La filiera corta come opportunità strategica per le Pmi

Accorciare le catene di fornitura: ecco i benefici a imprese, territorio e sostenibilità

shupply chain

Il tema della filiera corta è tornato prepotentemente al centro del dibattito economico e industriale, non solo in Italia. Dopo decenni di globalizzazione sfrenata, gli choc degli ultimi anni – dalla pandemia alle guerre, passando per la crisi energetica – hanno messo in luce la fragilità delle catene globali di fornitura. Ne abbiamo parlato il professor Federico Caniato, ordinario di Gestione e Organizzazione aziendale al Politecnico di Milano, offrendo una chiave di lettura utile soprattutto per le piccole e medie imprese italiane. «Il concetto di filiera corta nasce nel mondo agroalimentare, legato ai prodotti locali, a chilometro zero, con meno impatto ambientale e maggiore sostenibilità», spiega Caniato. «Ma oggi non riguarda solo l’agricoltura: per qualsiasi settore, rivolgersi al territorio e alle imprese locali porta benefici economici, ambientali e di resilienza»

OLTRE I CONFINI DEL CHILOMETRO ZERO

Nell’immaginario comune, filiera corta fa rima con prodotti a km 0: frutta, verdura, latticini acquistati direttamente dal produttore. Un modello che, oltre a ridurre l’impatto ambientale, garantisce freschezza e sostegno all’economia del territorio. Ma, come sottolinea Caniato, il concetto oggi è molto più ampio. «Abbiamo scoperto tutte le fragilità delle filiere globali», osserva. «Per questo si è tornati a guardare con attenzione ai piccoli fornitori locali: sono più sicuri, più flessibili, più resilienti». Il professore distingue tre diverse dimensioni della filiera corta:

  • Geografica: «Più sei vicino, più la filiera è corta».
  • Relazionale: «Avere un rapporto diretto con il fornitore significa evitare passaggi intermedi, rafforzare la fiducia, controllare qualità e conformità».
  • Informativa: «Anche quando non posso comprare vicino, come per il caffè o il cacao, posso accorciare le distanze con maggiori informazioni sul produttore e sul processo, grazie alle tecnologie digitali».

PMI TRA RESILIENZA E NUOVE OPPORTUNITÀ

shupply chain

Il ritorno a una logica di filiera corta si rivela particolarmente rilevante per il tessuto produttivo italiano, fatto in gran parte di Pmi. «Le nostre piccole imprese sono spesso in mezzo a reti di fornitura complesse: da un lato acquistano componenti all’estero, dall’altro devono vendere su mercati internazionali», ricorda Caniato. In questo scenario, la vicinanza diventa un vantaggio competitivo:

  • Sicurezza negli approvvigionamenti: ridurre i rischi legati a crisi geopolitiche e interruzioni logistiche.
  • Flessibilità: gestire più facilmente gli imprevisti grazie a relazioni personali con fornitori vicini.
  • Resilienza: mantenere continuità produttiva anche in contesti turbolenti.

«Spesso le Pmi italiane sopravvivono perché sanno vendere all’estero meglio delle grandi imprese», ricorda il professore. «Avere rapporti diretti con i clienti, anche quando si trovano dall’altra parte delle Alpi, può fare la differenza nel farsi apprezzare e restare sul mercato».

STRUMENTI PER ACCORCIARE LE CATENE DI FORNITURA

Non si tratta solo di un cambio di mentalità: servono strumenti concreti.

  • Procurement e relazioni locali. «Conoscere bene il mercato di fornitura e valutare i fornitori vicini è fondamentale», spiega Caniato. «Quando questo non è possibile, è importante almeno costruire relazioni dirette e ottenere maggiori informazioni: solo così si può accorciare la distanza».
  • Supply chain finance. La filiera corta non è solo logistica, ma anche finanziaria. «La piccola impresa, da sola, è fragile finanziariamente: ha tassi di interesse più alti e accesso limitato al credito. Ma se fa parte della filiera di un grande cliente, può accedere a strumenti come il reverse factoring, che permettono condizioni più vantaggiose proprio perché garantite dal cliente», sottolinea Caniato.
  • Digitalizzazione e tecnologie. «Oggi le tecnologie digitali sono fondamentali per realizzare filiere corte, smart e resilienti», osserva. «Parliamo di strumenti di comunicazione, monitoraggio, scambio di dati e documenti, fino all’intelligenza artificiale, che ormai è accessibile anche alle Pmi. Ho incontrato imprese che usano ChatGpt per cercare fornitori, preparare negoziazioni o raccogliere informazioni sui mercati: strumenti che fino a pochi anni fa sarebbero stati impensabili per una piccola realtà».

SOSTENIBILITÀ E VALORE SOCIALE

shupply chain
La filiera corta è anche una leva per la sostenibilità e la coesione sociale. «Il concetto nasce con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale e sostenere l’economia locale», ricorda Caniato. «Spesso si è legato anche a progetti di economia solidale, come imprese agricole che recuperano terreni confiscati alla criminalità organizzata o che danno lavoro a categorie svantaggiate». Ma i benefici si estendono anche alle imprese manifatturiere. «Comprare in Italia anziché in Cina non solo sostiene l’economia nazionale, ma riduce i costi dei trasporti e le emissioni. E in genere garantisce maggior rispetto delle normative e degli standard di qualità», aggiunge.

ESEMPI CONCRETI DAL TERRITORIO

Per rendere più tangibile il concetto, il professore porta alcuni esempi significativi:

  • Agroalimentare: «Penso alle aziende agricole che vendono direttamente a gruppi di acquisto o ai progetti delle mense scolastiche di Milano, che ogni giorno preparano 80mila pasti utilizzando prodotti del territorio».
  • Manifattura: «Ci sono aziende che stanno riportando parte della produzione in Italia o in Europa per ridurre i rischi e avere alternative più vicine».
  • Settore sportivo: «Una piccola impresa italiana di biciclette sportive, che prima importava prodotti finiti dall’Asia, oggi assembla in Italia componenti provenienti anche da fornitori locali, offrendo un prodotto su misura per i clienti».

«Sono segnali di un trend diffuso», osserva Caniato. «Sempre più imprese, dove possibile, cercano di valorizzare i fornitori locali e ridisegnare le filiere. Non è sempre facile: piccolo vuol dire anche rischioso, vuol dire non avere sempre la capacità di fare tutto. Ma è un percorso che può dare molto valore».

DAL GLOBALE AL GLOCAL

shupply chain

In definitiva, la filiera corta non è una ricetta universale, ma una strategia da modulare in base ai settori e ai contesti. «Non bisogna essere ingenui: alcune materie prime o competenze non sono disponibili in Italia», avverte Caniato. «Ma possiamo sempre lavorare per ridurre le distanze, che siano geografiche, relazionali o informative». Il messaggio per le Pmi è chiaro: puntare su prossimità, relazioni solide e strumenti digitali non solo rende più efficienti, ma rafforza anche la capacità di affrontare un mercato globale sempre più instabile. «In un contesto turbolento e selvaggio come quello attuale, le nostre piccole imprese possono trovare nella filiera corta una chiave per rimanere competitive, resilienti e sostenibili», conclude Caniato (1. continua). Annarita Cacciamani