Dal bronzo di Tokyo all'oreficeria: Martinenghi cammina sulle orme di papà

Dal bronzo di Tokyo all'oreficeria: Martinenghi cammina sulle orme di papà
Nicolò Martinenghi bronzo a Tokyo

Dalle Olimpiadi, al sogno di diventare un artigiano come il padre. Questo è Nicolò Martinenghi, Tete, il giovane nuotatore di Azzate di 22 anni che ha conquistato il bronzo nei 100 rana e poi nella staffetta 4x100 mista a Tokyo. Un atleta concreto, il cui esempio insegna che bisogna stare con i piedi per terra per raggiungere i risultati più grandi.

«Manca ancora qualche anno di “nuoto”, è ancora presto, ma io mi pongo domande sul mio futuro. Non voglio, a fine carriera, essere catapultato nel mondo reale senza sapere cosa fare – racconta il nuotatore – Quando sarà il giorno in cui dovrò lasciare lo sport, voglio avere un piano già pronto. Mi piace immaginarmi orafo come mio padre. So che ci vuole tanto a imparare un mestiere del genere, ma mi piacerebbe che mio padre avesse voglia di tramandarmi questo suo sapere. A Varese, da parte di mamma, abbiamo una pasticceria che fa bar e catering. Anche questo è un orizzonte a cui guardo. Spero di diventare un artigiano per creare, per fare qualcosa di concreto, qualcosa che rimane nel tempo.

CURA DEI DETTAGLI E COSTANZA
Secondo Martinenghi esistono dei parallelismi tra l’allenamento e il lavoro degli artigiani. «La cosa più evidente è la cura dei dettagli – spiega – Nello sport, il clou è la gara. Ma quello che fa la differenza tra un atleta e un altro è la cura dei dettagli e la costanza con cui ci si prepara. Così come il nuotatore, saltando gli allenamenti prede la sensibilità con l’acqua, così anche l’artigiano, diminuendo il numero di giornate lavorative, abbassa il suo livello di manualità».

La costanza richiesta dagli allenamenti (o dal lavoro), quando i risultati non arrivano o succede un imprevisto, può portare a un profondo senso di sconforto, che può sconfinare nella tentazione di lasciare tutto. «Ho avuto qualche anno fa un infortunio di 8 mesi e non mi vergogno a dire che ho pensato di mollare tutto. Poi, con l’aiuto di chi mi stava attorno, ho intrapreso un percorso di mental coaching. Sono tornato “in vasca” grazie alla “testa”. La cosa che più mi ha sollevato in quel momento difficile è stata il legame con il mondo normale: gli amici mi hanno aiutato a pensare meno alla realtà professionistica che durante l’infortunio mi era negata. Ora sto vivendo come in una bolla magica dove tutto è perfetto, ma so che bisogna rimanere ancorati alla realtà. E gli amici sono quello che mi consentirà di andare avanti nel futuro, perché con loro vi è una mia dimensione personale diversa da quella sportiva».


Gli amici di Tete lo hanno accolto all’aeroporto, al ritorno dalle Olimpiadi di Tokyo, con uno striscione con scritto "Da Tokyo torni bronzo, stasera torni sbronzo" e tanto affetto. Un’emozione che si aggiunge alle tante che il giovane atleta sta vivendo in questo momento. «Difficile racchiudere in poche parole tutto quello che mi sta capitando – conclude Martinenghi – La cosa più bella è la soddisfazione di dire “tutti i sacrifici sono stati ripagati”. Lo sport insegna proprio questo. Anche perché tutta la mia vita gira intorno agli allenamenti, all’alimentazione, agli orari. I sacrifici non si fanno solo in acqua, anzi forse quelli sono i più semplici, ma in tutto il resto della vita. Forse, solo quando arrivano i risultati si riesce a capire davvero il significato della parola sacrificio>.

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