dinamiche pandemiche e l’era dell’uscita dall’emergenza sanitaria per l’ingresso in un nuovo e forte periodo di turbolenza e instabilità legato all’incremento dei costi per le linee di approvvigionamento, l’impennata dei costi energetici, e il peso in termini economici dei conflitti armati.

La lettura delle risposte delle imprese all’aumento dei costi dell’energia offre dunque conferme sulla reattività del tessuto produttivo italiano: soprattutto nelle aree ad alta intensità distrettuale prevalgono infatti le azioni dirette a ridurre i consumi di energia, ad avviare oppure potenziarne l’autoproduzione, a rimodulare i turni. Molte imprese hanno già apportato soluzioni che riducono l’impatto dei costi energetici. In termini mediani emerge tra il 2019 e il 2022 un aumento del 57% degli importi pagati da imprese distrettuali a favore di utilities energetiche. Per il primo quartile della distribuzione lo studio rileva tuttavia un lieve calo degli importi pagati (-3%), mentre i pagamenti risultano più che raddoppiati per il quartile maggiormente impattato (+118%), tuttavia le imprese distrettuali che hanno installato almeno un impianto per la produzione di energia rinnovabile hanno una marginalità più elevata (9,8% vs 8,1%). Le imprese piccole e micro sono quelle che traggono i maggiori vantaggi. Dunque, arriviamo al posizionamento strategico.

MEGLIO IL DISTRETTO CHE L'ASSENZA DI DISTRETTO

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L’analisi dei bilanci di più di 90 mila imprese evidenzia il recupero post-pandemico di 22.302 imprese appartenenti a 159 distretti industriali, nel confronto con 68.377 imprese non distrettuali specializzate nelle produzioni distrettuali, e ne emerge una migliore dinamica delle prime, che in termini mediani già nel 2021 hanno registrato un fatturato del 5,2% superiore ai livelli del 2019, due punti percentuali in più rispetto alle aree non distrettuali. Anche la redditività si è rafforzata: l’Ebitda (il margine operativo lordo nda) nei distretti è salito al 7,7%, tre decimi di punto in più rispetto al 2019.

A fronte di un rapido recupero, l’accresciuta complessità del contesto macroeconomico ha accentuato le distanze tra chi è più competitivo e chi è più in difficoltà: in gran parte dei settori, infatti, è aumentata la quota di imprese con Ebitda negativo ed è salita l’incidenza delle imprese con margini unitari superiori al 20%. È stato premiante il posizionamento strategico: tra le imprese distrettuali con brevetti, l’Ebitda margin è salito al 9,9% nel 2021, dal 9,1% nel 2019; si è così ampliato il divario rispetto alle altre imprese, salite all’8,1% dal 7,8%. Infine, i numeri d’insieme.

EXPORT DA RECORD

Nel 2022 la crescita dei distretti è proseguita: l’export ha toccato la cifra record di 153 miliardi di euro, 25 miliardi in più rispetto al 2019 (+19,9% a prezzi correnti), mentre il fatturato, secondo le stime dei rilievi, ha registrato un aumento del 16,7% in termini mediani, mostrando una dinamica migliore rispetto al complesso manifatturiero (+15,2%). Il forte aumento dei costi, in parte traslato sui prezzi, ha condizionato la marginalità unitaria che, tuttavia, grazie ad efficientamento dei processi, autoconsumo, sostegni governativi, ha subito una riduzione contenuta, inferiore al punto percentuale.

Per il 2023-24 viene stimata dallo studio di Intesa una crescita nominale del fatturato ancora superiore al manifatturiero «puro» (+3,3% contro un +0,9%), in un contesto di prezzi alla produzione pressoché invariati. Andrea Camurani