Semina gentilezza, raccoglierai rispetto: così il “megadirettore” diventa “ leader gentile”

Semina gentilezza, raccoglierai rispetto: così il “megadirettore” diventa “ leader gentile”
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Sono lontani i tempi del megadirettore galattico di Fantozzi, una sorta di semidio in grado di decidere sulla vita e sulla morte dei propri dipendenti, classificati come “inferiori”. Certo, era una parodia, ma non si esagerava neanche più di tanto. La “megaditta” del ragioniere più sfortunato d’Italia va in pensione, per sempre, e nessuno la rimpiangerà. Adesso esiste il concetto di leadership gentile. Fare il capo, sì, ma con empatia per far sì che tutti lavorino meglio, con più gioia e dando autentico valore alla ditta, che diventa un vero e proprio progetto.

Un tema sviscerato in modo agile nell’ultimo item targato Confartigianato – Imprese Territorio. Trama: “Cambia il lavoro, cambiano i collaboratori e cambia la leadership, che non può rimanere ancorata al vecchio cliché del padre-padrone che ripete come un mantra "si è sempre fatto così". Oggi per attirare i talenti, giovani e senior, bisogna arrivare a cambiare metodo di leadership”. Ne parlano tre super esperti: Federico Frattini, professore ordinario di innovazione strategica al Politecnico di Milano e Preside della Graduate School of Management del Politecnico; Filippo Poletti, LinkedIn Top Voice, autore e communications manager e Ilenia Garavaglia, contributor di Imprese e Territorio, avvocato giuslavorista.

«Leadership – chiarisce subito Frattini – deriva dal verbo inglese “to lead”, guidare, condurre, dirigere. Nel suo significato più elementare è la capacità di saper guidare un gruppo di persone per raggiungere obiettivi di business. Si tratta di colui che motiva i suoi collaboratori. Senza capacità di leadership nessuna organizzazione può ottimizzare le proprie performance. Spesso le persone eccellono per le loro capacità tecniche, ma non di leadership».

DAL RISULTATO AL SIGNIFICATO

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Sono bravi, ma senza carisma. Prima la leadership era orientata al risultato, ora al significato: come input prende ancora i risultati da raggiungere (tempi, costi, guadagni), ma se prima esercitava una serie di azioni per garantire questo obiettivo, ora agisce per far emergere un significato più profondo e unire il team. Il presupposto è che il grande vantaggio delle Pmi è quello consentire una maggiore umanizzazione e personificazione di attività, mansioni e ruoli. I ruoli nella piccola o media impresa coincidono con la persona, e l’imprenditore conosce bene le caratteristiche, il passato, la famiglia, le ambizioni di ognuno. La leadership gentile aumenta il valore della persona all’interno dei contesti aziendali. Secondo Garavaglia, «c'è differenza tra essere gentile e fare il gentile. C'è una connotazione più naturale, soggettiva del leader gentile. Quest'ultima deve essere interpretata e compresa dal piccolo e medio imprenditore come una strategia utilitaristica per l'impresa. Non deve essere soltanto una strategia astratta, metafisica, ma anche completa dal punto di vista utilitario».

I VANTAGGI DEL MENTORING

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Poletti ha chiarito i vantaggi del mentoring, una metodologia di formazione che fa riferimento a una relazione (formale o informale) a uno a uno, tra un soggetto con più esperienza (senior, mentor) e uno con meno esperienza (junior, mentee, protégé), cioè un allievo, al fine di far sviluppare a quest'ultimo delle competenze.

«Considerando – sono le parole dell’esperto – che il passaggio generazionale è lunghissimo, si parte dai punti di forza di gestione delle persone. L’inerzia collettiva può portare a demotivazione, a de-responsabilizzazione. Gli sforzi compiuti all’interno della Pmi sono facilmente riconoscibili e apprezzati: siamo in pochi, ci conosciamo tutti, siamo tutti importanti. ci sono almeno tre sfide per i giovani leader: amalgamare tutte queste personalità, con età differenti. usando una metafora musicale, il giovane leader deve essere un armonizzatore. in azienda oggi ci sono cinque generazioni che lavorano magari insieme, ed è una bella sfida. Un'altra sfida è adottare la cultura del feedback continuo: lavorare a vista (visto che siamo una Pmi, tutti vedono tutti) non è un alibi per non fermarsi periodicamente e dire cosa va e cosa no».

Frattini: «Se ancora il concetto è quello dei risultati ad ogni costo, del potere, della gerarchia, allora ogni cambiamento della cultura organizzativa ha bisogno di un'azione concertata. Bisogna far comprendere ai collaboratori perché empatia, gentilezza, comprensione siano valori meritevoli e rendere tutto una storytelling aziendale. Poi bisogna mettere i collaboratori nelle condizioni di acquisire le skill, cioè le abilità. Infine, i leader devono dare l’esempio, sempre».

LEADER GIOVANI SI DIVENTA

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Ancora Poletti sostiene come il mentoring sia fondamentale fin dall’ingresso del lavoratore nell’azienda. «Si devono individuare le potenzialità da acquisire, sia hard skill sia di vita. Occorre individuare un programma di mentoring adatto con tempi e costi. Serve fare una valutazione prima e dopo il programma di mentoring. Leader giovani non si nasce ma lo si può diventare grazie a un mentoring efficace».

Il tema fondamentale, secondo Frattini, è promuovere un ambiente aziendale dove fallire in modo controllato e pensare fuori dal coro non sia negativo, ma è uno strumento di apprendimento e crescita per non finire nell'inverno produttivo. Infine, Garavaglia: «Le migliori pratiche per la formazione dei dipendenti nelle piccole e medie imprese si suddividono in due livelli. Analisi dei fabbisogni dell’azienda e individuali, e sfruttare gli strumenti giuridici e pubblici ai quali le Pmi possono accedere, sfruttare contratto di apprendistato, sfruttare le risorse pubbliche per poter garantire una formazione. Così si aumenta il valore sociale del lavoro coi dipendenti felici».

LA DIVERSITA’ PROMUOVE INNOVAZIONE

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Ma come è possibile per una Pmi evitare gli errori di comunicazione? Risponde Poletti. «La diversità promuove innovazione e creatività. ci stimoliamo, diventiamo più flessibili, più aperti. Abbiamo competenze diverse e siamo diversi. L'esempio è la classica pausa pranzo informale, che permette alle persone di conoscersi. La mia proposta è di prendere un caffè insieme, di organizzare una pausa pranzo virtuale o meglio reale, celebrando i comportamenti virtuosi dell’azienda e invitando i colleghi a stimolarsi reciprocamente, valorizzando i comportamenti virtuosi».

Secondo Frattini, «dobbiamo essere capaci di capire che le motivazioni stiano cambiando radicalmente. Un tempo contava quasi solo l’ingaggio. C’era la voglia di dare il massimo per salario, aspettative di crescita, benefit, posizione e potere. Oggi è provato che per le giovani generazioni la motivazione deriva dal trovare nel lavoro l'opportunità di realizzarsi in un senso più ampio. Se non accade, ecco le ‘grandi dimissioni’. Molti sono disposti a rinunciare a parte del salario pur di trovare un’impresa più aderente a loro. Non c'è una tecnica specifica per motivare i collaboratori, ma bisogna concepire l'impresa come uno spazio che permetta a tutti di esprimersi. Tutti devono essere trattati come persone, non come risorse al servizio dell'impresa. Dobbiamo agire sulla cultura organizzativa».

«Il conflitto nelle piccole aziende – aggiunge Ilenia Garavaglia – non è diverso quello familiare. Non si può eliminare, è insito in tutte le relazioni umane. Per prima cosa bisogna ascoltare i propri dipendenti: è l'ascolto la cosa fondamentale. Non quello passivo, ma attivo. Da lì che possiamo comprendere le problematiche del personale, possiamo individuare i punti di forza e di debolezza dell'impresa. Un ascolto costruttivo». Quindi, un ascolto gentile. Come sostiene Poletti, «se ti senti ascoltato ti senti valorizzato e stimolato, e l'immagine aumenta. Chi semina gentilezza raccoglie rispetto».

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