Tendenze estero: l’export vero parte prima di partire

Tendenze estero: l’export vero parte prima di partire
Fiere

Dopo un ventennio di corsa praticamente ininterrotta dell’export italiano e del commercio internazionale tout court, il 2020 con la pandemia ha segnato una secca battuta di arresto che, nonostante il rimbalzo del 2021, ha lasciato tanti interrogativi.

Lo shock causato dalla pandemia, assieme alle tensioni internazionali crescenti, hanno (ri)portato alla ribalta argomenti come la de-globalizzazione, il reshoring/backshoring, l’autarchia e la necessità di ridisegnare la supply chain. Ci sono stati periodi di divieto di esportazione di alcuni beni, si è vissuta la carenza di altri beni nonché l’imposizione di prezzi calmierati e si è dibattuto a lungo del tema di investire per sviluppare una produzione europea di beni oggi acquistati in Asia (i microchip su tutti)… tutti argomenti impensabili nell’ottica di una affermata globalizzazione che appariva, almeno in Occidente, un dato incontrovertibile.

È interessante capire come le aziende possano impostare una strategia di internazionalizzazione in un contesto così incerto e turbolento.

La prima riflessione riguarda la destinazione dell’export: si nota come le esportazioni di lungo raggio non stanno scomparendo e, come valore assoluto, non si stanno riducendo ma vanno in una direzione di polarizzazione su alcuni grandi mercati, fatte salve alcune eccezioni legate a grandi commesse (spesso pubbliche).

Inoltre un approccio strategico diventa ancora più importante per il successo dell’approccio ai mercati internazionali e soprattutto per capitalizzare le attività anche in caso di (probabili) cambi di programma.

I MERCATI DA METTERE NEL MIRINO

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Un primo aspetto risiede proprio nella valutazione e scelta dei mercati da mettere “nel mirino”, le nuove variabili oggi da considerare sono quelle legate da un lato al contesto pandemico, dall’altro quelli legati al conflitto in Ucraina e alle situazioni di tensione internazionale (o meglio ai mutamenti geopolitici) collegate o meno.

Pertanto, dal punto di vista pandemico, nella scelta dei paesi obiettivo delle variabili da guardare con attenzione sono:

  • Misure normative legate al contenimento della pandemia (quarantene in entrata ed uscita e documenti necessari per la libera circolazione).
  • Rischio sanitario del Paese, in particolare legato al Covid (percentuale di popolazione vaccinata, condizioni sanitarie di base, valutazione assicurazioni sanitarie per rimpatrio etc..)
  • Rischio sanitario dell’area (valutare interscambi con regioni a rischio)

Dal punto di vista geopolitico le variabili sono:

  • Prossimità territoriale al conflitto (rilevante sia per il rischio di espansione che per impatto migratorio su economia).
  • Interdipendenza economica con le zone di conflitto (da valutare sia come rischio che come opportunità)
  • Posizionamento politico del paese rispetto al conflitto (possibilità di estensione delle sanzioni)
  • Aree di potenziale estensione e relative deterrenze (ad esempio il baltico è una zona con un rischio potenziale, mitigato dalla presenza di basi Nato e dall’adesione alla alleanza delle repubbliche stesse)
  • Stabilità politica interna e forma di governo (la crescente instabilità rischia di creare situazioni di tensione sociale diffusa)

Da questo punto di vista per una Pmi è opportuno selezionare non più di due nuovi mercati per ogni anno, selezionandoli tenendo conto dei fattori di cui sopra.

COME CAMBIANO LE FIERE

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Rispetto al passato alcuni strumenti di internazionalizzazione di centrale importanza (sia in termini strategici che di budget) come le fiere e le missioni internazionali sono oggi particolarmente sottoposte all’incertezza della situazione: pur essendo riprese, sono condizionati da fattori esogeni che possono portare allo spostamento, alla soppressione o a limitazioni rilevanti alla partecipazione.

Per questo le fiere, pur mantenendo una importanza strategica, vanno affrontate in modo diverso rispetto al passato in particolare inserendole in un approccio strategico che si concentri con maggior attenzione sulle attività precedenti alla fiera. Occorre non puntare più sui contatti che passivamente arriveranno allo stand ma sviluppare una vera e propria attività di ricerca partner precedente, finalizzata a parlare con gli interlocutori prima dell’evento fieristico.

La fiera a quel punto diventerà il “temporary office” dell’impresa per incontrare aziende già selezionate e conosciute oppure, nel caso la fiera non si svolga oppure il partner non possa/voglia presentarsi, si procederà nel rapporto con mezzi differenti (online o fisici).

Sicuramente in un contesto in cui possono sorgere diversi ostacoli alla mobilità internazionale, diventa sempre di maggior importanza per l’azienda la possibilità di avere dei riferimenti locali che possano in coordinamento con lui presidiare direttamente il mercato.

Sintetizzando, nonostante le oggettive difficoltà “ambientali”, l’attività di internazionalizzazione anche nel 2022 sarà fondamentale per il sostegno del fatturato delle nostre imprese. Sarà sicuramente un altro anno in cui l’export manager viaggerà meno del solito, ma dovrà dedicarsi con più attenzione alle attività di ricerca di mercato e di business intelligence da un lato e dall’altro concentrarsi su approcci non opportunistici ma di medio-lungo periodo per garantire una crescita del fatturato estero.

Jacopo Brioschi 
Coordinatore area Sviluppo e Innovazione Artser