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Come andare alla ricerca dell'investitore giusto: regole per far crescere l'impresa

Come andare alla ricerca dell'investitore giusto: regole per far crescere l'impresa

La voglia di trovare un socio è rara. Ma in periodi di difficoltà rispunta come un pensiero tenuto nascosto a forza, e viene in mente il “da solo non ce la fai più” di quel vecchio amico, o peggio, il rimorso per quell’offerta ricevuta e orgogliosamente rifiutata in tempi di vacche grasse, che oggi sarebbe dimezzata.

Cercare un investitore è un percorso complesso, fatto di più tappe. Non c’è un vademecum preciso ed esauriente su come affrontarlo, ma si possono elencare alcune azioni indispensabili a renderlo meno difficile e improvvisato. 

PERCHÉ
I motivi per cui sorge questa necessità sono moltissimi, ma se ne possono riassumere alcuni.

Una crisi improvvisa, di cause esterne, aggrava una condizione di difficoltà che già dura da tempo, e non ci sono risorse per affrontarla. Così si apre il capitale per non morire, e spesso si finisce per vendere tutto, subito o gradualmente.

Piutost che darghe l’azienda al mè fiò la bruso” ha scritto Francesco Cesaro nel suo libro L’ho fatto per voi (Guerini NEXT Editore). Infatti, capita che si cerchi un investitore per motivi interni, come la famiglia, che non sa o non vuole più occuparsi dell’impresa. Allora tanto vale vendere un pezzo per volta, o introdurre un socio e tenersi una piccola quota, passando da titolare a piccolo investitore.

L’intenzione può essere anche l’integrazione di due attività (il socio sa fare bene una cosa che io non so fare, che è strettamente connessa al mio prodotto o al mio servizio) oppure quella di acquisire insieme altre realtà. Così ci si ingrandisce, si aggiungono i propri mercati o le proprie strutture a quelli dell’investitore. Si avrà una quota inferiore, ma di una realtà maggiore.

QUANDO
In ognuno di questi casi, per riuscire bene e non perdere opportunità favorevoli e guardare con realismo la propria condizione, servono idee chiare, lucidità e sangue freddo. L‘orgoglio va messo da parte.

La prontezza di riflessi è infatti necessaria quando capita l’occasione buona, indipendente dalle nostre intenzioni; ma nella maggior parte delle volte è indispensabile prepararsi a un percorso medio-lungo, intrapreso volontariamente e consapevolmente.

Non è detto che il momento giusto sia adesso. Per cui è bene conoscere in anticipo il valore di ciò che vendiamo, essere consapevoli delle condizioni del mercato, per evitare il “troppo presto” così come il “troppo tardi”.

Il momento giusto non capita mai, e se capita riguarda la fortuna, un elemento che non possiamo né dobbiamo considerare quando facciamo i nostri calcoli. Piuttosto, è molto meglio evitare l’urgenza.

CHI
L’identikit del socio perfetto non esiste. Ma in un momento storico in cui anche lo Stato pensa di diventare un investitore, è comunque corretto pensare alle caratteristiche di massima che dovrebbe avere il nostro futuro partner.

Sono stato in vacanza e ho capito che devo cercarmi un socio, magari tedesco” non è l’approccio ideale. Spesso il passaporto di chi investe connota specifiche abitudini, comportamenti e strategie, ma non la bontà dell’investimento: può capitarci un ottimo socio francese così come un pessimo socio lombardo.

Si può intuire qualcosa nei tratti specifici della nazionalità o della dimensione, ma la prova è sul campo. E l’importante è non partire prevenuti, in un caso o nell’altro. Può fare al caso nostro un fondo di investimento o anche il nostro avvocato.

Nel complesso, pensare al “chi” è un esercizio duro. Il legame viscerale con la propria azienda mette in gioco i sentimenti e si tende a valutare l’investitore anche con gli occhi del padre che lascia il figlio in mani altrui. Eppure, capita di dover scendere a patti con uno storico concorrente, anche se lo si è sempre rispettato.

COME
Il nostro miglior investitore può essere appunto un concorrente, o inaspettatamente un cliente o un fornitore. Cominciare a cercarlo per tempo è la migliore delle soluzioni; meglio ancora se ci si confronta con il proprio commercialista, la propria banca, un fondo, il legale, una società di consulenza o anche la propria associazione d’impresa.

Per farlo bisogna anche perdere il timore per le malelingue, frequenti in provincia, secondo cui se “gira la voce che uno vende” è con l’acqua alla gola. Meglio non curarsene, e adottare un po’ dello stile sciolto delle start up, abituate ad aprire il proprio capitale senza farsi troppi problemi.

Il confronto è invece prezioso perché riguarda la valutazione di informazioni sensibili: predisporre quelle della propria impresa, da presentare all’investitore, e raccogliere le sue. Conoscere bene la dote di entrambi garantisce un buon matrimonio, se non eterno, almeno stabile.