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Guerra e imprese: 171 miliardi di perdite in Italia tra export e caro-energia

Guerra e imprese: 171 miliardi di perdite in Italia tra export e caro-energia
Crisi internazionale imprese Pmi

Il bilancio della guerra: 171,4 miliardi di euro bruciati dall’economia italiana tra export crollato, energia alle stelle e finanziamenti sempre più costosi. Un impatto devastante che si è tradotto in una perdita media annua del -2,9% del Pil nel triennio 2022-2024. Mentre il quadro geopolitico cambia con la nuova amministrazione Trump che ribalta la posizione Usa sulla guerra, per le imprese italiane il costo dell’instabilità resta altissimo. Il commercio globale è rallentato, la Germania è entrata in recessione e le nostre Pmi hanno subito un aumento esponenziale dei costi operativi. E, a certificarlo, è l'Ufficio Studi di Confartigianato Imprese. 

Se si confrontano le previsioni del Fondo Monetario Internazionale di ottobre 2021 con i dati più recenti del World Economic Outlook, emerge che tra il 2021 e il 2025 la crescita mondiale si è ridotta di mezzo punto percentuale all’anno. Il tasso previsto del +3,8% si è fermato a un più modesto +3,3%. Peggio ancora in Europa: la crescita media annua prevista del +2,6% è scesa a +1,6%. La frenata della Germania ha avuto ripercussioni dirette sull’Italia, che ha registrato una perdita di 22,9 miliardi di esportazioni nel triennio, principalmente nei settori dell’automotive e della meccanica.

UN RIFLESSO SULLA COMPETITIVITA'

Crisi internazionale imprese Pmi

L’aumento della bolletta energetica ha pesato sulle aziende italiane per 76,3 miliardi, un costo aggravato dalla forte dipendenza dalle importazioni. Il caro-energia si è riflesso sui prezzi di produzione e sulla competitività delle imprese, con le micro e piccole aziende italiane che hanno pagato tariffe più alte rispetto ai competitor europei. Il picco dell’inflazione energetica ha toccato il +12,6% nell’autunno 2022, innescando una reazione a catena che ha portato la BCE a innalzare i tassi di interesse di 400 punti base in appena dodici mesi. Questo ha generato 55,6 miliardi di euro di oneri finanziari aggiuntivi per le imprese italiane, riducendo la loro capacità di accesso al credito e rallentando investimenti e piani di espansione.

Il commercio internazionale ha subito un duro colpo. Le sanzioni imposte alla Russia hanno causato un calo delle esportazioni italiane per 16,6 miliardi nel periodo 2021-2024, un contraccolpo forte per le aziende che avevano relazioni consolidate con il mercato russo. Contemporaneamente, l’inasprimento delle tensioni in Medio Oriente ha messo a rischio forniture strategiche di materie prime ed energia. L’area rappresenta quasi un terzo delle importazioni energetiche italiane e, nel 2024, le incertezze geopolitiche hanno compromesso un valore di export pari a 25,9 miliardi. Questo ha determinato difficoltà logistiche e costi aggiuntivi per le aziende italiane, che si sono trovate a dover fronteggiare ritardi nelle forniture e aumenti nei costi di trasporto.

A rendere ancora più difficile la situazione è la crescente pressione sulle politiche di sicurezza energetica. L’Italia, nel tentativo di sganciarsi da fornitori instabili, ha dovuto cercare nuove rotte di approvvigionamento, con costi aggiuntivi non previsti che ricadono su imprese e famiglie. Nel frattempo, altri attori globali stanno ridefinendo la geografia economica e commerciale. Le nuove relazioni internazionali stanno creando un sistema economico a velocità variabile, dove il potere negoziale si sposta verso chi ha risorse strategiche.

UN OSTACOLO INGOMBRANTE

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Il costo del credito è diventato un ostacolo per le imprese italiane. A dicembre 2024, i prestiti alle aziende registravano un calo del -2,3% su base annua, segnale chiaro di un sistema economico in affanno. La stretta creditizia ha reso più difficile per le imprese finanziare progetti di crescita e innovazione, proprio nel momento in cui la transizione digitale e quella green richiederebbero investimenti importanti per restare competitivi nel contesto europeo. Senza accesso a finanziamenti convenienti, le aziende vedono rallentare i processi di ammodernamento e internazionalizzazione, rischiando di perdere terreno rispetto ai concorrenti globali.

L'Italia, nonostante tutto, ha mostrato una capacità di tenuta superiore rispetto ad altre economie europee. Tra il 2021 e il 2024, il Pil è cresciuto del 3,2%, superando la Francia (+2,9%) e staccandosi dalla Germania, che ha chiuso il triennio con una stagnazione (-0,1%). Tuttavia, questa crescita è stata ottenuta in un contesto estremamente difficile e con un quadro macroeconomico instabile. Il rischio principale per il prossimo biennio è rappresentato dall’aumento delle politiche protezionistiche. I dazi imposti dagli Usa, la riduzione delle importazioni cinesi e le tensioni commerciali tra le economie più sviluppate potrebbero limitare ulteriormente la ripresa dell’export italiano.

RALLENTAMENTO DELL'ESTERO

A livello industriale, le imprese devono fare i conti con un rallentamento degli investimenti esteri. Il mercato italiano appare meno attrattivo per gli investitori internazionali, scoraggiati da una crescita incerta e da un quadro normativo spesso poco favorevole. Il calo degli investimenti diretti esteri è un ulteriore elemento di preoccupazione, perché riduce il potenziale di innovazione e sviluppo del settore manifatturiero, storicamente uno dei motori dell’economia nazionale.

Il quadro attuale impone alle imprese italiane di ripensare le proprie strategie. La diversificazione dei mercati di sbocco e l’adozione di modelli di produzione più sostenibili saranno le chiavi per navigare in un contesto globale sempre più incerto. L’industria italiana dovrà ridurre la propria dipendenza dall’energia importata, rafforzare la digitalizzazione e puntare su innovazione e internazionalizzazione per affrontare le sfide dei prossimi anni. Solo così potrà trasformare questa crisi in un’opportunità di riposizionamento nel mercato globale. La capacità di adattamento delle imprese sarà determinante per superare questo momento di crisi e garantire una crescita sostenibile nel lungo periodo.